RomaFF12: Rosamund Pike e Scott Cooper a caccia di un nemico in Hostiles

Rosamund Pike e Scott Cooper inaugurano la 12a Festa del Cinema di Roma a caccia di un nemico da comprendere, non da combattere.

RomaFF12: Rosamund Pike e Scott Cooper a caccia di un nemico in Hostiles
Articolo a cura di

La prima regola per inaugurare un festival del cinema al meglio è sempre una, a Cannes, a Berlino, a Venezia come a Roma: avere almeno un nome di grido da dare in pasto al pubblico e la stampa. Il compito di inaugurare la Festa del Cinema di Roma 2017, la dodicesima edizione della manifestazione romana, è toccato a Scott Cooper e Rosamund Pike, rispettivamente regista e protagonista di Hostiles. Un'apertura con sfumature western, un film ambientato in un "non luogo" americano in cui l'uomo bianco è contrapposto al nemico per eccellenza dell'epoca, i nativi americani, rei di brutali aggressioni e morti ingiustificate. Parliamo infatti del 1892, i temi del film però possono tranquillamente essere traslati fino a noi, ai nostri giorni, visto l'aumento esponenziale del razzismo e della discriminazione razziale. Non soltanto nell'America di Trump, anche nella nostra Europa, dove i migranti occupano costantemente le prime pagine dei giornali e l'agenda politica dei governi. "Non è certo un segreto la spaccatura che stiamo vivendo" ha detto il regista Scott Cooper, che torna a Roma dopo Il Fuoco della Vendetta - Out of the furnace. "L'America sta vivendo una disgregazione culturale molto profonda, l'odio cresce di giorno in giorno ed è un grande sbaglio fomentare tutto questo. Ogni essere umano ha bisogno del confronto con gli altri, con le altre popolazioni, le altre culture. Gli americani che vivono sulle coste sanno bene quanto si possa guadagnare dal dialogo con altre culture, chi invece vive nell'entroterra tende ad isolarsi, a erigere delle barriere difficili da abbattere. Il capitano del film, che rappresenta l'esercito, è addestrato a odiare, è indottrinato, e l'unico scopo che ha nella vita è cercare un nemico, nel suo caso i nativi americani. La sceneggiatura però lo mette faccia a faccia con 'l'altro', nel lungo viaggio che compie capisce che in fondo il dolore è uguale per tutti, al di là di tutto."

Noi, ostili a noi stessi

Nel film Rosamund Pike è Rosalie Quaid, una donna che il destino ha deciso di punire in modo marcato facendole perdere un marito e tre figli, probabilmente il massimo dolore per un essere umano. Nonostante questo è una donna in grado di ascoltare, di osservare il mondo circostante, per questo motivo intraprendere un lungo viaggio con quelli che considera i suoi nemici, coloro che hanno distrutto la sua esistenza, alla fine la renderà più consapevole e matura. "Il mio personaggio combatte contro una perdita insopportabile, è difficile trovare uno scopo alla propria vita dopo una tragedia come la sua. Eppure pian piano impara a conoscere l'altro, si confronta con una madre nativa americana che in fondo alleva come lei gli stessi figli, e soffrirebbe allo stesso modo nel caso li perdesse. Non è una donna forte solo per il gusto di esserlo, per scimmiottare gli uomini, per usare le armi come loro o altro, è una donna che fa un percorso, cosa per cui non mi sono preparata ma che ho vissuto sul set scena dopo scena." Del resto è proprio questo il significato del film, o almeno il significato che Scott Cooper ha inserito fra le righe: "Vorrei che chi veda il film iniziasse un dibattito sulla comprensione, condividesse le sue esperienze e non avesse paura di conoscere l'altro, chi considera diverso. Non dobbiamo creare barriere ma ascoltare, se il film iniziasse un discorso di questo tipo fra la gente io avrei raggiunto il mio obiettivo. Dopo otto anni di amministrazione Obama, è come se gli Stati Uniti avessero fatto un passo indietro da questo punto di vista, ci stiamo incattivendo ed è la cosa peggiore che possiamo fare."


Il bisogno del nemico

Insieme a protagonista e regista anche un altro interprete è arrivato a Roma, Wes Studi, che rappresenta alla perfezione la comunità dei nativi americani nel film come fuori dallo schermo: "La mia figura è fondamentale per capire cosa provano e hanno provato i nativi nel corso della storia, hanno dovuto adattarsi al mondo che gli veniva costruito attorno. È però sbagliato ritenere che questi problemi appartengono ormai al passato, i conflitti razziali sono tristemente attuali, non dobbiamo dimenticare che come esseri umani abbiamo sempre qualcosa da imparare, è sbagliato avere la presunzione di ritenersi completi, definiti". Un mondo di pace è dunque davvero possibile? "Da Americani, ma succede anche ad altri Paesi del mondo, abbiamo da sempre il bisogno di avere un nemico, possono essere gli inglesi, gli spagnoli, poi i vietnamiti, i tedeschi, i coreani, non riesco a capire perché non si possa vivere insieme senza ricorrere alla violenza o scatenare guerre. Sono profondamente ottimista in questo, credo che l'uomo abbia qualcosa di grande dentro, un mondo diverso è alla nostra portata" ha concluso Scott Cooper. Se poi tutto questo lo si veicola con continui rimandi a John Ford e al cinema western classico americano, è probabile che il messaggio arrivi amplificato, o almeno si spera.