Recensione Allacciate le Cinture

Torna Ferzan Ozpetek con una pellicola in due tempi sugli imprevisti della vita

Recensione Allacciate le Cinture
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Elena (Kasia Smutniak) ha 25 anni, abita a Lecce con la madre Anna (Carla Signoris) e con una stravagante zia giramondo (Elena Sofia Ricci), lavora come cameriera in un bar insieme all’amico del cuore Fabio (Filippo Scicchitano), con il quale sogna di aprire un locale tutto loro, ed è fidanzata da due anni con Giorgio (Francesco Scianna), al quale è unita da un legame apparentemente solido ma senza slanci di passione. L’imprevisto, quello in grado di stravolgerle l’esistenza e di far assumere un nuovo corso alla sua vita, si verifica quando la migliore amica di Elena, Silvia (Carolina Crescentini), le presenta il suo nuovo ragazzo, il meccanico Antonio (Francesco Arca). Rude negli atteggiamenti e nel modo di esprimersi, Antonio suscita fin dall’inizio l’ostilità di Elena; la quale tuttavia si accorge - quasi contro la propria volontà - di provare un’irrefrenabile attrazione per il giovane, dietro la quale si cela forse qualcosa di ben più profondo...

UNA RILETTURA DEL MELODRAMMA

Mutatis mutandis, pur con tutti gli opportuni distinguo e le inevitabili differenze derivanti dai rispettivi background culturali, il cinema di Ferzan Ozpetek può essere accostato per vari aspetti alla produzione del grande regista spagnolo Pedro Almodóvar, dal quale riprende non soltanto numerose tematiche ricorrenti, ma anche e soprattutto un approccio - narrativo e stilistico - che mira a rileggere le regole del melò secondo un’ottica moderna (o addirittura postmoderna, nel caso di Almodóvar) e a sperimentare un’ardita commistione di generi imperniata sull’amalgama di dramma e commedia. Caratteristiche che, assieme ad altri topoi comuni ad entrambi gli autori - dal duplicamento dei piani temporali all’esplorazione dell’identità sessuale, dal conflitto fra Eros e rispettabilità borghese alla costante presenza della dimensione familiare e di quella omosessuale - è possibile riscontrare pure nell’opus numero dieci di Ozpetek, Allacciate le cinture. L’ennesimo tentativo, da parte del regista di origini turche, di rinnovare in maniera personalissima i canoni del melodramma, terreno già battuto da Ozpetek in film come Le fate ignoranti, La finestra di fronte e Saturno contro (mentre il fortunato Mine vaganti virava con più decisione verso la commedia).

FRA PASSATO E PRESENTE

E mai, come in Allacciate le cinture, Ozpetek si era cimentato con il melò in modo tanto radicale e con una così ampia quantità di echi almodóvariani, già a partire dalla succitata scissione della trama su due piani temporali distinti: il primo, che risale al 2000, è focalizzato sulla passione travolgente fra Elena e Antonio, consumata clandestinamente sulle spiagge pugliesi, fra la sabbia e le onde; mentre nel secondo, ambientato ai giorni nostri, ritroviamo Elena e Antonio come una coppia di coniugi con figli a carico, ma il cui rapporto è ormai logorato da incomprensioni, infedeltà e accuse reciproche. In tal senso, il titolo stesso del film è emblematico: le “cinture da allacciare” riflettono i momenti più turbolenti dell’esistenza, quegli eventi inaspettati in grado di sconvolgere un essere umano, in positivo o in negativo (o più spesso, in entrambi i modi contemporaneamente). Che si tratti di un amore inatteso, riconosciuto nella persona più improbabile; dell’opportunità di costruirsi un futuro foriero di nuovi stimoli e soddisfazioni; o di una malattia che ti striscia dentro silenziosa e terribile, costringendoti a confrontarti con la prospettiva della morte, ma anche e soprattutto con la vita stessa, per riconoscere cosa conta davvero e quali sentimenti sono in grado di farci fronteggiare perfino gli ostacoli più spaventosi.

UN AMOUR FOU FRA DRAMMA E COMMEDIA

E ancora una volta, forse addirittura con più abilità di quanto non avessero fatto in precedenza, Ozpetek e il suo co-sceneggiatore Gianni Romoli orchestrano questa catena di vicende di volta in volta buffe, tenere o tragiche con un ammirevole equilibrio, potendo contare sulla valida interpretazione di una Kasia Smutniak sorprendentemente brava nel conferire la giusta intensità emotiva alla sua protagonista, autentico fulcro del racconto, attorno al quale ruotano tutti gli altri personaggi. Non altrettanto si può dire invece del suo comprimario Francesco Arca, che per quanto fisionomicamente adatto al ruolo di Antonio non possiede uno spessore attoriale sufficiente a creare la giusta alchimia con la sua partner femminile. Ed è qui che Allacciate le cinture si incaglia, purtroppo, in un problema non da poco: la passione totalizzante e assoluta fra i due protagonisti, quella sorta di amour fou che dovrebbe costituire il nucleo primario della storia, fatica ad emergere dallo schermo, non è mai davvero percepibile nelle interazioni fra Elena e Antonio, al di là di una mera attrazione fisica dipinta con toni alquanto patinati. Un difetto che non compromette la riuscita complessiva del film, ma che a maggior ragione fa rimpiangere l’occasione non colta fino in fondo.

IL CINEMA DI OZPETEK

Certo, la cifra poetica e stilistica di Ozpetek è riconoscibilissima, e questo rappresenta un ulteriore segnale di maturazione nell’itinerario del regista di Istanbul (almeno fin quando non sfocia nel manierismo). Specialmente nei momenti in cui il melodramma appare più acuto e struggente, Ozpetek è attento a non calcare eccessivamente sul registro del patetico, e questo senso della misura va a tutto vantaggio del film; assieme ad una rinnovata cura formale, non così scontata, in particolare nel cinema nostrano. Eppure, tirando le somme, non tutto funziona come dovrebbe: Ozpetek, ad esempio, dimostra un’ottima mano nel disegnare i suoi personaggi, in primis quelli femminili - e qui azzecca la caratterizzazione della zia simpatica e un po’ stramba impersonata dalla deliziosa Elena Sofia Ricci - ma poi non sempre tira fuori i dialoghi adatti a metterne in risalto le potenzialità umoristiche, accontentandosi talvolta di gag più scontate e di scarsa efficacia (al contrario della maggiore verve comica di Mine vaganti). Ciò nonostante, e pur con i limiti sopra elencati, Allacciate le cinture riserva vari motivi di interesse; e ci fa ben sperare che, con un casting più attento e magari con un pizzico di coraggio in più (alla Almodóvar, per intenderci), presto o tardi Ozpetek possa finalmente regalarci il “grande film” che insegue da anni, ma a cui finora si è soltanto avvicinato (con risultati, comunque, più che apprezzabili).

Allacciate le Cinture Il regista Ferzan Ozpetek continua la sua rivisitazione dei canoni del melodramma, con un approccio sempre più vicino a quello del suo “modello” Pedro Almodóvar, miscelando con sapiente equilibrio umorismo e tragedia, e trova in Kasia Smutniak una valida protagonista per questa esplorazione dell’animo femminile fra desiderio, sofferenza ed evocazione del passato.

7

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