Alice e Peter, la recensione del fantasy con Angelina Jolie su Prime Video

Le favole di Peter Pan e Alice nel Paese delle Meraviglie fungono da ispirazione per un dramma formativo in costume, sospeso tra realtà e immaginazione.

Alice e Peter, la recensione del fantasy con Angelina Jolie su Prime Video
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Rose e Jack Littleton - lei bianca di nobili origini, lui nero di bassa estrazione sociale - abitano in una casa di campagna insieme ai loro tre adorati figli Peter, Alice e David. I bambini amano scorrazzare nell'enorme foresta che circonda la proprietà, dove immaginano di vivere incredibili avventure ispirate al mondo delle favole.
Un giorno una tragedia segna definitivamente l'armonia familiare: David, dopo aver improvvisato epiche battaglie piratesche sul bordo del fiume, cade in acqua e muore annegato. I genitori affrontano il dolore in modo diametralmente opposto, con Rose che cade in uno stato di profonda depressione e Jack che, in preda a un raptus improvviso, perde tutti i propri risparmi al gioco, accumulando un grosso debito con un gangster londinese.
I fratellini stessi cercano un modo per superare il dolore: Alice si convince che lo spirito di David stia comunicando con lei mentre Peter è intenzionato a ogni costo a ottenere la somma necessaria al padre per estinguere il suo obbligo con i creditori. Ancora una volta il mondo della fantasia sarà per loro fondamentale, e il confine tra essa e la realtà diventerà sempre più labile nell'incredibile avventura che li aspetta.

Mai toccare i classici

Sulla carta vi erano tutte le potenzialità per offrire un'inedita rivisitazione di due classici con i quali siamo cresciuti, o in forma letteraria o in veste animata. Invece Alice e Peter prende spunto dalle relative fiabe con fare del tutto arbitrario, senza curarsi troppo della coesione narrativa che ha luogo nel mondo reale.
Proprio nella forzata commistione tra le due dimensioni del racconto si avverte l'impressione di una mancanza di idee alla base, con l'unico spunto dell'aggiornamento delle suddette vicende per un pubblico di colore.
Ma quanto sarà pronto anch'esso a immedesimarsi in personaggi costruiti a tavolino, il cui relativo percorso di formazione agisce su step del tutto casuali? L'inclusività a tutti i costi non sempre combacia con altrettanto nobili risultati, giacché qui il discorso sul razzismo viene poi del tutto schivato in favore di un più semplice scontro tra le classi sociali, ricchi e poveri.

Il continuo inserimento di figure che richiamano palesemente le opere originarie, dal Cappellaio Matto a Capitan Uncino, dalla Regina rossa a quella di cuori fino agli immancabili Bambini Perduti, è anch'esso vittima di una totale supponenza narrativa, con cambi di scena che segnano il passaggio alla visione fantastica per giustificare le più improbabili svolte di trama.

Una favola priva di magia

La regista Brenda Chapman è al suo debutto in un live-action, dopo aver diretto due grandi classici del cinema d'animazione come Il principe d'Egitto (1998) e Brave - Ribelle (2012), e sembra essersi fermata all'approccio utilizzato per le sue opere precedenti.
Ma senza una sceneggiatura all'altezza ed effetti speciali che reggano degnamente il peso degli eventi più folkloristici - qui lo spettacolo non è mai nitido e coinvolgente - è molto difficile realizzare un'opera degna di nota, tanto che Alice e Peter nonostante tutti gli sforzi e la buona volontà frana in più occasioni sotto i propri evidenti limiti, di scrittura e di messa in scena.
La voce narrante di Gugu Mbatha-Raw, interprete dell'Alice adulta intenta a raccontare il suo fiabesco passato alla folta prole, ci accompagna per tutta l'ora e mezza di visione, immergendoci nei pensieri di una co-protagonista che, come il suo amato Peter, è alla continua ricerca di un'identità.
I due giovanissimi interpreti, pur senza eccellere, svolgono il compito senza infamia e senza lode, mentre Angelina Jolie, costretta per l'ennesima volta sotto un improbabile trucco e parrucco, è soffocata dalle dinamiche di una storia in cui gli adulti sono un mero contorno alle fantasticherie della fanciullezza.

Alice e Peter L'idea di rivisitare le fiabe di Peter Pan e Alice nel Paese delle Meraviglie, affidando i due immaginari ruoli a bambini dotati di una fervida immaginazione, era potenzialmente interessante, ma il risultato appare come un gratuito melting pot in costume, dove realtà e fantasia collidono in molteplici occasioni senza una reale necessità. Alice e Peter tenta la carta del dramma e del relativo percorso di formazione, ma la sceneggiatura è ricca di così tante forzature da vanificare qualsiasi sforzo nella progressione dei personaggi, che procedono per inerzia su binari prestabiliti. Tutto per condurre a quel finale dove il fantastico prende infine il sopravvento, omaggiando a più riprese le relative opere all'origine: peccato che anche lo spettacolo sia ridotto ai minimi termini, con effetti speciali usati sporadicamente e una totale assenza di epica, a livello sia di grandi che di piccoli, che priva di qualsiasi emozione e magia anche la rocambolesca e poi malinconica partitura conclusiva.

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