Recensione All Is Lost - Tutto è perduto

La sfida per la sopravvivenza di Robert Redford, disperso nell'Oceano nel film J.C. Chandor

Recensione All Is Lost - Tutto è perduto
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Tradizionalmente ad Hollywood un viaggio non è mai solo un viaggio, è sempre metafora di qualcos'altro. Ogni avventura finisce per sovrapporsi ad una crescita personale, le sfide incontrate si riflettono in moti interiori che portano il protagonista ad una forma di superamento o elevazione. E' il famoso viaggio dell'eroe, colonna portante del cinema americano che quando va bene ci regala perle come Gravity, ma quando va male rischia di appiattire e uniformare non poco l'orizzonte. E allora ben venga, proprio nell'anno segnato dalla fantascienza umanista di Cuarón, un'altra parabola di sopravvivenza, il racconto di una lotta apparentemente senza speranza. Con l'unica, fondamentale, differenza che una volta tanto non vi è alcun livello di lettura metaforico, alcun riferimento ad un'evoluzione interiore o al superamento di un trauma passato. In questo senso All is Lost -Tutto è perduto ci ricorda alcuni dei migliori racconti di Jack London o Hemingway, nel suo configurarsi come una pura lotta tra l'uomo e la natura, sfida per la sopravvivenza asciugata da sovrastrutture simboliche e riportata alla sua radicalità. Semplicemente lottare, con la logica e la temerarietà e la tenacia, anche quando tutto sembra perduto.

lotta per la sopravvivenza

Se la sfida è ridotta all'essenziale, altrettanto è il racconto del suo protagonista. Our Man, il nostro uomo, lo chiamano i titoli di coda, e di lui non sappiamo nulla, niente nome, lavoro, famiglia. Non sappiamo perché sia al largo dell'Oceano Indiano, cosa stesse facendo prima di arrivarci, cosa farà poi se ne uscirà. L'inizio di All is Lost -Tutto è perduto è direttamente un container a galla nell'oceano, la punta di metallo che sfonda il lato di una barca, l'acqua che entra e distrugge la radio e gli strumenti di navigazione, lasciando il nostro uomo in balia delle onde in una lotta lunga 8 giorni.
Ad interpretare quest'odissea solitaria Robert Redford, il padrino del cinema indipendente americano, che a quarant'anni da Corvo rosso non avrai il mio scalpo torna a darsi in toto ad un film che lo cala a stretto contatto con la natura. Solo che qui non ci sono soldati o indiani, ma solo cavalloni e tempeste, la furia di un oceano immenso e impassibile. L'unica speranza di salvezza sono allora il sestante e le carte nautiche, con i quali il protagonista potrà individuare una rotta commerciale e cercare di essere avvistato.

manualità analogica

Con un solo personaggio perso in mezzo all'oceano e muto per quasi tutto il tempo (ci saranno si e no dieci battute di monologo), All is Lost - Tutto è perduto è un film indipendente e coraggioso, che sfrutta con intelligenza le sue poche risorse e non cerca soluzioni compromissorie per il grande pubblico. A guidare Redford, che sostiene tutto il film con una recitazione fisica e silenziosa, troviamo J.C. Chandor, promettente regista alla sua opera seconda dopo il già convincente Margin Call. Ma se quello era un esordio intessuto di dialoghi e incentrato sulla crisi economica, e quindi sulle ricadute concrete di concetti astratti (per certi versi un thriller con i numeri al posto delle pistole), All is Lost - Tutto è perduto si pone dialetticamente all'opposto rispetto al suo predecessore, lavorando sulla materia, sulla manualità, sull'umano. Diversamente dal solito il secondo film di Chandor ricorre poco al montaggio ellittico, lasciando che lo spettatore veda il personaggio fermarsi a riflettere, o agire in tutti i suoi piccoli gesti. All is Lost - Tutto è perduto è in questo senso un film di procedure e interventi manuali, come analogici sono gli strumenti con cui si ritrova ad agire il nostro uomo, sestiere e carte nautiche al posto di radio e GPS. Il film di Chandor riporta al centro della macchina cinema la manualità, ma non per inseguire un discorso metaforico tra l'analogico e il digitale, anzi. Come detto in apertura, a contare è l'avventura, la sfida uomo-natura, e insistere per tutto il tempo sugli aspetti più pratici di tale lotta significa esaltare la primordialità dello scontro e l'umanità del personaggio coinvolto nella sfida. Seguendo una strada totalmente diversa da quella di Cuarón, All is Lost - Tutto è perduto è anch'esso un grande film umanista, di un regista che siamo sicuri farà parlare molto di sé in futuro.

All Is Lost - Tutto è perduto Privo di artifici retorici, All is Lost - Tutto è perduto è un radicale film di sopravvivenza, la lotta tra uomo e natura ricondotta alla sua semplicità. Indipendente ma intelligente nell'usare le sue risorse, il secondo film di J.C. Chandor è coraggioso e spettacolare, capace di appassionare anche con un solo protagonista abbandonato in mezzo all'Oceano. Questo regista farà strada.

7.5

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