After 3, la recensione: il film su Prime Video è un disastro

Disponibile su Prime Video, After 3 è l'ultimo episodio della teen saga con Jospehine Langford e Hero Fiennes Tiffin.

After 3, la recensione: il film su Prime Video è un disastro
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Scorre silente, sfrecciando veloce insieme al sangue nelle vene: è un impulso latente, universale, che nasce e cresce, insidiandosi tra le cellule epidermiche di corpi giovani pronti a diventare grandi. Sono storie per adolescenti dal sapore erotico, che solleticano la fantasia, sfruttando un'immediatezza narrativa semplice e lineare. Il cinema, sin dai tempi della sua nascita, ha guardato alle pagine dei romanzi ritrovando in esse la sua linfa vitale, la fonte primigenia da cui abbeverarsi.

Un contratto tacito, quello tra le due arti, sigillato con il potere del successo, che prevede la traduzione in linguaggio cinematografico di quello che era puro inchiostro. E così After, saga letteraria nata e pensata per un target prettamente adolescenziale, diventa ora una trilogia, di cui l'ultimo capitolo, After 3, è disponibile sulla piattaforma Prime Video, sebbene sia in sviluppo un nuovo sequel della saga di After.

After: il desiderio fatto di inchiostro e immagini cinematografiche

La destinazione primaria del racconto letterario scritto e ideato da Anna Todd (nata inizialmente come semplice fanfiction ispirata alla band dei One Direction e pubblicata con successo sul sito Wattpad) è ben esplicitata dallo stile di scrittura: un semplicismo conturbante e coinvolgente con il quale fidelizzare l'aspirante lettore.

Una semplicità di linguaggio che si ritrova, esacerbata fino all'insostenibilità, in un'opera filmica che non riesce a distaccarsi dalla mediocrità vantata in precedenza, ma addirittura la triplica enfatizzando allo sfinimento ogni punto debole, ogni lacuna, ogni incongruenza. After 3 gioca sulla stessa concezione dello spazio, del tempo, e dello sviluppo narrativo di Beautiful. Si può giungere alla visione di questo episodio vergini di quelli precedenti e tutto appare chiaro; ogni foschia si dirada con estrema rapidità. Una comprensione facilitata non certo da un'inclusione spettatoriale voluta e prevista dall'autrice e dalla regista Castilla Landon, quanto da un'opera che non riesce a trovare tra gli scarti delle proprie inquadrature sprazzi in cui inserire elementi innovativi e rivoluzionari che portino avanti un racconto limitato alla mera riproposizione ciclica delle stesse azioni.

Il rituale dell'incontro

Quella tra Tessa (Josephine Langford) e Hardin (Hero Fiennes Tiffin) non è una relazione sana. È una giostra che si ripete a ogni giro, sempre con le stesse modalità, sempre con gli stessi alti e bassi. Il momento di debolezza e perturbazione tra i due personaggi viene costantemente risanato da un atto sessuale ripetuto ad libitum e per questo privato di quella sua pura natura sentimentale che scaturisce da un'urgenza che va perdendosi, impoverendo il momento di emozione, desiderio e coinvolgimento.

Una coazione a ripetere dove il desiderio lascia spazio alla reiterazione. Un déjà-vu che si ripropone come una copia di mille altri incontri, nel limbo di chi non riesce a confrontarsi per paura di perdersi, cadendo così nella via più facile di un rapporto carnale spogliato di ogni unicità. Ciò che ne scaturisce è la pura e semplice rappresentazione visiva di una relazione tossica.

Normalizzare sbagliando

Il cinema ha un potere immersivo che poche arti possono vantare. Ogni raccordo è una stretta di mano che ci conduce al centro della storia narrata. Ci rapportiamo ai suoi protagonisti immedesimandoci in essi, fino a far combaciare i loro pensieri con i nostri.

Una partecipazione affettiva giocata sulla verosimiglianza che in questo caso rende una relazione non salutare accettabile. Un processo di normalizzazione che tramuta la ricerca del brivido in qualcosa da cui scappare, senza però denunciare i comportamenti malsani e ossessivi dei propri protagonisti, ma addirittura esaltandoli e risolvendoli con un semplice incontro sessuale. Non si chiede ai film, tantomeno a titoli come After 3, di farsi carico di una componente moralistica e retorica, quanto di recuperare un senso di intrattenimento e gioia di visione che qui viene meno. Non c'è quel coinvolgimento che deriva da una narrazione limpida, scorrevole, e anche didattica, come si ritrova nella serialità spulciando la nostra recensione di Sex Education 3. In After 3 la componente narrativa si limita a riproporre uno stesso schema di mero copia e incolla, dove il pathos e il climax lasciano spazio alla linea fissa di un elettrocardiogramma piatto in cui la parola e la sua controparte visiva non vanno oltre la superficie dell'approssimazione frivola, incapaci di produrre quel quid perturbante che dovrebbe contraddistinguerle.

Un gioco per gli occhi poco ispirato

Le lacune narrative non trovano di certo un alleato nella componente visiva dell'opera. La regia è anonima, giocata su movimenti elementari e poco ispirati; la fotografia consta di una sola luce accecante che immerge in un campionario di colori cangianti e accesi personaggi sempre ben visibili e per questo privati di ogni minimo accenno di ombra, o mistero.

Anche nei momenti più cupi, quando lo spettro del dolore, dell'ossessione, dovrebbe prendere il sopravvento ammantando il tutto di sfumature deformanti e angoscianti, l'universo immortalato appare perfetto, chiaro, nitido, totalmente opposto al sentimento chiamato a rappresentare. Il montaggio dal canto suo enfatizza questo deficit di potenzialità visiva e narrativa. Quello messo in sequenza da Michelle Harrison è un travestimento carnevalesco di un editing che allude illusoriamente a una danza dinamica e adrenalinica, per poi rivelarsi nelle sue reali vesti di camminata lenta e zoppicante.
Le ellissi temporali e i passaggi repentini a spazi e momenti diversi non fanno altro che esacerbare e sottolineare ogni buco di trama che costituisce l'afflato narrativo del film della Landon.

Vige in After 3 una povertà creativa che intacca ogni aspetto filmico, limitando gli stessi interpreti al mero ruolo di corpi che si muovono tra gli spazi di una cornice come fantasmi privati di stimoli e obiettivi. Perché alla fine di Tessa e Hardin non vediamo altro che la loro corazza esterna; i due giovani protagonisti non sono che involucri svuotati di anima, e rinchiusi in una bolla alienante e alienata. Nessuna caratterizzazione alla base, o indagine psicologica.
Sono concepiti e lasciati vagare sul set come robot provvisti di una selezione di emozioni basilari e primarie. Mangiano, bevono, si scambiano parole risicate, per poi lasciarsi agli istinti più primordiali dell'essere umano, come la violenza accecante e ingiustificabile nata dalla bruciante gelosia, oppure il puro piacere sessuale.
After 3 è come un Rolex venduto in piazza. Di primo acchito appare originale, e come tale ci viene presentato. Una volta portato a casa, però, ogni sua componente rivela la sua natura scadente, fittizia. After 3 è un'opera che aspira a lasciare senza fiato i propri spettatori, ma li ritrova poi senza stimoli o, peggio ancora, senza pazienza.

After Avremmo voluto spendere più parole di elogio per After 3, ma quello proposto è un film che tentenna, cade, tenta di rialzarsi, affidandosi alla reiterazione di azioni e momenti sempre uguali, privandoli della loro unicità. Si tratta di una pellicola poco ispirata, che si limita furbamente a giocare su quei punti di forza che ne hanno decretato il successo, senza aggiungervi alcunché di innovativo. After 3 è disponibile in streaming per tutti gli abbonati al servizio di Amazon Prime Video.

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