Presentato Fuori Concorso a Cannes il sincero e diretto documentario Amy del regista inglese Asif Kapadia, dedicato alla parabola umana e artistica della cantante Amy Winehouse, scomparsa prematuramente dopo una vita di eccessi il 23 luglio 2011. Winehouse ha cominciato ufficialmente nel mondo della musica pubblicando, nel 2003, per l'etichetta discografica Island, l'album di debutto Frank, che riscuote un buon successo di pubblico e critica. Il vero successo arriva nel 2007, con l'uscita del secondo album Back to Black, che trainato da singoli come Rehab, Love Is a Losing Game e l'omonima traccia Back to Black ha scalato le classifiche mondiali, ottenendo un successo che l'ha portata alla vittoria di 6 Grammy Awards.
IN CERCA DI AMY

Cantante Jazz e intimista a cui è caduta addosso una fama da stella del pop, che faticava a gestire, Amy Winehouse emerge dal documentario, diretto e toccante, come una donna sensibile ma estremamente fragile, preda di grandi insicurezze che hanno instaurato in lei un regime di rapporto morboso con cibo (bulimia), droghe e alcool (eccessi). Le parti più toccanti sono quelle estrapolate dall'archivio di famiglia, filmati di compleanno con Amy bambina e ragazzina, e le telefonate con la sua voce registrata che esprime tutto il suo disagio nei confronti della sua condizione non propriamente voluta di icona glamour e musicale. Suo padre Mitch - che compare anche nel film - inizialmente ha appoggiato il progetto ma poi dopo averlo visto ha cambiato punto di vista: "Hanno cercato di trasformare questa storia in un blockbuster hollywoodiano - ha detto - Si sono dimenticati che si trattava di un documentario. C'è un cattivo, che sono io, e un'eroina che alla fine muore. Sono dipinto come un padre assente ma io e Amy ci sentivamo sette volte al giorno. I miei sentimenti in questo momento sono di grave delusione. Di sicuro questo non è il film che Amy avrebbe voluto. Se i nostri legali valuteranno l'ipotesi di un'azione legale procederemo sicuramente ma vorremmo che fosse veramente l'ultima spiaggia". In seguito alle proteste il doc è stato poi rimaneggiato. Nella versione che si è vista al festival a uscirne male è soprattutto il marito Blake Fielder-Civil, che l'ha accompagnata nel percorso verso l'uso di droghe. Il regista (vincitore di un BAFTA per il suo documentario Senna sul noto campione di Formula Uno) si è così difeso: "Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto avevamo la piena approvazione della famiglia Winehouse e ci siamo proposti di affrontare il tema con totale oggettività. La storia raccontata è il riflesso delle nostre scoperte grazie alle più di cento interviste che abbiamo realizzato anche con loro". Non si tratta di una visione agiografica né vittimistica. Si cerca, per quanto possibile, un'immagine "reale" dietro alla facciata del trucco, del parrucco ma anche della splendida e inconfondibile voce. Nel film si vede tutto, la bulimia, il fisico devastato dagli eccessi e il famigerato concerto di Belgrado dove si presentò al pubblico in stato confusionale, in condizioni pessime e nemmeno in grado di intonare una nota. Non è un prodotto per i soli fan ma per chiunque abbia voglia di seguire una vicenda umana interessante e appassionante nei suoi risvolti più colorati e in quelli più drammatici. In sala a settembre con Nexo Digital e Good Films.