2 gran figli di... La recensione della commedia con Owen Wilson ed Ed Helms

Arriva anche in Italia il nuovo film di Lawrence Sher, titolo di equivoci e svolte telefonate tra risate regalate con il contagocce.

2 gran figli di... La recensione della commedia con Owen Wilson ed Ed Helms
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Non fosse per il buon senso di concedere il beneficio del dubbio a ogni progetto in uscita, già dal titolo 2 gran figli di... si presenterebbe come una delle commedie più evitabili dell'anno. In questo caso come in quello di Fottute, vincitore dell'immaginario Premio Peggior Traduzione di un Titolo 2017, la colpa di un tale scempio made in traslation è causa di una malnutrita sfiducia nell'intelligenza di gran parte del pubblico pagante, oltre che di un insano senso dell'umorismo, ma tant'è. Father Figures diventa allora da noi un "simpatico" insulto smorzato, così da definire in modo del tutto particolare una storia che effettivamente vede al centro di tutto due figli cresciutelli e una mamma abbastanza lasciva in giovane età, nei folli anni '70, quando si pensava solo a fumare erba e fare sesso. Ma non fraintendete: il film sarebbe stato comunque evitabile anche se tradotto in modo letterale.

Dove sei, papà?!

Dicevamo: due figli, Kyle (Owen Wilson) e Peter (Ed Helms) Reynolds, e una mamma, Helen (Glenn Close). Il primo è un ottimista sfegatato al quale la Dea Fortuna ha sorriso molto presto nella vita, facendolo diventare inaspettatamente l'immagine di una famosa salsa BBQ hawaiana, mentre il secondo, separato e un po' depresso, è uno stimato proctologo. Non che si nasca con l'aspirazione di tastare prostate e prevenire tumori, ma per Peter quella è stata da sempre la sua grande aspirazione, così da onorare la memoria del padre morto proprio di un cancro al colon... o almeno questo era quello che aveva sempre creduto. Interpretata infatti da una simpaticamente fuori luogo Glenn Close, la madre aveva sempre raccontato frottole sulla vera identità del padre, compresa quella sulla sua morte. Una volta scoperta la verità, questi due fratelli così diversi ma entrambi di buon cuore si metteranno alla ricerca del loro vero genitore, in una grande caccia all'uomo che li porterà come prima meta a casa di Terry Bradshaw, leggenda del football americano tra l'altro interpretato da se stesso. Dalla villa sulla spiaggia di Miami della star Peter e Kyle attraverseranno poi mezzo paese per conoscere il padre, nei cui panni identificheranno erroneamente anche un ex-finanziere di Wall Street senza scrupoli con il volto di J.K. Simmons, un attore talmente versatile da riuscire a funzionare in qualsiasi ruolo interpreti. E qui non fa differenza, dato che lungo le quasi due ore di film la parte centrale con lui protagonista è forse la più riuscita e divertente, anche se forse bisognerebbe dire semplicemente più fruibile, data una generale mancanza di verve e simpatia che affligge la commedia per la sua intera durata. Il problema è che 2 gran figli di... non sa esattamente cosa essere, se rilassata dramedy di seconda mano o comedy demenziale di primo pelo, lasciando così spazio a un'incertezza di fondo nei toni che rompe già in partenza la possibile costruzione di un equilibrio formale. In mezzo a una riflessione abbastanza basilare sulla famiglia e sui rapporti fraterni si nascondono allora battute talmente telefonate, infantili e imbarazzanti da lasciare spiazzati, occhi sgranati verso lo schermo con la voglia di alzarsi silenziosamente e andare via.

Emblematica la parte di Ving Rhames nei panni di Rod Hamilton, il cui unico scopo nel film è fare la voce al cult di Robert Redford per definire mamma Helen come "la donna che sussurrava ai peni", per poi ritirare tutto una volta scoperta l'identità dei fratelli come farebbe un bambino mascalzone di 6 anni messo davanti alle sue responsabilità. Questo per tacere di un'altra prova attoriale che irradia inutilità, quella di Christopher Walken, il cui unico pregio è mostrare almeno un gatto su schermo, forse uno dei momenti più alti del film in quanto a demenzialità, anche se con i gatti, si sa, si vince davvero facile.
E per non farsi mancare nulla, in conclusione ecco un plot twist che arriva un po' di sorpresa a risollevare almeno le sorti di un road trip fin troppo scontato, anche se mai soporifero. Alla fine si esce dalla sala con la bocca paralizzata in un sorriso isterico, formatosi in 113 minuti di attività muscolare facciale dove la grande assente è stata però la risata, soppressa come i gatti nell'ambulatorio di Walken.

Father Figures In bilico tra rilassata dramedy di seconda mano e commedia demenziale di primo pelo, il film di Lawrence Sher soffre troppo di una scrittura assolutamente poco divertente e ricca di riflessioni su famiglia e rapporti fraterni davvero basilari, semplici. La chimica di Owen Wilson ed Ed Helms non aiuta purtroppo a risollevare le sorti di un film nato sbagliato, dove a resistere è solo un sorriso che non lascia mai spazio alla risata o un sospiro che non sfocia mai in commozione. Il divertimento è marginale, l'approfondimento psicologico abbozzato e prevedibile, le situazioni telefonate e spesso davvero infantili. Il consiglio? Se potete evitateli questi 2 gran figli di...

4.5

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