Intervista Turner: Marion Bailey

Interprete fidata per Mike Leigh, la Bailey ci racconta la sua esperienza nel suo ultimo film

Intervista Turner: Marion Bailey
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Da questa settimana è al cinema Turner, il nuovo, bellissimo film del maestro Mike Leigh, dedicato alla figura del grande pittore inglese William Turner, che sullo schermo ha il volto di un eccellente Timothy Spall (ricompensato, per la sua interpretazione, con il premio come miglior attore al Festival di Cannes e con lo European Film Award). Co-protagonista della pellicola è l’attrice britannica Marion Bailey, una veterana del cinema, del teatro e della televisione, nel ruolo di Sophia Booth, la locandiera che per vent’anni sarebbe stata l’amorevole compagna di vita di Turner, fino alla morte del pittore. Oltre alla nostra intervista con Mike Leigh (la trovate qui), in occasione dell’uscita del film abbiamo incontrato anche Marion Bailey, fedele collaboratrice del regista da più di trent’anni (e da lui diretta in film quali Tutto o niente e Il segreto di Vera Drake). Marion ci ha parlato della sua esperienza sul set di Turner ma anche di molti altri argomenti, inclusi i suoi prossimi progetti e il rapporto fra cinema e politica.

Nei panni di Sophia

Signora Bailey, come avete lavorato con Timothy Spall per calarvi nei vostri personaggi e creare un’alchimia fra voi?
Sophia Booth è stata per vent’anni l’amante di Turner; oggi diremmo che era la sua compagna, benché Turner avesse sempre mantenuto segreta la loro relazione. Mike ci ha fatto improvvisare parecchio durante le prove, per poi far evolvere l’alchimia fra noi attori, ma l’improvvisazione finiva nel momento in cui si azionava la macchina da presa. Il modo in cui i due personaggi si innamorano appare sincero e spontaneo, perché la signora Booth era sola, essendo da poco rimasta vedova, mentre Turner aveva da poco perso suo padre: abbiamo creato quindi le basi per far sbocciare il loro rapporto.

Lei ha lavorato molto spesso con Mike Leigh: come si è sviluppato il vostro rapporto professionale?
Io e Mike ci siamo incontrati nel 1980 per un lavoro teatrale: ogni progetto con lui è leggermente differente, ma le basi sono sempre le stesse. Nel caso di Turner, la differenza risiedeva nel fatto che avrei dovuto interpretare una donna realmente esistita, mentre in genere Mike non ti dice granché sul tuo personaggio. Compio sempre molte ricerche per interpretare un ruolo, che sia reale o inventato, e per Turner ho letto numerose biografie sul pittore; su Mrs. Booth invece non si sa molto, quindi io e Mike abbiamo avuto la possibilità di lavorare sul personaggio e costruirlo man mano. Dal punto di vista creativo, comunque, alla fine il processo è rimasto identico. È meraviglioso far parte di un gruppo del genere. Con Timothy Spall avevamo già recitato insieme in una serie Tv, in cui io interpretavo il ruolo di sua moglie: è un attore straordinario, e calarsi nella parte di Turner è stata una vera sfida, si tratta di un’icona della cultura inglese. Timothy ha anche imparato a dipingere, ed è un pittore bravissimo: ci sono state varie esposizioni dei quadri che ha realizzato mentre si preparava al ruolo di Turner.

Una delle sequenze più emozionanti nel film, verso il finale, è l’inquadratura di Sophia che pulisce una finestra, con un’espressione di grande armonia dipinta sul viso: come ha affrontato questa sequenza?
Nel film, volevo realizzare il ritratto di una donna forte, indipendente e molto equilibrata, analfabeta ma con una profonda sensibilità. Quel giorno ero sul set per girare un’altra scena e, nell’attesa, Mike mi ha proposto di girare una sequenza mentre Sophia pulisce la finestra, in modo che esprimesse un senso di pace. In quel momento lei è in lutto, ma che sensazione incredibile dev’essere stata trovarsi accanto a uno degli artisti più straordinari di quell’epoca. Penso che lei si sia goduta la sua vita con Turner, e abbia avuto l’opportunità di vedere il suo lato migliore, al di là del carattere chiuso e burbero: quello di un uomo generoso e di grande spirito.

Tra passato e futuro

Tra i suoi film con Mike Leigh, a quale è rimasta più legata?
Non saprei, è una scelta difficile. Forse Meantime, un film per la Tv del 1984; a quell’epoca l’industria cinematografica britannica era molto debole, ma appena pochi anni dopo i lavori di Leigh sarebbero approdati finalmente al cinema. Ho amato girare Meantime e ho amato il mio personaggio, e il film è diventato un cult underground: ancora oggi le persone se ne ricordano e mi fanno i complimenti per quella pellicola! Era un film realizzato nel pieno spirito anti-Thatcher.

Oggi si respira ancora quello spirito di attivismo e di impegno politico?
L’attivismo esiste ancora, sebbene in forme diverse, per esempio oggi passa attraverso l’uso di internet. Gli Anni ’80, per la mia generazione, hanno segnato una fase di disperazione dopo un lungo periodo di ottimismo, negli Anni ’60 e ’70, riguardo il nostro futuro. Le nostre speranze per una società più equa, più giusta e più libera sono state infrante negli Anni ’80, un periodo rappresentato soprattutto da Margaret Thatcher, e questo ci ha scioccato e spezzato il cuore. All’epoca abbiamo perso quella guerra; ma sono ottimista, credo che si debbano riporre grandi speranze nella nuova generazione, benché i giovani di oggi abbiano molti più ostacoli rispetto a noi.

Quali sono i suoi prossimi progetti dopo Turner?
Dopo aver finito le riprese del film, ho recitato a teatro in uno spettacolo intitolato Handbagged (ovvero “borsettata”), in cui ho interpretato il ruolo della Regina Elisabetta e in cui viene descritto il suo rapporto con Margaret Thatcher. Ora invece sto girando una nuova serie Tv, The Trials of Jimmy Rose, fra l’altro accanto a Paul Jesson, che in Turner ha la parte del padre del pittore.

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