8 Rue de l'Humanité Recensione: nessuna risata oltre la pandemia su Netflix

Disponibile dal 20 ottobre su Netflix, il nuovo film di Danny Boon, 8 Rue de l'Humanité, fallisce nel tentativo di creare una commedia sul Covid-19.

8 Rue de l'Humanité Recensione: nessuna risata oltre la pandemia su Netflix
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Il cinema è una finestra sulla nostra realtà. Parla un linguaggio che colpisce in pieno petto, passando tra cuore e mente. Sussurrandoci all'orecchio, risveglia sentimenti mai sopiti. Poi ecco un'ulteriore magia. Quando si veste di commedia, la settima arte raccoglie tra le proprie mani squarci di attualità e li esorcizza, traducendo in risata ciò che prima era sintomo di repressione, paura, timore. E 8 Rue de l'Humanité è la tipica commedia senza fronzoli, dove tutto è perfettamente illuminato così da non distrarre lo spettatore dal suo ruolo di testimone di vite altrui, mentre nelle case lo spruzzo dei disinfettanti si alterna al vociare di videochiamate, dirette sui social, sospiri di paura e speranza.

Quella immortalata su Netflix da Danny Boon (qui anche nelle vesti di protagonista) è una versione ironica di sprazzi di vita troppo simile a quella vissuta da noi tutti negli ultimi due anni; un'esistenza in bilico, sospesa, messa in pausa e rinchiusa tra le mura di casa, tra mascherine e tamponi. 8 Rue de l'Humanité vuole presentarsi come una commedia sul Covid, farsa simpatica su ciò che ci ha presi e lasciati attoniti, sconvolgendo le nostre quotidianità.

Ma le risate faticano ad uscire, le labbra rimangono impassibili, immobilizzate in una smorfia, incapaci di distendersi in quel sorriso che un'opera come quella di Boon tenta di sollecitare. Il Covid è un'ombra che ci segue ancora silente. Un po' più lontana, finalmente distanziata, ma comunque presente. La mano che ha preso e sconvolto le nostre vite non è ancora pronta per farci il solletico e generare il sorriso. O comunque, non riesce del tutto a farlo con la debole potenza di dinamiche forzate in cui l'ironia è ricercata scavando in situazioni tutt'altro che divertenti, perché impregnate di ordinarietà e poco materiale di sfogo sotto forma di parodia.

8 Rue de l'Humanité: lo specchio di vite nella via dell'umanità

È una giostra di vite così reali quella che abita al numero 8 di Rue de l'Humanité. Una galleria di caratteri eterogenei e idiosincratici pronti a elevarsi al ruolo di stereotipi con cui ironizzare gesti e prese di posizione nei confronti dell'ondata rivoluzionaria del Covid-19. Un impianto parodico già sviluppato e portato al successo con Giù al nord, dove la questione sociale si faceva materiale divertito e divertente attraverso cui esorcizzare e superare certi ostacoli.

Ma qualcosa questa volta va storto, facendo inceppare un meccanismo ben oliato sulla carta, ma poco funzionale sullo schermo. C'è la voglia di trovare un po' di luce in questo tunnel ombroso in cui ci ha imprigionati la pandemia, allargando le pareti che ci soffocano con la forza di un sorriso. Eppure le battute non hanno nulla di originale o stimolante; assistiamo allo scorrere di queste esistenze con apatico interessamento.

Seguiamo la quotidianità di questi personaggi, i loro screzi, come se stessimo guardando fuori dal balcone curiosando vite altrui senza ritrovare nulla di interessante. C'è la famiglia ipocondriaca (tema già affrontato da Boon e analizzato nella nostra recensione di Supercondriaco), quella scettica circa l'effettiva pericolosità del virus, il dottore sbadato alla ricerca di un vaccino; c'è la signora che ha paura di perdere il bar a causa del Covid e la coppia di giovani sposi che fanno a gara di follower a suon di dirette su Instagram.

Ma dalla finestra di fronte a cui si affacciano gli abbonati Netflix (qui la top 10 dei film visti su Netflix), non si propagherà nessuna risata. Quelle proposte sono dinamiche già viste e ampiamente sfruttate, che prendono in prestito il tema del Covid senza schernirlo direttamente. Certe gag appaiono così forzate, enfatizzate nella loro rappresentazione, generando un senso di frustrazione piuttosto che di divertita ironia.

Esorcizzare il dolore con la risata è lo strumento più potente con cui il cinema sfida a duello la nostra attualità - e Boon lo sa. Un potere che in 8 Rue de l'Humanité si indebolisce. Ed è proprio sui comportamenti esagerati di questi coinquilini che l'intero film costruisce le proprie fondamenta, ma l'aver caricato ed esacerbato all'ennesima potenza tali atteggiamenti ha destabilizzato l'intera costruzione, facendola barcollare e implodere su se stessa. Da condominio di vite sospese, ciò che rimane del film di Boon sono resti di un impianto distrutto, che non ha retto il peso della sua attualità, mancando di tempismo e di quel giusto equilibrio tra denuncia sociale e sete di umanità.

Ne usciremo migliori (?)

"Ne usciremo migliori". "Ce la faremo". Sono ritornelli di frasi ripetute al battito di applausi che dopo una, due, cento volte, hanno illuso ognuno di noi. Ci abbiamo sperato fino in fondo che una quarantena e una pandemia mondiale ci rendessero davvero migliori. Una speranza a cui lo stesso titolo di Boon auspica tra aperitivi e abbracci, facendo unire un intero condominio che in condizioni normali avrebbe vissuto nell'ignoranza dell'altro e nel reciproco disinteresse. In questo specchio di vite, ogni personaggio è eroe e antagonista della propria storia personale.

Nemesi di se stessi, Martin e il resto dei condomini sono implicati in una lotta continua che avrebbe raggiunto l'obiettivo prefissato, se analizzata a fondo e con la giusta dose di ironica riflessione. Invece, l'aver puntato sulla risata facile, enfatizzando certi atteggiamenti, non ha fatto altro che dar vita a protagonisti che da riflessi del mondo ordinario si allontanano da esso. Un distanziamento sociale che nel contesto delle dinamiche affrontate gioca a sfavore di un'opera che tanto poteva dare senza purtroppo offrire molto.

L'importanza delle relazioni umane implicate è resa esplicita da una regia mai invadente, ma sempre nascosta dietro al predominio di primi piani che si alternano ad inquadrature più ampie, così da restituire un senso di complicità e solidarietà prima nascoste e taciute. La stessa fotografia gioca su toni accesi, in una rete simbolica volta ad abbracciare la speranza di un futuro migliore. Nessun guizzo autoriale o voli pindarici che allontanino l'attenzione dello spettatore dalle storie raccontate sullo schermo, ma uno studio attento sulla resa delle emozioni e della carica umoristica di gesti e comportamenti di questi strambi personaggi.

Particolarità caratteriali a loro volta enfatizzate da performance a tratti fortemente caricate (si pensi al personaggio dello stesso Boon o del medico Gabriel) giocate su espressioni facciali marcate e gesti amplificati. Ma è proprio a fronte di questa mancanza di personalità che ogni inutile enfasi su ciò che dovrebbe far ridere, ma che divertente non è, viene sottolineato, e ogni passo falso reso esplicito.

Non era il momento giusto probabilmente per usare gli strascichi della pandemia come carta carbone su cui creare una commedia che non presenta momenti così fuori dagli schemi per far ridere, esorcizzando il timore e la paura che ancora ci attanaglia. Abbiamo bisogno di tempo per contornare e indagare psicologie così idiosincratiche, per ridere di situazioni e atteggiamenti che durano molto più di una storia su Instagram; tempo per essere migliori e diventare finalmente umani.

8 Rue de l'Humanité Concludiamo la nostra recensione di 8 Rue de l'Humanité sottolineando quanto le gag e le dinamiche qui proposte non riescano a generare quella risata esorcizzante che tutti speravamo di vedere propagarsi sul nostro volto. Ci prova Danny Boon a far ridere sul tema Covid-19, ma il tutto scade in una parodia, in un teatrino esasperato che tanto vorrebbe dire senza poi alla fine riuscire a offrire molto. Il film è disponibile in streaming su Netflix per tutti gli abbonati alla piattaforma.

5.5

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