Recensione African Cats

Storie di coraggiosi felini nel difficile regno della Savana

Recensione African Cats
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Riprendendo quelli che erano l'idea e lo stile alla base di True Life Adventures (una celebre serie di documentari prodotti dalla Disney tra gli anni 1948-1960), e sotto l'egida del nuovo marchio Disneynature (nata appunto con il proposito di realizzare documentari trattanti vari aspetti del tema Natura, e grazie alla quale sono già nati Earth - La nostra Terra, Il mistero dei fenicotteri rosa, Oceani 3D e Océans), la Disney sbarca in sala con African Cats, documentario (due anni sono stati necessari per effettuare tutte le riprese) che narra (con la baritonale voce di Samuel L. Jackson nell'originale e quella ‘graffiante' di Claudia Cardinale nella versione italiana) storie intrecciate di istintiva ferocia e umana tenerezza ‘ambientate' nel cuore pulsante della Savana, o meglio in un'area sfuggita alla colonizzazione umana e conosciuta come la riserva naturale Masai Mara in Kenya. Ed è proprio in questa immensa e mozzafiato distesa erbosa, attraversata dal fiume Mara che dà il nome all'area, che ci porta African Cats, alla scoperta di un mondo animale selvaggio, dominato da regole tanto brutali quanto inalienabili, subordinate all'imperante legge del più forte. Una storia di istinti animali in cui sembrano nascondersi valori di estrema importanza, come la lotta per la sopravvivenza, il desiderio di accettazione nel gruppo, il dolore per la perdita di un caro, ma soprattutto l'indomita tenacia materna volta a preservare, a ogni costo, la vita dei propri figli. Il ritratto di stagioni della vita che, in questo luogo così remoto, sono dettate dal senso ultimo della sopravvivenza, e subordinate alla presenza o all'assenza di cibo.

Mara, Layla, Sita e gli altri

Potrebbero essere nomi di uomini, e invece sono i nomi di alcuni dei protagonisti (animali, soprattutto felini) di questa pellicola firmata da Keith Scholey e Alastair Fothergill (entrambi documentaristi affermati). Il film segue infatti le molte avventure di questi sensazionali protagonisti (molti bucano lo schermo quasi fossero attori consumati) in un periodo relativamente breve di tempo. Del Branco a sud del fiume fanno parte Layla (anziana leonessa e veterana cacciatrice) e la sua giovane e unica figlia Mara, alle primissime armi con la difficile vita nella Savana. Layla, non più in ottimali condizioni fisiche, teme di non riuscire a trascorrere con la figlia il tempo necessario per insegnarle come sopravvivere alla difficile vita del Branco, guidato da Fang, un anziano e coraggioso leone sul viale del tramonto (ha un dente spezzato in segno della sua incipiente perdita di potere). Dall'altra sponda del fiume vive invece il ghepardo (femmina) Sita, ben più esile di Layla ma altrettanto determinata a crescere i suoi cinque, indifesi cuccioli che dovrà difendere dai minacciosi attacchi delle iene, dei leoni, dei rapaci notturni, e persino dei suoi consimili ghepardi. Le due madri, nonostante vivano vite quasi agli antipodi (nel branco una, estremamente solitaria l'altra), dovranno entrambe combattere battaglie molto dure pur di portare a termine il loro obiettivo: quello di vedere i loro cuccioli adulti, capaci di difendersi dalla ‘intemperie' della vita brada. Nel frattempo, un'altra minaccia incombe sulla tranquillità degli abitanti della riserva, infatti Kali, capo del branco del nord e padre di quattro, vigorosi figli maschi, è determinato a conquistare anche la sponda sud, detronizzando definitivamente Fang. Tutti avranno dunque di che lottare, e se la tenacia delle ‘madri' prevarrà sulla prepotenza degli attacchi nemici, lo stesso non può dirsi per Fang che, come vuole la dura legge della vita, dovrà sottomettersi a una nuova forza nascente, e abbandonare per sempre la leadership del suo branco.

Nel regno del coraggio

Un lavoro coraggioso sotto molti punti di vista quello dei documentaristi Keith Scholey e Alastair Fothergill, capaci di girare scene davvero suggestive di vita selvaggia, riprendendo leoni e ghepardi come se si trattasse di animali domestici facili da avvicinare e perfino mettere in posa, tanto da farci sfiorare i ciuffi di pelo con gli occhi o regalarci primi piani delle intense iridi dei felini. Un sesto senso, quello utile a capire in che direzione sarebbero andati gli animali e le loro storie, che sicuramente conferisce a questa pellicola il valore aggiunto della qualità visiva e della unicità delle immagini, entrambe frutto di un encomiabile lavoro di riprese. Poi c'è la storia, volutamente molto semplice e sfrondata di molte sfumature perché sia più facilmente metabolizzabile da un pubblico di bambini, ma che è comunque portatrice sana di quei profondi valori che incredibilmente avvicinano la nostra ‘giungla' umana a questa pericolosa savana di feroci animali, che diversamente da noi fanno fuori il prossimo solo in virtù dell'istinto di sopravvivenza. Un racconto reale e allegorico condito di momenti terribili (la sofferenza sempre indicibile della perdita di un figlio) e bellissimi (le fotografie di famiglia delle leonesse, tutte unite nel branco, o quelle delle madri straordinariamente protettive con i loro cuccioli) che immagine dopo immagine ci raccontano quanto la vita, umana al pari di quella animale, sia ugualmente ricca di gioie e sofferenze, e quanto spesso ci (ri)chiami a dar prova di 'estremi' atti di coraggio.

In occasione dell'uscita del film abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Claudia Cardinale, voce narrante dei vari 'capitoli' di questa meravigliosa avventura...

Com'è stata la sua esperienza con African Cats?

Claudia Cardinale: Questa è stata la prima volta che ho prestato la mia voce per un documentario, African Cats appunto. Gli animali protagonisti mi sembravano veri attori perché erano incredibili, e poi io sono nata in Africa e l'ho girata in lungo e in largo. E' una terra che amo e quindi mi ha fatto piacere prender parte a questa avventura. Oltretutto ritengo che la natura vada difesa. Devo dire dunque che è stata davvero un'esperienza stupenda.

Cosa ci può dire degli animali che ha visto sul ‘set'?

C.C.: La cosa incredibile è che sembrano attori veri. Io non so come hanno fatto a filmare tutta quella varietà di espressioni, che da' davvero l'impressione di aver di fronte attori straordinari. Poi mi ha fatto un po' ridere perché c'è la leonessa che si chiama Mara e in La ragazza di Bube (film diretto da Comencini e tratto dal romanzo di Carlo Cassola n.d.r.) io mi chiamavo proprio Mara.

Ci risulta che, nel corso della sua carriera, ha vissuto molte avventure insieme gli animali selvatici, è vero?

C.C.: Sì, moltissime. Per esempio quando abbiamo presentato il film di Luchino Visconti (Il Gattopardo n.d.r.) al festival di Cannes. Ero sulla spiaggia con Luchino e Burt Lancaster ed è arrivato un signore con un ghepardo. Io mi sono avvicinata e ho cominciato ad accarezzarlo e Luchino mi ha detto: "Claudia...non è una gatta, è un ghepardo". Prima ancora, quando ho fatto Il mondo del circo e la sua grande avventura (film del 1964 diretto da Henry Hathaway n.d.r.) con John Wayne e Rita Hayworth, un giorno sono entrata nella gabbia dei leoni. Un'altra volta a Miami sono scesa nel fiume dove c'era un caimano enorme e l'ho accarezzato.

Nel film si cita un gattopardo e questo sembra quasi intenzionale, anche se alla fine la voce narrante originale del film è quella di Samuel L. Jackson. Che effetto fa doppiare una delle voci maschili più baritonali del cinema statunitense?

C.C.: È che io ho una voce da uomo. (Ride). Ho una voce bassa e alcune volte è anche comico perché mi chiamano a telefono e mi dicono ‘signore mi passa la signora Cardinale per favore?'. In realtà penso mi abbiano scelta perché sono anche ambasciatrice di Buona Volontà dell'Unesco. In più sono nata in Tunisia e conosco molto bene l'Africa, una terra che adoro.

Ha parlato di questi animali magnifici, che sono quasi degli attori. Lei in quale di questi felini si identifica di più?

C.C.: Ripeto, non so davvero come abbiano fatto a girare una cosa simile perché ci sono alcuni primi piani davvero bellissimi. Comunque, a dire il vero mi sono identificata molto con Mara, perché è una leonessa e io nella carriera di attrice sono stata una volta Mara. (Ride)

Visto che il film parla anche molto del tema della maternità, il suo interesse è stato più verso, appunto, il tema della natura o quello dell'esser madre?

C.C.: Io credo che sia molto, molto importante difendere gli animali. Io francamente non amo molto quelli che vanno a caccia.

In tutto il film c'è questa idea della famiglia che protegge dal mondo esterno e dai pericoli. Lei cosa ne pensa, condivide quest'idea della famiglia come protezione?

C.C.: È bellissimo, perché c'è sempre la mamma che difende tutti i suoi cuccioli e si sacrifica per loro. Io credo che sia normale l'idea di una madre che da' tutto per i propri figli.

Ci è arrivata la notizia che lei prenderà un premio alla carriera a Locarno. Le volevamo fare le congratulazioni... C.C.: Sì, grazie. Ma sa qual è la cosa buffa? Che in 52 anni di carriera e negli ultimi tempi in cui ho viaggiato spesso e ritirato molti premi, non so più davvero dove metterli.

Che impressione ha, vivendo in Francia, della situazione del cinema in Italia?

C.C.: Io ultimamente sto lavorando molto all'estero e soprattutto con registi al loro primo film. Ho appena fatto un film a Istanbul e ora ne farò altri a New York. Io credo che sia molto importante aiutare i giovani perché ci sono molte difficoltà.

Non c'entra con il film ma può dirci che ricordo ha di Mario Monicelli?

C.C.: Per me Mario è stata una persona davvero straordinaria. Era un uomo eccezionale.

Come spettatrice qual è il genere che preferisce?

C.C.: Io ho avuto la fortuna di lavorare nel periodo magico del cinema italiano e ho potuto lavorare con dei grandi che sono stati miei maestri. A me piace il cinema che fa sognare e riflettere. E African Cats trovo che sia un film meraviglioso.

Com'è stato prestare la propria voce dopo che nella prima parte della carriera lei ha sempre ricevuto una voce?

C.C.: Sì, è vero. Venivo doppiata innanzitutto perché non parlavo italiano, e poi perché avevo una voce maschile. Il primo che mi ha fatto usare la mia voce è stato Federico Fellini in 8 ½.

Ringraziamo la Sig.ra Cardinale e Walt Disney Company Italia per la cortese collaborazione e la grande disponibilità.


African Cats Un lavoro che si commenta da solo tramite le bellissime immagini di una ‘stagione nella Savana’, che cristallizzano in momenti di terribile ferocia e profonda sensibilità i protagonisti indiscussi di quelle terre, dai 're' leoni fino ai solitari ghepardi. Se la trama, volutamente molto lineare e al servizio di una semplice storia di vita, non racchiude in sé alcuna sorprendente svolta narrativa, sono i protagonisti stessi, nel loro essere candidamente spontanei e irresistibilmente spettacolari a rendere il lavoro terribilmente suggestivo e appassionante (che trova nella voce della Cardinale una ‘profonda’ maturità narrativa). Un racconto sicuramente capace di stregare parecchi occhi, se non altro quelli particolarmente stregabili dei bambini.

7.5

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