My Generation: la rivoluzione Swinging London secondo Michael Caine

In occasione dell'uscita al cinema di My Generation, abbiamo incontrato l'attore Micheal Caine, protagonista e ideatore del documentario.

My Generation: la rivoluzione Swinging London secondo Michael Caine
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Dall'esplosione della Beatlemania all'arrivo della minigonna: il Premio Oscar sir Michael Caine racconta la Swinging London nel documentario My Generation di David Batty, presentato alla Biennale e in sala dal 22 al 29 gennaio. Il fermento culturale e artistico della capitale britannica degli Anni Sessanta rivive in una serie di immagini e testimonianze che la leggenda inglese racconta con sapiente maestria e impeccabile spirito british. All'epoca l'attore, figlio di una cuoca e di uno scaricatore di porto, aveva appena iniziato la folgorante carriera che ha proseguito con collaborazioni illustri, da Vittorio De Sica (per Sette volte donna) a Laurence Olivier, con cui lavora ne Gli insospettabili (ne interpreta poi la parte nel remake con Jude Law) e in Quell'ultimo ponte. Ha alternato con disinvoltura drammi e commedie e di recente ha aggiunto una nuova nota pop all'incommensurabile curriculum nel ruolo del maggiordomo Alfred della trilogia del Cavaliere Oscuro di Nolan. Dal cameo in Durkirk al doppiaggio di Cars 2, sir Michael Caine continua a stupirci...

Cosa le viene in mente ripensando alla rivoluzione dei Sixties?
Abbiamo partecipato a un cambiamento... per il meglio ovviamente... e non potrei essere più orgoglioso di averne fatto parte. Quella libertà oggi è nelle mani di tutti e sta a ciascuno capirne cosa farci.
Un ricordo speciale?
Quando avevo 20 anni potevo permettermi solo il fish and chips al ristorante, ma gli italiani hanno rivoluzionato la faccenda perché lasciavano che noi squattrinati stessimo al tavolo fino a tardi, senza fretta. Alvaro's ci accoglieva sempre, sapeva cosa volesse dire far parte della working class.
Perché il documentario?
All'epoca non avevo un quattrino e cercavo la mia strada, ma è stato bello tornare indietro a quei tempi e raccontarne gli incredibili protagonisti che ho avuto il piacere d'incontrare.
In cosa si considera "vecchio stile" e in cosa si tiene al passo con la tecnologia?
I cambiamenti mi piacciono - come dimostra il telefonino che ho in tasca e che ho imparato a usare - e me la cavo piuttosto bene con le novità, ma sui film resto un po' all'antica e non mi piace vederli su schermi piccoli come l'iPad.

L'ultimo film che l'ha colpita??
La La Land, non c'è dubbio.
Se potesse essere ricordato per una cosa in particolare, quale vorrebbe che fosse?
L'aver cercato di essere l'attore migliore che potessi diventare, non dico in assoluto e in competizione con gli altri. Di solito non mi piacciono i paragoni, considero i colleghi come parte della stessa comunità e per me sono tutti uguali.
È la più grande lezione imparata nella vita?
Certo. Mio papà era cattolico, mamma invece protestante e mi hanno educato a non fare distinzione di alcun genere. Ho una moglie musulmana e sono stato cresciuto da ebrei.
È religioso?
Credo in Dio, ma solo perché la mia vita è una prova della sua esistenza.
Si è sentito mai ribelle?
Quando sono cresciuto c'erano regole di classe ben precise, ad esempio come esponente della working class non avrei mai potuto fare l'attore e invece eccomi qua. Quello che invece accomunava tutti, all'epoca, era lo sport, che non conosceva distinzioni di status, infatti praticavo il football e avrei anche potuto diventare professionista, se avessi voluto.
Non sembra prestare attenzione all'opinione altrui.
Non me importa niente, infatti, perché non sento di dover provare qualcosa a nessuno.

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