Recensione Alta infedeltà

Primo lungometraggio cinematografico diretto da Claudio Insegno, fratello di Pino

Recensione Alta infedeltà
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Fratello del comico televisivo Pino Insegno, per il quale è stato anche co-sceneggiatore della scatenata parodia Ti stramo-Ho voglia di un'ultima notte da manuale prima di tre baci sopra il cielo (2008), Claudio Insegno, con alle spalle una carriera trentennale continuamente alternata tra doppiaggio, cinema (ha recitato, tra l'altro, in Demoni di Lamberto Bava e I miei primi 40 anni di Carlo Vanzina) e teatro, trasferisce su grande schermo la sua commedia Un marito per due, messa in scena nella stagione 2005 presso il Vittoria di Roma.
Ed è lo stesso Pino Insegno a vestire i panni del padrone di casa di un'elegante villetta borghese, all'interno della quale vive insieme alla moglie Marta Altinier, casalinga dedita alla pittura, e ad un Marco Messeri versione gay addetto alle faccende domestiche. Ma, dal momento in cui l'uomo si trova costretto ad andare a convivere nella casa adiacente alla sua con l'amante Justine Mattera, del tutto ignara dell'esistenza della donna, cominciano i guai. La poco intelligente biondina, infatti, si trasferisce nell'appartamento con un giorno d'anticipo, facendo saltare tutti i programmi del fedifrago che, immediatamente, convince il suo migliore amico, interpretato proprio dal regista, a fingersi il partner dell'amante, la quale non sa niente del nuovo, virtuale concubino. Come se non bastasse, sul posto arriva anche il grottesco pompiere Biagio Izzo, papà della ragazza che, paradossalmente, viene scambiato per il suo compagno.

Amici, complici, amanti

E, al di là di apparizioni di personaggi più o meno televisivi quali Sandra Milo, Carolina Marconi, Eva Robin's e Sara Tommasi, sono la sexy Sabrina Pellegrino (qualcuno la ricorda in M.D.C.-Mascherda di cera e Rumori di fondo?) e un Maurizio Casagrande in preda ad asma ed allergia al malto a completare il cast della pellicola, che apre in maniera tutt'altro che disprezzabile con vivaci titoli di testa degni di un cartone animato.
Peccato che, nonostante la grande professionalità dimostrata dagli attori, l'insieme, non privo di un pizzico di humour nero, impieghi pochissimo tempo a lasciar emergere l'infinità di difetti che lo popolano.
Viene infatti voglia di rivalutare perfino il meno riuscito cinepanettone o la peggior commediaccia trash tricolore nell'ascoltare battute che, funzionali forse se sfruttate in un testo scritto (citiamo solo "Una camera da letto senza letto è una camera da"), risultano decisamente idiote e fuori luogo se poste sulla bocca di chi sta recitando.
Non parliamo poi del montaggio per mano del solitamente apprezzabile Gianfranco Amicucci (per rendersene conto, basta guardare il suo lungo curriculum al servizio del nostro cinema di genere), che assembla l'infinita serie di caotiche situazioni proto-Premiata ditta in maniera talmente veloce da rendere il tutto fracassone all'ennesima potenza.
Del resto, l'impressione generale è proprio quella di trovarsi dinanzi ad una sequela di fastidiosamente (e continuamente) urlati sketches da palcoscenico filtrata attraverso i "rumorosi" ritmi del piccolo schermo cabarettistico.
E, tra mal di testa e incontenibile voglia di abbandonare al più presto la sala, l'unica risata (molto amara, in verità) ci viene strappata quando leggiamo nei titoli di coda "Realizzato in collaborazione con il Ministero per i Beni e le attività culturali Direzione cinema".

Alta infedeltà Chi ha scritto questa recensione non attribuisce mai meno di un 2 ad un film, in quanto, senza tenere in considerazione l'insignificante 1, si tratta di un’insufficienza superiore soltanto a quell’n.c. che, sui banchi di scuola, si legge “non classificato”. Ciò, volendo salvare il film di Claudio Insegno dalla non classificazione, la dice comunque lunga sull’esito dell’operazione. Infatti, quello che, nelle parole del regista, avrebbe voluto rappresentare un omaggio alle tutt’altro che volgari commedie francesi, ai film di Billy Wilder e a quelli scritti dallo sceneggiatore Neil Simon, si trasforma ben presto in un insostenibilmente fracassone prodotto il cui script, incapace di strappare risate, finisce per risultare talmente caotico da assumere anarchici connotati da fare invidia all’ultimo cinema di David Lynch. E, per un film che viene annoverato nel genere comico o tra le commedie, il non riuscire a far ridere non può essere considerato altro che un grave aspetto.

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