A Star Is Born, recensione del film con Lady Gaga

Bradley Cooper esordisce dietro la macchina da presa con la quarta (o quinta) versione di una storia classica che non aveva bisogno di aggiornamenti.

A Star Is Born, recensione del film con Lady Gaga
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In origine ci fu il prototipo di William Wellman nel 1937, già di suo il remake ufficioso di A che prezzo Hollywood? di George Cukor, del 1932. Poi ci si mise lo stesso Cukor, nel 1954, con la versione che conosciamo tutti, interpretata da Judy Garland e James Mason.
Nel 1976 Frank Pierson si cimentò con la stessa storia, spostandola però dal mondo del cinema a quello della musica, con Barbra Streisand e Kris Kristofferson nei ruoli principali. Stiamo parlando, ovviamente, di A Star Is Born (È nata una stella), di cui esiste ora una quarta versione ufficiale, presentata fuori concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Un progetto dalla lavorazione a dir poco travagliata: quando è stato annunciato nel 2011 doveva essere diretto da Clint Eastwood, con Beyoncé nei panni della giovane promessa la cui ascesa mette a repentaglio il rapporto con il mentore più anziano; dopo vari passaggi di consegne è finito in mano a Bradley Cooper, qui nella quadrupla veste di regista, co-produttore, co-sceneggiatore e protagonista maschile, affiancato da Lady Gaga, presente anche sullo schermo da qualche anno (vedi soprattutto la quinta e sesta stagione di American Horror Story).
Il canovaccio è quello del 1976, con alcuni rimandi filologici all'originale (il personaggio di Cooper fa Maine di cognome, come Fredric March nel 1937).

Dalle stelle alle stalle


Forse inevitabilmente, per via delle aspettative associate al titolo, il film procede lungo un percorso già battuto da tempo, con fare macchinoso, senza particolari guizzi di creatività o elementi che giustifichino l'aggiornamento ai giorni nostri (escludendo un paio di trovate, tra cui un cameo di Alec Baldwin in versione Saturday Night Live, la storia potrebbe svolgersi in un decennio qualsiasi). Ne risente soprattutto il Cooper regista, capace di firmare sequenze competenti ma sprovvisto della materia prima necessaria per farle respirare in modo autonomo, senza il guinzaglio di una struttura narrativa trita e ritrita.
Quanto al Cooper attore, la sua dimestichezza con ruoli poco simpatici lo rende una scelta efficace, e la sua alchimia personale con Lady Gaga, la cui performance è strepitosa e meritevole di tutt'altro veicolo promozionale, dà alle scene intime un minimo di pathos, soprattutto quando entrano in gioco le canzoni, firmate dalla stessa Gaga con la partecipazione di Lukas Nelson, figlio del più noto Willie.

Alla fine il senso di A Star Is Born sta tutto lì, nel lanciare una star del pop come presenza più che valida sul grande schermo, nella speranza che tale versante della carriera sia più felice rispetto a quanto accaduto ad altre illustri colleghe (basti pensare proprio a Beyoncé, che al cinema ha avuto più bassi che alti).
È un lancio relativamente solido ma tutto sommato dimenticabile, che però ha tutte le carte in regola per conquistare una nutrita fetta di pubblico e - questo il vero dramma, purtroppo - sostituire Cukor nell'immaginario di una nuova generazione di spettatori.

A Star Is Born Bradley Cooper esordisce come regista cimentandosi con un canovaccio fin troppo classico che non aveva bisogno di essere rivisitato, e il risultato è un film elegante ma sterile, che non aggiunge nulla di nuovo a quanto visto nelle versioni precedenti. Notevole però l'apparato musicale, così come la performance di Lady Gaga, per la quale il ruolo della giovane promessa che si tramuta in diva potrebbe essere la consacrazione definitiva nel passaggio al grande schermo.

6

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