Recensione Alla Ricerca di Jane

Sulle orme (involontariamente?) trash di Jane Austen

Recensione Alla Ricerca di Jane
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I “revival letterari” al cinema e in Tv sono un fenomeno che non sembra passare mai di moda. Nel decennio 1982-1992 toccò a un gigante della letteratura quale Edward Morgan Forster godere di una rinnovata fortuna grazie ai premiatissimi film di registi come James Ivory e David Lean, mentre il 1995 ha segnato il grande ritorno di Jane Austen sulla cresta dell’onda: in quello stesso anno, infatti, Emma Thompson ha portato al cinema l’apprezzatissimo Ragione e sentimento, per la regia di Ang Lee, mentre sul piccolo schermo Colin Firth rubava il cuore di milioni di spettatrici impersonando Mr. Darcy in una miniserie tratta da Orgoglio e pregiudizio (senza contare Ragazze a Beverly Hills, rivisitazione in chiave contemporanea di Emma). Da allora è stato il turno della Emma di Gwyneth Paltrow, di Orgoglio e pregiudizio nella versione con Keira Knightley, del film di Bollywood Matrimoni e pregiudizi, della biografia romanzata Becoming Jane, con Anne Hathaway nei panni della Austen, della commedia Il club di Jane Austen e di un numero vastissimo di ulteriori adattamenti per la televisione.

Austenland

E se la celebre autrice inglese sperava di poter “riposare in pace”, purtroppo per lei non è ancora il momento: nel 2013 è infatti il turno di Alla ricerca di Jane, trasposizione del libro Austenland di Shannon Hale ad opera della coppia di registi Jared e Jerusha Hess (Napoleon Dynamite), con lo ‘zampino’ nefasto della famigerata Stephenie Meyer (non paga dei “danni” compiuti con la saga di Twilight) in qualità di produttrice. La protagonista del film, interpretata dall’attrice Keri Russell, è Jane Hayes: un’ultra-trentenne americana ossessionata da Jane Austen, al punto da aver riempito la propria abitazione di orrenda paccottiglia (ma orrenda sul serio!) brandizzata con il nome della scrittrice, e la cui vita sentimentale consiste nel limonare con una sagoma di cartone a grandezza naturale di Colin Firth in versione Mr. Darcy piantata nel bel mezzo del salotto (presumibilmente a scopi onanistici, benché su questo punto il film mantenga una decorosa reticenza). La sua amica del cuore vorrebbe giustamente farla rinchiudere in una clinica, ma la psicotica Jane decide invece di spendere tutti i propri risparmi per volare fino a Londra e trascorrere un soggiorno ad Austenland, una sorta di agghiacciante “parco a tema” ispirato all’era Regency e alle ambientazioni dei libri della sua eroina.

A dirigere questa sagra del pacchiano-retrò è la “Signora del West” in persona, Jane Seymour, che dietro la facciata di opulenza in perfetto stile inizio Ottocento gestisce in realtà una sorta di bordello di lusso fornito di ogni genere di gigolò (l’intellettuale, il palestrato, l’effeminato...): e difatti Jane / Keri Russell, da sempre sfortunata in amore, nell’arco di un quarto d’ora dal suo arrivo ad Austenland è già riuscita a rimorchiare l’affascinante stalliere Martin (impersonato dall’attore e musicista neozelandese Bret McKenzie), mentre l’intera vacanza scorre con i ritmi del più noioso capitolo che Jane Austen (non) abbia mai scritto, fra chiacchiere da salotto, partite a carte ed emozionanti sessioni di punto-croce. A condividere questo soggiorno che più bislacco non si potrebbe ci sono pure Elizabeth Charming (Jennifer Coolidge), americana sgraziata, volgarotta e in preda ad attacchi di incontrollabile ninfomania, Amelia Heartwright (George King), insopportabile oca di turno, l’ombroso Henry Nobley (JJ Feild), novello Mr. Darcy, e - fra gli altri - tale George East (Ricky Whittle), un attore di soap-opera (o più probabilmente una pornostar) prestato al ruolo di gigolò più ambito della baracca.

Il Carosello della nostalgia

E così la nostra povera Jane, che era approdata a Londra carica delle sue illusioni romantiche da adolescente mai cresciuta, accompagnata dalla voce di Belinda Carlisle sulle intramontabili note di Heaven Is a Place on Earth, a metà film mette su un’altra leggendaria hit musicale, Bette Davis Eyes di Kim Carnes, e si trasforma di colpo in una super-vamp pronta a tuffarsi gioiosamente nella prima orgia a portata di mano. Nel frattempo, ad animare il carosello della nostalgia per gli Anni ’80 e dintorni (poco in tema con Jane Austen, ma pazienza), qua e là risuonano pure stralci di Bonnie Tyler con Total Eclipse of the Earth, di Suddenly di Billy Ocean, di It Must Have Been Love dei Roxette e di Lady in Red di Chris de Burgh. Ovviamente, allo spettatore risulta ben presto evidente il profondo, straziante dramma della protagonista: accettare i timidi tentativi di approccio di Henry, rotolarsi tra le balle di fieno insieme all’assai più disponibile stalliere Martin (e da Jane Austen si passerebbe a L’amante di Lady Chatterley, vivaddio!) o tenere in sospeso entrambi nella speranza di un divertente ménage à trois. Ma l’ultima soluzione, purtroppo, non rientra nei canoni delle odierne commedie sentimentali, quindi Jane sarà costretta ad accontentarsi e dovrà capire quale pretendente la ami davvero.

E poi, in prossimità dell’epilogo, fra pizzi, crinolini, merletti, gare di cricket e balli di gala, Jane non riesce più a fare chiarezza fra le proprie emozioni e comincia a confondere la realtà con la finzione: così all’improvviso impazzisce completamente, come Natalie Portman nel finale de Il cigno nero, e irrompe nella sala del ballo massacrando tutti i presenti a colpi di machete. Okay, quest’ultima scena non è mai accaduta (contrariamente ai desideri dello spettatore medio), ed è un vero peccato: perché se gli autori avessero avuto il coraggio necessario, avrebbero premuto fino in fondo il pedale del kitsch, trasformando Alla ricerca di Jane nel delirante scult che avremmo tanto voluto che fosse. Perché il film dei coniugi Hess, in fondo, è esattamente questo: ha la carta d’identità di una zuccherosa commedia rosa, ma l’animo del cinepanettone (alcune gag sono indegne dei peggiori abissi marchiati Boldi / De Sica) e l’essenza di un prodotto che più trash non si potrebbe, benché non ne abbia la piena consapevolezza. E qui sta il più grande paradosso: Alla ricerca di Jane è un film brutto, ma così brutto, da risultare - a tratti - perfino insospettabilmente gradevole (come può esserlo un guilty pleasure, s’intende), tanto da poter rientrare a pieno titolo nella categoria “So bad it’s good”. Per spiegarci meglio, Austenland produce lo stesso effetto di ascoltare una catena di barzellette davvero terribili: arriva un momento in cui l’imbarazzo cede il posto ad un’ilarità isterica. Insomma, non si ride con questo film, ma si ride (e parecchio) di questo film: alla fin fine, è già qualcosa. Con buona pace della povera Jane Austen...

Alla Ricerca di Jane Keri Russell, trentenne depressa con un’insana ossessione per Jane Austen, è la protagonista di una moderna fiaba romantica su uno sfondo da era Regency che tracima nel kitsch più sfrenato: tanto pacchiana e imbarazzante quanto, per assurdo, involontariamente divertente, come un grande scult mancato.

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