Recensione Algunas chicas

Il regista argentino Santiago Palevicino esplora le identità di quattro personaggi femmminili ed il loro immaginario onirico

Recensione Algunas chicas
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Quattro donne, quattro differenti entità femminili al centro di un dramma intimista sempre sul punto di tramutarsi in un thriller psicologico dai contorni surreali. Celina (Cecilia Rainero), un giovane chirurgo nel bel mezzo di una crisi matrimoniale, decide di prendersi una pausa dalla propria vita e di recarsi in visita nella casa di campagna di una sua collega di università, Maria (Agustina Muñoz), con la quale ha mantenuto un legame di amicizia nonostante la loro separazione dopo la fine degli studi. L’apparente giovialità della riunione fra le due amiche avviene tuttavia in un’atmosfera di indefinibile inquietudine: un’inquietudine legata alla figura di Paula (Agostina López), la “figlia di primo letto” del marito di Maria, la quale ha da poco tentato il suicidio. Assieme a questo terzetto c’è anche Nené (Ailín Salas), che vanta misteriosi poteri di veggente e che sembra poter leggere nelle menti altrui. Circondate da una foresta scura e nebbiosa che le isola dal resto del mondo, le quattro donne avranno modo di confrontarsi l’una con l’altra e di intrecciare le rispettive esistenze in maniera del tutto inaspettata...

Presentato alla 70° edizione del Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, Algunas chicas è il terzo lungometraggio cinematografico del regista e sceneggiatore argentino Santiago Palevicino, ed esplora con modalità e registri alquanto singolari il complesso tema della depressione e delle pulsioni di morte. Ad un approccio puramente psicologico, infatti, Palevicino preferisce una narrazione ondivaga ed ermetica, che sconfina nei generi del thriller onirico e, verso l’epilogo, in una dimensione fantasmatica dai tratti quasi horror. Se l’elemento visionario e fantasmatico rappresenta una caratteristica ricorrente di tanta letteratura e di tanto cinema dei paesi del Sud America, il pubblico occidentale potrà ricollegare i suddetti elementi anche e soprattutto a cult del passato quali Repulsion di Roman Polanski e 3 donne di Robert Altman, mentre l’aspetto pseudo-horror declinato in chiave di psicosi femminile riporta alla mente i più recenti Mulholland Drive di David Lynch ed Il cigno nero di Darren Aronosky (ma per il discorso sulla depressione occorre citare pure Lars von Trier e il suo splendido Melancholia).

Ed è soprattutto dal punto di vista visivo e della messa in scena che Algunas chicas offre allo spettatore delle innegabili suggestioni, miscelando finzione e realtà, sogno e incubo, su uno scenario notturno decisamente perturbante (assai impressionante, a tal proposito, la sequenza in cui le amiche vagano nella foresta, inseguendo il sinistro grido di un animale invisibile). Peccato solo che alla fine il gusto per l’allucinazione e la costante confusione fra i piani narrativi finiscano per trascinare il film oltre le soglie del manierismo, evitando di indagare ulteriormente sulle cause del malessere delle protagoniste e perdendosi in più di un’occasione fra digressioni e deliri simbolici. E se il finale, prevedibile ma comunque di un certo impatto, sembrerebbe colpire nel segno, la pellicola nel suo complesso stenta a convincere e non lascia un’impressione duratura; mentre, sullo stesso “campo d’indagine”, aveva ottenuto risultati ben superiori il bellissimo esordio del 1999 della regista Sofia Coppola con Il giardino delle vergini suicide.

Algunas chicas Il regista argentino Santiago Palevicino, nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia con Algunas chicas, esplora le identità di quattro personaggi femmminili ed il loro immaginario onirico con un dramma sospeso al confine fra realtà e sogno, che affronta i temi della depressione e del suicidio puntando sugli elementi della visionarietà e dell’ermetismo.

6.5

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