Recensione Adam Resurrected

Uno strepitoso Jeff Goldblum per un toccante viaggio nella psiche dei sopravvissuti alla follia nazista

Recensione Adam Resurrected
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Quanti sono lontani i tempi dei successi (di pubblico) come Ufficiale e gentiluomo per Paul Schrader. E che dire di Jeff Goldblum, che nell'ultima decade è inesorabilmente scomparso dal Cinema che conta, relegandosi per di più a produzioni televisive o ruoli di supporto. Adam Resurrected col suo titolo assume più significati, che oltre che insiti nel contesto della trama, trovano una sorta di resurrezione anche nel regista e nell'attore di culto di film come La mosca e i primi due Jurassic Park. E ora, grazie a One Movie che ne ha recuperato i diritti per la distribuzione, a oltre due anni dall'uscita anche il pubblico italiano potrà godere di questa pellicola "semi-dimenticata" anche dall'intera critica internazionale, vista la quasi totale assenza di premi o nomination per Schrader e, soprattutto, per un Goldblum in forma straordinaria.

L'uomo e la bestia

Anni Sessanta. Adam Stein (Jeff Goldblum) è ricoverato in una struttura sanitaria nel deserto israeliano che ha il compito di curare i reduci dei campi di concentramento nazisti. Adam ha una sorta di rapporto ambiguo sia con gli altri pazienti che con i dottori (e non manca la relazione con una bell'infermiera), ed è una sorta di centro focale per tutti gli abitanti di quell'edificio in mezzo al nulla. Dotato di una spiccata intelligenza, e di modi di fare irresistibili, Adam è però ossessionato da crudeli ricordi che lo perseguitano, e risalenti appunto alla seconda guerra mondiale. Prima che la follia nazista prendesse il sopravvento in Germania, Adam era una stella del cabaret, un pò mago un pò comico di gran classe, che incantava il suo pubblico, finchè l'esercito del Fuhrer non lo rinchiuse insieme alla sua famiglia in un campo di concentramento. Qui, riconosciuto dal comandante Klein (Willem Dafoe), che anni prima aveva "salvato" da un probabile suicidio durante un suo spettacolo, viene scelto come suo schiavo personale. Adam si piega al volere del suo nuovo padrone, sperando di convincerlo a salvare i suoi cari, ed arrivando per tutta la sua permanenza al campo a muoversi ed atteggiarsi come un cane, come volere di Klein. I ricordi del passato si intrecciano con quelli del presente quando arriva un nuovo paziente che si comporta letteralmente come una vera e propria bestia selvaggia. E così Adam è costretto a rivivere i suoi demoni per cercare di salvare se stesso e il nuovo, giovane amico.

Tra passato e presente

Di film sul nazismo e le conseguenze che ha lasciato sui prigionieri sopravvissuti se ne sono visti tanti. Perciò come dire qualcosa di nuovo senza risultare banali o prevedibili? Osservando da vicino in maniera intimista e un pò folle questo mondo di persone la cui mente è stata provata agli estremi, in un (non)luogo dal sapore quasi irreale, e arido e afoso come le emozioni represse dei pazienti. Ecco perciò che questo e proprio surrogato di realtà, microcosmo chiuso di anime dannate, raggiunge il suo obiettivo di mostrare, senza retoriche o facilonerie spesso abusate in passato, il "dopo", il day after di coloro che sopravvivendo hanno comunque perso i motivi di vivere. Adam è l'assoluto protagonista della storia, e veniamo a conoscenza del suo passato grazie a suggestivi flashback in bianco e nero che ripercorrono il periodo pre e durante la prigionia, alternandosi in un riuscita alchimia narrativa che si ripercuote nel flusso temporale della vicenda. La scelta di inserire un paziente che riaccende in lui incubi mai domati (oltre a non esser priva di rimandi a Il ragazzo selvaggio di Truffaut), è la molla che gli permetterà di trovare, forse, finalmente la pace, o almeno una parvenza di essa. In tutto questo, mattatore assoluto, è un istrionico ed esplosivo Jeff Goldblum, in una prova che avrebbe sicuramente meritato una nomination da parte dell'Academy. Il suo Adam rasenta più volte la follia all'interno di una lucidità presente ma sempre sull'orlo del baratro, e osservare come il quasi sessantenne attore di origini ebree si muova sullo schermo, tra movenze da show man e drammatiche sequenze in cui si finge un cane, camminando a carponi per compiacere i nazisti, con uno sguardo qui pregno di ispirata follia, altrove di profonda tristezza, è un vero spettacolo che vale da solo il prezzo del biglietto. In tutto ciò è accompagnato da un ottimo cast, un'efficace Ayelet Zurer nei panni dell'amante/infermiera e un ottimo Willem Dafoe in panni nazisti, in una delle sue miglior prove della carriera recente. Adam Resurrected è un film che convince e avvince, in continuo bilico tra tocchi visionari e surreali e istanti di brutale crudeltà psicologica, che questa sia tra le mura della struttura o tra i frammenti di un tempo distante ma sempre vivido alla memoria.

Adam Resurrected Paul Schrader spreme a fondo il talento istrionico di Jeff Goldblum, scavato leone in letargo ma ancora pronto a ruggire, e grazie a lui trova il senso di un film coraggioso, "diverso" dai classici e stancanti film sul post - olocausto, che attraverso ispirati tocchi visivi e dal sapore surreale, ci raccontano un dramma ben conosciuto con una certa originalità scevra da quei vagiti di politically correct ormai una costante.

7.5

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