A Land Imagined, la recensione del film originale Netflix

Un noir-mystery ambientato a Singapore che offre notevoli spunti sulla condizioni sociali della classi più povere, vincitore del Pardo d'Oro.

A Land Imagined, la recensione del film originale Netflix
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Lok, ispettore della polizia di Singapore, è chiamato a indagare sulla scomparsa di due uomini, l'operaio edile locale Wang e un immigrato del Bangladesh, Ajit. I due uomini lavoravano in un cantiere specializzato in operazioni di bonifica, che tratta i propri dipendenti in maniera non proprio legale: a molti di loro, pagati miseramente, viene confiscato il passaporto all'assunzione, così la loro libertà e la possibilità per gli stranieri di fare ritorno a casa.
Lok ha la particolare caratteristica di sognare le vite altrui e proprio durante una delle ultime fasi oniriche riesce a rivivere parzialmente quanto vissuto da Wang nei giorni passati, con gli indizi che conducono a un internet café in cui i clienti trascorrono ore e ore davanti ai computer.
Nella struttura lavora la bella Mindy, ragazza che sogna di fuggire da quella vita di miseria (nella quale si trova anche saltuariamente a vendere il proprio corpo), che trova in Wang una sorta di anima affine. In A Land Imagined le indagini continuano così a percorrere una strada tra passato e presente che conduce a inquietanti verità.

No man's land

Singapore è il luogo perfetto per il tracciamento di un noir moderno, che recupera i prototipi classici adattandoli a una veste di critica sociale in grado di rispecchiarsi come non mai nel mondo contemporaneo, a qualsiasi latitudine.
Ma il Paese asiatico è ambientazione ancor più significativa, in quanto crocevia di mondi e culture che, con lo sfruttamento dell'immigrazione e una terra le cui fondamenta appartengono ad altri (come sottolineato da uno dei protagonisti in uno dei dialoghi più incisivi e fondanti della visione), si presta a uno stato di sospensione dove il sogno di fuggire lontano è forse destinato a rimanere tale ma in cui la voglia di lottare per cambiare le cose non deve mai venir meno. Premiato con il Pardo d'oro alla 71esima edizione del Locarno Film Festival e ora disponibile nel catalogo Netflix come esclusiva/originale, A Land Imagined è un'opera preziosa e stratificata capace di coniugare, nei suoi novanta minuti di visione, istinti da cinema nero nel miglior segno della tradizione e un potente messaggio di denuncia verso le condizioni disumane cui vengono sottoposti i lavoratori, aprendo un ulteriore spiraglio sul tema dell'immigrazione visto che buona parte di questi, pagati ancor meno dei colleghi, sono di origini bengalesi.

Dark City

A nove anni dall'esordio dietro la macchina da presa con l'inedito House of Straw (2009), il regista autoctono Yeo Siew Hua sa dove concentrare i propri sforzi e realizza un'opera che offre visibilità agli invisibili, a coloro del cui destino l'opinione pubblica non si interessa per menefreghismo o semplice ignoranza. Non è un caso che le indagini dell'ispettore Lok si risolvano in maniera inaspettata e con un epilogo dal taglio piacevolmente criptico e ambiguo, pungolando ulteriori riflessioni durante e dopo lo scorrere dei titoli di coda.
Lo spunto mystery, lasciato volutamente in sottofondo, è utilizzato come veicolo narrativo per legare i personaggi principali in piani temporali distinti ma destinati ben presto a collidere, e il raffinato gioco di parallelismi tra il tormentato e solitario poliziotto di mezz'età e il giovane operaio assume connotati affascinanti e mai gratuiti.
Ma la sporcizia morale è tratteggiata anche in altri contesti ambientali in cui ha posto il racconto, su tutti il cyber-café frequentato dallo scomparso: la figura di Mindy, potenzialmente salvifica, è intrisa di una magnetica amarezza e la sua speranza di fuggire all'estero è esemplificativa di tante altre situazioni, così come allo stesso tempo la dipendenza dai videogiochi online, in primo luogo appiglio di svago, diventa una droga che racchiude in sé la mancanza dell'altro.

L'impotenza sembra dominare i destini degli individui, ma alcuni slanci come il già succitato epilogo lasciano comunque aperti fremiti di speranza, squarci necessari perché la visione non si ponga come quadro tristemente monocromatico.
La magnifica colonna sonora, tra synth e sonorità frementi che creano una palpitante suspense emotiva, e le magistrali performance del cast (dai due "alter-ego" Peter Yu e Xiaoyi Liu fino alla bellezza anarchica della splendida Yue Guo) suggellano nel migliore dei modi un film che è ponte tra mondi e culture, anche cinematografiche, pur nella sua stagnante ineluttabilità esistenziale.

A Land Imagined "Ho creato una struttura che è un flashback ma non è un flashback" ha dichiarato il regista e non si può che essere d'accordo con questa disamina sul particolare intreccio narrativo che A Land Imagined offre nei suoi novanta minuti di visione: attraverso un approccio mystery e onirico, il cineasta, anche autore della sceneggiatura, ha originato un puzzle a intreccio nel parallelismo che unisce i due protagonisti maschili, l'ufficiale Lok e l'operaio edile, dato per scomparso, Wang. Un film che dietro al suo sotterraneo ma incisivo sottotesto poliziesco incanala un messaggio di denuncia sulle condizioni di lavoro a cui vengono costretti non solo i lavoratori immigrati, in questo caso di origine bengalese, ma anche gli stessi autoctoni, con il rispetto delle regole di sicurezza pari a zero e il ritiro dei passaporti quale ulteriore forma di ricatto. Ma le svolte narrative non sguazzano nella pedante retorica, offrendo situazioni sempre incalzanti e interessanti, disegnando magnifiche figure di contorno, ponendo spunti esterni per riflettere su altri drammi legati alla solitudine e alla mancanza d'identità di un Paese come Singapore, crocevia più di interessi economici esterni che di reale integrazione culturale, in cui si preferisce letteralmente nascondere sotto la sabbia ciò che si preferisce non vedere.

7.5

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