Recensione 13 Assassini

Arriva in Italia il Samurai-movie di Takashi Miike

Recensione 13 Assassini
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Arriverà anche nelle sale italiane, grazie a Bim Distribuzione, 13 Assassins, il film di Takashi Miike presentato allo scorso festival di Venezia. Ed è incredibile che sia la seconda pellicola del maestro nipponico a essere distribuita nelle sale del nostro paese nel giro di pochi mesi (precedentemente è toccato a Yattaman - Il film), segno, forse, di un cambio di tendenza verso la cinematografia orientale e di apprezzamento per uno dei più geniali autori del Cinema odierno. In questo caso alle prese con un remake di un altro classico della Settima Arte proveniente dal giappone, e cioè l'omonimo capolavoro di Eiichi Kudo, datato 1963. Miike non è certo nuovo ai remake, basti pensare al riuscito rifacimento di un altro caposaldo come Graveyard of Honor, ma è bensì insolito vederlo alle prese con atmosfere prettamente epiche come in questo caso. Ma per il Tarantino d'Oriente, come viene soprannominato, niente è impossibile.

I tredici samurai

Il Giappone è costretto ad osservare l'ascesa al potere del crudele Lord Naritsugu (Gorô Inagaki), fratello dello Shogun. Il coraggioso ed esperto samurai Shinzaemon Shimada (Kôji Yakusho) riceve segretamente l'incarico di ucciderlo. Il guerriero sceglie undici uomini (a cui in seguito si aggiungerà un simpatico brigante) che lo accompagnino in questa missione suicida. Ma Naritsugu è protetto e consigliato dallo scaltro Hanbei (Masachika Ichimura), amico - rivale di Shimada, che ha deciso di rimanere fedele allo shogun. I tredici samurai trasformano un piccolo villaggio che si trova sul tragitto di Naritsugu in una vera e propria trappola mortale, avventurandosi in una missione improba. Che diventa praticamente suicida quando il numero di uomini a disposizione del Lord aumenta inaspettatamente le proprie fila, arrivando a circa due centinaia di soldati. La battaglia è pronta a cominciare.

Graveyard of Honor

Miike realizza un avventura dal sapore leggendario, che omaggia più volte maestri del genere come Akira Kurosawa e lo stesso Eiichi Kudo, non disdegnando anche qualche breve, folle, sprazzo del suo Cinema. Basti vedere la cruda scena in cui viene mostrato il corpo di una donna, ridotto a una sorta di larva dopo l'amputazione di braccia e gambe da parte del crudele Naritsugu. Ma è soltanto una piccola libertà che ben presto lascia lo spazio al pathos della battaglia nella sua concezione più mitica del termine. Dopo una prima parte introspettiva, atta ad introdurre lo scopo della missione e i suoi protagonisti, inizia lo spettacolo puro. Il villaggio luogo dell'incredibile scontro diventa luogo di morte e di gloria, dove roboanti esplosioni e piogge di frecce cominciano ben presto ad inondare lo schermo con tutta la loro potenza visiva. Ingegno visivo e logistico che permette ad improvvisate mura di trasformarsi e plasmare il campo belligero come una sorta di implacabile puzzle che conduca infine la giustizia a trionfare. Spade che fendono l'aria, sangue che sgorga copioso dalle ferite, cariche di mucche infuocate (Miike ci regala anche questo) ed eroiche dipartite per lunghi minuti di grande Cinema. Una carneficina di emozioni che non lascia tregua allo spettatore, non gli concede un attimo di tregua né il tempo di un respiro, intenti a sospirar o meno per la sopravvivenza dei "nostri eroi". La stessa facilità con cui i corpi cadono a terra, pur in numeri di svantaggio così elevati, deve far comprendere al meglio il senso metaforico che si nasconde dietro a questa stoica battaglia, che è si tra i tredici samurai e l'esercito di Narigatsu, ma che li vede a rappresentare in una concezione superiore il valore del Bene e del Male che da sempre convivono nella cultura giapponese. Le inquadrature fotografano al meglio l'insieme delle singole sfide, siano queste singole o realmente di massa laddove si trovano rapporti di uno a dieci, o ancor peggio. In questo caso è perfetta la sincronia dei duelli, dove decine di comparse si trovano in spazi limitati a dar filo da torcere ai protagonisti. Tra i tredici guerrieri del titolo, alcuni emergono più di altri, anche per precise scelte narrative: se la logica impone che Shimada e suo nipote Shinrouko (un bravo Takayuki Yamada) abbiano un peso maggiore rispetto agli altri, è irresistibile il folle brigante dal cuore infranto Koyata (Yûsuke Iseya) che ricorda in più passaggi la figura di Kikuchiyo interpretata da Toshiro Mifune nel masterpiece I Sette Samurai.

13 Assassins 13 Assassins è un massacro cinematograficamente imponente. Azione spettacolare legata saldamente a una sottoveste epica trascinano per oltre due ore senza alcun calo di tensione, e con qualche schizzo di pura follia che chi ama il Cinema di Takashi Miike non potrà che adorare. Un'opera maestosa e avvincente, su cui le mirabolanti coreografie sono soltanto l'espressione di un ideale, di Cinema e di libertà, ben più profondo.

8

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