Recensione 28 Hotel Rooms

Si incontrano in hotel e comincia una relazione di puro piacere, eppure destinata ad evolversi, in 28 incontri in stanze di hote

Recensione 28 Hotel Rooms
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Matt Ross è un regista americano, poliedrico e collezionatore di esperienze, che solo pochi giorni fa, il 3 gennaio, ha compiuto 43 anni. Da sempre passato un po’ in sordina, vanta molti ruoli al cinema (The Aviator, American Psycho, Good Night, and Good Luck) e in televisione (American Horror Story, CSI, Six Feet Under). Comincia a passare dietro la macchina da prese nel ’97 con il corto The Language of Love, ma l’affermazione a cercare qualcosa di più dietro le quinte è nel 2009 con Human Resources, un cortometraggio sulla monotona, stressante e asfittica vita impiegatizia, con echi da “all work and no play makes Jack a dull boy” (Shining) e dal Michael Douglas di Un giorno di ordinaria follia. E’ l’occasione per mettersi alla prova come regista, sceneggiatore, produttore e anche montatore e direttore della fotografia: un vero one man crew! Nel 2012 riesce a portare sugli schermi il suo primo lungometraggio, 28 Hotel Rooms.

HOTEL -

Non c’è una città. C’è un hotel. Un hotel da cui non si esce mai, il luogo più lontano e distante è il bar nella hall, ma comparirà una sola volta, a dare innesco alla vicenda. Lui (Chris Messina, che al festival di Torino recitava già in Ruby Sparks, e che magari ricorderete per Vicky Cristina Barcelona e Julie & Julia) è uno scrittore di successo, sognatore e irriverente, ma in fondo mai appagato dalla sua arte e in generale dalla vita. Lei (Marin Ireland, affermata attrice di teatro - è stata nominata al Tony Award per Reasons to be pretty - ma anche di televisione e cinema, la ricordiamo per Io sono Leggenda, Rachel sta per sposarsi e The Manchurian candidate) è una responsabile marketing e contabile, apparentemente fredda e calcolatrice, sostanzialmente più concreta e realizzata del suo amante. Si incontrano in un hotel, lui fa colpo, fanno sesso. Poi si incontrano di nuovo al bar, e basterà una cheesecake per sciogliere l’imbarazzo della casualità e finire di nuovo sotto le lenzuola. L’affinità è alta, il rapporto piacevole, la giovinezza spregiudicata consigliera: i due decidono di avvisarsi per ogni viaggio di lavoro che faranno, nel tentativo di incontrarsi in hotel e avere ancora una notte di sesso. Portando avanti, parallelamente, la propria ordinaria esistenza: fidanzata e scrittura creativa per lui, lavoro da pescecane e marito per lei. Inizia come uno scherzo e sembra proseguire come semplice vizio, eppure alle ripetute promesse di non farsi vedere mai più da parte di lei, segue sempre e comunque un ritorno sui passi, un incontro a New York, Los Angeles, Atlanta o chissà dove. Il film è questo: una coincidenza che fa crescere una relazione diversa, “sotterranea”, attraverso gli anni e durante 28 incontri in stanze di hotel.

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Ampiamente, spietatamente trascurato dalla maggior parte della critica, il film è tutt’altro che un lavoretto. Oscilla come un trapezista tra la commedia e il registro drammatico, ci allieta con quella stuzzicante sorpresa del “cosa succederà dopo?”, i personaggi sono solo due (accreditati; in realtà c’è un terzo attore, comparso brevemente nella scena al bar) e hanno consentito al regista e sceneggiatore Matt Ross di dedicarvisi al 100%, scolpendoli con scrupolo, ma lasciando anche zone d’ombra, appena abbozzate. Godibili le loro conversazioni, la piacevolezza dei loro incontri ma anche il turbamento, le inquietudini e le domande che crescono con l’andare degli anni e il susseguirsi degli incontri, rendendo questo lungometraggio un affascinante mix tra un Coffee & Cigarettes e un film di Agnés Varda. I dialoghi e la dosatura delle scene-siparietti nelle 28 diverse stanze sono ammirevoli, contribuendo soprattutto a creare un primo livello di innegabile divertimento e intrattenimento. Dischiude tuttavia ulteriori livelli: l’incontro lussurioso e adulterino che cresce, si fa più stretto e divora le zone d’ombra dei protagonisti, diventando un interrogativo ossessivo, un ibrido tra il mondo degli amanti e una relazione più profonda. Il valzer degli incontri creerà un inevitabile affetto, sottomettendosi alla chimica e al feeling empatico, facendolo crescere fino a trasformarlo in una forma incerta, nutrita di rancoroso sentimento, di gelosia, di legame viscerale. Come e se esiste un futuro per quest’ipotetica coppia, là fuori nel mondo, non è dato sapere, perché il film non esce mai dall’hotel. E’ a suo modo claustrofobico, lontano dalla giungla crudele del mondo che vizia i legami ed esaspera i sentimenti. Il fulcro non è la coppia in senso stretto, quando piuttosto l’omissione: le grandi ellissi tra i numerosi incontri, il passaggio da un’età di entusiasmo giovanile, di successo sul lavoro, alle prime orme di cinismo e di grandi dubbi sulla vita, alle responsabilità che si vogliono stemperare nella possibilità, chiusa e celata ma pur sempre esistente, di una relazione con lui/lei. E l’un l’altro si proiettano addosso i propri reciproci timori, gli errori, le paure, le speranze. Facile pensare che la loro sia una coppia perfetta, circoscritta in quello spazio e tempo isolati e rarefatti, meno facile trovare il coraggio per portarsi fuori e vivere alla luce del sole, consci che quella grande ancora di salvataggio forse non servirà.

28 Hotel Rooms Pregevole prima prova di Ross sul grande schermo, presentata al Sundance e approdata anche a Torino, 28 Hotel Rooms - uscito negli Stati Uniti il 9 novembre 2012, ma ancora non si sa niente su un’eventuale distribuzione italiana - è un film piacevole, godibile, più profondo di quel che si possa pensare, pur lasciandosi andare alle formule tipiche del genere e accondiscendendo differenti cliché, non di rado tuttavia per giocarci sopra. Auspicando una data d’uscita italiana, anche consapevoli dell’opportunità che potrebbe avere una storia come questa al box-office nostrano, segnatelo in watchlist.

7

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