Luc Besson presenta a Roma Valerian e la Città dei mille pianeti

Il regista francese era a Roma per la presentazione del suo nuovo film in uscita il 21 settembre nelle nostre sale. Ecco cosa ci ha raccontato.

Luc Besson presenta a Roma Valerian e la Città dei mille pianeti
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A guardarlo solo esteriormente, Luc Besson (classe 1959) sembra un bambino troppo cresciuto con i capelli brizzolati e una t-shirt informale che sbuca dalla giacca blu. Sul volto ha stampato un sorriso dolce, quasi paterno, di chi non ha più nulla da dimostrare e ancora tanto da raccontare; come le curiosità sulla genesi e la lavorazione del suo ultimo film, Valerian e la città dei mille pianeti, presentato alla stampa italiana, che arriverà nelle nostre sale il prossimo 21 settembre. C'eravamo anche noi all'incontro nell'elegante sala Torlonia dell'Hotel De Russie in pieno centro a Roma: di seguito trovate il resoconto della piacevole chiacchierata in compagnia del regista francese.

"Dedico questo film a mio padre"

Non tutti sanno che alla base del progetto legato a Valerian ci sia un sogno tenuto nel cassetto fin da piccolo. "Non che allora fossi già consapevole di quello che avrei fatto da grande, ma è grazie a mio padre che ho conosciuto il fumetto originale e mi sono appassionato alla storia. A lui infatti dedico il film, che è scomparso durante le riprese e non ha potuto vederlo in tempo. Sono convinto che lassù sarà in grado di godersi lo spettacolo anche senza occhiali 3D, magari insieme a David Bowie". L'età non è più la stessa, eppure Besson dichiara di leggere ancora molti fumetti, conservando lo spirito fanciullesco pur dimostrandosi maturo quando si tratta di lavoro. E famiglia. "Sento spesso dire che i giornalisti mi reputano troppo infantile. Non penso di esserlo, anzi, provate voi a gestire per quattro anni un film di questa portata o a essere padre di cinque figli (ride)". Come diceva qualcuno, "Il bambino è il padre dell'uomo".

Omaggio al grande cinema di fantascienza, Valerian e la Città dei mille pianeti è l'adattamento della graphic novel di Pierre Christin pubblicata nel 1967 Valerian e Laureline, nel film interpretati da Dane DeHaan e Cara Delevingne. Due giovani promettenti della scena internazionale scelti "perché nonostante l'età, sono bravissimi attori. Sentivo il bisogno di rinnovare il parterre che solitamente vediamo in questo genere di pellicole, con volti sempre uguali da anni. Ho voluto fare come nello sport, un ricambio generazionale". Ed è nuovo anche il volto di una speciale guest star, Rihanna, che in Valerian ricopre un ruolo per Besson fondamentale: "Il suo personaggio è Bubble, già presente nel fumetto, e rappresenta in tutto e per tutto la capacità che un attore ha di trasformarsi ogni volta. Questo provoca in lei un senso di sofferenza perché trasformandosi si ritrova priva di un'identità".

"I cinecomic? Uno uguale all'altro"

Ma come nasce l'idea visiva di Valerian, vero fiore all'occhiello della produzione? Dopo una salutare "disintossicazione" dai precedenti titoli di genere ("quando decidi di girare un film così, devi chiudere con il passato e non pensare a ciò che è stato fatto", ha confessato il regista), Besson ha indetto due diversi concorsi al fine di selezionare un totale di dodici artisti provenienti da ogni parte del mondo che avrebbero contribuito al processo creativo. "Ai primi sei non ho consegnato neanche uno stralcio di sceneggiatura, e sono venuti fuori idee completamente folli. Agli altri invece, in possesso di qualche informazione, spettava chiudere questa sorta di esplorazione creativa". Senza l'apporto della tecnologia però, e dell'incredibile progresso in campo digitale, il film non sarebbe mai esistito: "Se utilizzata nel modo corretto, non è necessariamente un limite ma un prolungamento della nostra libertà. I limiti veri non sono dettati dalla tecnologia che ci permette di fare tutto, ma dall'immaginazione". A tal proposito arriva una sentita, e non tanto velata, critica al sistema di produzione americano, con Besson che rimprovera i cinecomic di "essere un po' uno uguale all'altro, la proposta è sempre la medesima: c'è il supereroe, un cattivo alieno, etc. Potranno pure funzionare dal punto di vista economico, personalmente dopo venti minuti sono già annoiato".

E a chi dice che i suoi film sono forme di resistenza alla degradazione umana, lui risponde che "lottare contro questo fenomeno mi viene del tutto naturale, oserei dire istintivo". Magari attraverso la proposta di personaggi femminili forti, come quello rappresentato da Cara Delevingne in Valerian: "Le donne sono l'avvenire degli uomini. Se questi si difendono usando fisico e violenza, loro fanno ricorso a cuore e testa", o magari sollevando temi e questioni care al nostro tempo passato e presente. Ad esempio "il massacro di un popolo in nome della religione o del progresso, basti pensare ai nativi americani o agli Ebrei, parti di storia che non suscitano più interesse nei giovani. Questo film è anche per quei ragazzi, per i miei figli. Certo mi è costato un po' caro, 180 milioni (sorride), ma ne è valsa la pena".

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