Ryan Coogler incontra il pubblico di Cannes, fra racconti di giovinezza e futuro

Il regista di Black Panther ha incontrato giornalisti e studenti al Festival di Cannes 2018, raccontando della sua giovinezza ma anche del suo futuro.

Ryan Coogler incontra il pubblico di Cannes, fra racconti di giovinezza e futuro
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Quando nel 2013 ha conquistato il Gran Premio della Giuria e il Premio del Pubblico per il miglior film drammatico per Fruitvale Station, al Sundance Film Festival, Ryan Coogler era un ragazzo di appena 27 anni. Timido, introverso, nonostante la sua corporatura sontuosa, ha iniziato a muovere con delicatezza i passi in un mondo complicato come quello di Hollywood, arrivando a dirigere Creed - Nato per combattere e mettendo sotto nuova luce la storica saga di Rocky - cambiando totalmente il punto di vista del racconto e diventando definitivamente un importante simbolo della comunità di colore americana. Parliamo di una minoranza etnica trovatasi molto spesso a gridare senza alcun megafono, senza qualcuno che amplificasse la voce di un disagio, di un bisogno costante di attenzioni. Questo percorso ha portato il giovane Ryan, che compirà 32 anni a breve, nel gigantesco universo cinematografico Marvel, all'interno del quale ha potuto dirigere un'opera andata ben oltre il cinecomic classico, diventando un vero spartiacque dei tempi. Parliamo ovviamente di Black Panther, film in grado di sfiorare il miliardo e 400.000 dollari in tutto il mondo e di spingere il regista di Oakland al Festival di Cannes ora in corso, dove ha tenuto una masterclass sul filo dei ricordi.

Un'ottima infanzia

Davanti a lui una platea insolita e quanto mai variegata, assolutamente inedita nella nostra esperienza festivaliera. Oltre i giornalisti e gli appassionati, il giovane Ryan ha voluto fra gli ospiti 60 studenti di diverse nazionalità che lo hanno accolto con grande calore al grido Wakanda Forever. "Devo davvero ringraziarvi di essere qui, questo incontro è molto importante per me, è la prima volta che affronto una platea fuori dagli Stati Uniti, non sono mai stato a questo grande Festival, mi state dimostrando davvero un affetto fuori dal comune" ha detto un emozionato Coogler. Coogler che ha rotto il ghiaccio parlando della sua famiglia, della sua prima giovinezza, arrivando passo dopo passo alla realizzazione della sua opera più grande, Black Panther appunto. "Devo tantissimo ai miei genitori per come sono adesso, ho avuto un'infanzia abbastanza felice rispetto a tanti miei amici cresciuti senza un padre. Sono stati proprio loro a portarmi al cinema da piccolo a vedere film come Malcolm X, Boyz n the hood - Strade violente, mio padre poi amava tutti i blockbuster d'azione più esagerati. Penso ad action con Steven Seagal, Sylvester Stallone, ricordo che si emozionava guardando Rocky. È stato proprio lui a darmi l'ispirazione per Creed quando si è ammalato, posso dire senza vergogna che il rapporto con mio padre è stato fondamentale, mi ha segnato tantissimo. Mia madre invece è una donna più delicata, raffinata, dalla grande memoria cinematografica. Lei mi ha fatto vedere film immortali come Il Fuggitivo, Gli Intoccabili, Il Padrino, poi tornato a battere nella mia memoria per la realizzazione di Black Panther. Mia madre è capace di vedere un attore in TV e nominare gran parte dei film che ha fatto, diciamo che tutte le donne della mia famiglia sono state fonte d'ispirazione nella mia vita, simboli autentici di coraggio e forza."

Il Padrino e Black Panther

Il buon Ryan ha dunque nominato Il Padrino accostandolo al cinecomic Marvel con protagonista la Pantera Nera, cos'è che unisce i due progetti? "Il film di Francis Ford Coppola mi ha aiutato tantissimo a costruire il mondo attorno a Black Panther. La prima volta che ho parlato a tavolino con la Marvel i produttori volevano trarre ispirazione dai film di James Bond, personaggio che fra le altre cose amo alla follia (in particolare adoro Casino Royale e Missione Goldfinger, con uno Sean Connery pazzesco). Ho pensato però che l'agente britannico non fosse adatto al 100%, ho immaginato il mondo attorno a T'Challa come parte di un crime movie, con questo protagonista senza un padre e a capo della sua intera famiglia rintanato in un luogo segreto. La struttura e le atmosfere de Il Padrino erano perfette per le idee che avevo in testa, anche se accostare le due opere può sembrare folle a posteriori. Volevo poi che Black Panther fosse un film 'africano' a 360 gradi, motivo per cui mi sono aiutato con le musiche. L'aspetto del sonoro è fondamentale per me, nutro una passione quasi scellerata per il sound design, nata ai tempi degli studi. Ogni suono dev'essere realistico, credibile, visivamente puoi attribuire una scelta stilistica a tutto, se il sonoro invece appare finto, mal bilanciato, il pubblico non crede più a niente e l'intera esperienza viene distrutta."

Michael B. e Chadwick

Certo un regista potrebbe ben poco senza degli attori ben selezionati e Ryan Coogler deve molto della sua carriera a Michael B. Jordan e Chadwick Boseman. "Con Michael ci conosciamo dai tempi di Fruitvale Station, stavo facendo i casting per il film e nello stesso periodo avevo iniziato The Wire, ho capito subito che lui sarebbe stato perfetto. Quando ci siamo conosciuti sono stato ancora più sicuro di lui, siamo cresciuti in due posti diversi ma abbiamo moltissimo in comune. Poi durante la lavorazione ho iniziato a parlargli di Creed e mi ha supportato a pieno, anche se non posso dire lo stesso di Sylvester Stallone (ride e fa ridere il pubblico). La prima volta che ho parlato a Sly del progetto mi ha detto subito di no, ma ero esordiente all'epoca, quando sono tornato dopo l'uscita di Fruitvale Station ha accettato. Sly è un personaggio leggendario, un creativo a tutto tondo, può essere nello stesso momento un produttore, un regista, un attore, non sai mai quale parte di lui ti stia parlando. Ho imparato molto da lui, ho cercato di assorbire ogni insegnamento, ha un'esperienza incredibile nel settore. Con Chadwick invece abbiamo iniziato a parlare di Black Panther mentre ancora stavo lavorando a Creed. La notizia della mia regia non era ancora uscita, ci siamo incontrati in assoluto segreto, ha raggiunto la mia camera con fare da ninja ed è stato un rendez-vous eccezionale. Chadwick mi ha dato davvero tutto per questo progetto, ha persino recitato con accento africano, nonostante abbia poco più di 40 anni sembra abbia la saggezza di un uomo vissuto, mi ha donato tantissima forza fuori e dentro il set."

Dal fumetto allo schermo

Da Fruitvale Station a Black Panther dunque, dalla cronaca drammatica al cinecomic, cosa pensa Ryan Coogler dei fumetti? "Ho un cugino più grande di me di sette anni, un appassionato sfegatato di fumetti, li ho scoperti proprio grazie a lui. Leggendo storia dopo storia però mi sono accorto che tutti i più grandi eroi erano bianchi, mi sono stufato abbastanza presto, finché non ho scoperto Black Panther, un incontro fulminante per me. Ho provato a portare le sensazioni che mi regalava il fumetto anche nel film, che a conti fatti è molto più che un cinecomic. Abbiamo scherzato con le barriere culturali annientandole, abbiamo usato diversi slang, inoltre ho visitato davvero l'Africa per trarre ispirazione. Non ero mai stato nel Continente Nero ma lo sognavo da tutta la vita, ho vissuto da vicino il Sud Africa, ho scoperto che molte tradizioni sono in realtà molto vicine ad altre della mia famiglia americana. Cose che pensavo avessimo creato negli Stati Uniti ma che invece hanno radici ben più profonde come il bere la birra passandola di mano in mano. Dall'Africa ho preso anche la forza e la bellezza delle donne: una delle parti che più preferisco di Black Panther non ha T'Challa in scena, tutto è nelle mani dei personaggi femminili che addirittura lo salvano e lo riportano alla vita. Devo tantissimo alle attrici del mio cast, potevano benissimo essere le protagoniste." Chissà che non cambi qualcosa con Black Panther 2, con Ryan Coogler già confermato per la regia.

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