Recensione A Spasso con i Dinosauri

Nel 1999 la BBC realizzò una serie tv di genere documentaristico dal titolo Walking with dinosaurs, giunta nel nostro paese col titolo di Nel mondo dei dinosauri. Era un'opera dettagliata e immensa, pur nella brevità della durata finale (appena sei puntate da mezz'ora l'una) e all'epoca fece scalpore anche in virtù dell'enorme sforzo monetario e produttivo che comportò l'utilizzo massiccio di animatronica e computer grafica in un prodotto televisivo del genere. La serie, creata e diretta da Tim Haines, vantava come voce narrante un giovane Kenneth Branagh (che conferiva un'afflato shakespeariano alla narrazione) e vide anche una serie episodi speciali e spin-off dedicati di discreto successo. Non poteva, del resto, essere altrimenti: i dinosauri, al cinema e in tv, sono stati veri protagonisti dello schermo nella seconda metà del ventesimo secolo, grazie anche a titoli come lo spielberghiano Jurassic Park. Un interesse mai sopito, da parte di grandi e piccini, che rivive ora con un rinnovamento del franchise, che riparte dal cinema, in 3D, con la moderna CGI, per narrare una storia formativa, istruttiva ma al contempo anche divertente.

Walking with dinosaurs

Non occorre conoscere la serie del '99 per apprezzare A spasso con i dinosauri: la vicenda è a sé stante e si ambienta in Nord America, dove una famiglia di Pachyrhinosaurus è intenta nella sua ordinaria vita nomade quando, all'improvviso, il capofamiglia viene a mancare e per il docile e un po' impacciato Pachi comincia la sfida del diventare grandi, senza subire il senso di inferiorità verso i fratelli più grandi ma, anzi, imparare a diventare un capobranco autoritario, in grado di dosare forza e saggezza nella grande corsa alla sopravvivenza tipica della migrazione delle grandi specie.

Il film BBC riesce a far convivere un'anima documentaristica con un'altra più squisitamente narrativa che l'avvicina a titoli simili come Alla ricerca della Valle Incantata, Dinosauri, L'Era Glaciale o March of the Dinosaurs. Per farlo ci sono voluti uno sceneggiatore esperto come John Collee ma soprattutto due registi 'antitetici' come Neil Nightingale e Barry Cook. Il primo è un documentarista di grande mestiere; il secondo, invece, sa come toccare le corde narrative tipiche dell'animazione, essendo stato co-regista non solo del sottovalutato Il figlio di Babbo Natale ma anche del pluripremiato Mulan. Certo, il risultato è curioso. La narrazione procede su binari sicuri e rodatissimi, senza tanti colpi di coda (è il caso di dirlo) alternando risoluzioni un po' banali ma efficacissime per il pubblico più giovane a trovate umoristiche simpatiche per alleggerire i toni e i temi, che per il resto sono abbastanza ancorati alla realtà della vita animale, se eccettuiamo la comunicazione verbale tipicamente cartoonesca. Anche se un fattore certamente straniante è che, per mantenere il realismo dei modelli animali, si sia scelto per un parlato dei personaggi in sovrimpressione, senza alcun “labiale” da cartone animato. Sembra quasi che i personaggi comunichino telepaticamente, ma è una scelta motivata, per quanto bizzarra, quindi basta farci l'abitudine. Del resto, sarebbe stato un peccato rovinare l'accuratezza della ricostruzione fisica e ambientale, che mescola una moderna e all'altezza CGI a fondali renderizzati digitalmente a partire da alcuni reali. L'intento educational, difatti, non viene comunque mai a mancare, introducendo diversi dinosauri, tutti realmente esistiti, e descrivendone le caratteristiche con molta attenzione.