Intervista Intervista a Richard Gere

Richard Gere premiato come attore al Festival del Film di Roma.

Intervista Intervista a Richard Gere
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Si potrebbe tranquillamente dire che ormai Richard Gere è un veterano del Festival Internazionale del Film di Roma ed è lui il primo a scherzare sulla cosa, sottolineando quanto l'Italia ci tenga alla sua presenza. Difficile dargli torto visto che quest'anno, per portarlo a calcare il tappeto rosso, si è dovuta riesumare la proiezione di un film come I giorni del cielo di Terrence Malick, distribuito nelle sale cinematografiche nel 1978, e un premio a Gere come attore... non alla carriera, ci teniamo a sottolineare, così da non far preoccupare l'attore che, con irriverente terrore, gioca sull'idea che questo tipo di premi vengano di solito consegnati a interpreti in fin di vita o comunque la cui carriera è ormai terminata. Richard Gere avrà anche 62 anni... ma la sua carriera sembra essere ancora lontana dalla fine, per la gioia di moltissime spettatrici da sempre ammaliate dal suo fascino da sex symbol cinematografico, che lui puntualmente nega di avere.
Ancora una volta l'eroe delle commedie romantiche anni Novanta si è concesso una chiacchierata con la stampa italiana, tra curiosità e progetti futuri.

Attore si, ma non troppo!

Che cosa significa ricevere questo premio per lei?
Amo Roma e amo l'Italia in generale, anzi credo che il primo premio in assoluto che io abbia ricevuto sia stato il David proprio per I giorni del cielo qui in Italia, quindi non posso che esserne felice e onorato.

Com'è cambiato il cinema dal periodo in cui ha girato I giorni del cielo?
Ho avuto la fortuna di fare film in una di quelle definite come le ere d'oro di Hollywood. Era un periodo in cui gli Studios erano pronti a rischiare e a puntare tutto su piccoli film indipendenti. Eravamo dei pionieri che si facevano strada nella giungla di Hollywood. Oggi invece siamo sommersi dai blockbuster e diventa sempre più difficile trovare i finanziamenti e le energie per le piccole produzioni.

Quali cambiamenti ha portato la filosofia zen nella sua vita e nel modo di lavorare?
Sin da quando ero giovane ho sempre creduto che tutti provino un certo disagio nei confronti dell'universo. Ci sono diverse strade per cercare di migliorare questa sensazione e il Buddhismo è solo una di queste, che mi ha colpito per diversi motivi. Noi esseri umani vediamo la realtà con scetticismo: siamo bombardati da diversi impulsi, visivi, olfattivi, tattili... e quello che percepiamo finisce per fuorviarci. Non posso dire di essere arrivato al risultato finale, ma sono sicuramente sulla strada giusta per andare oltre le menzogne dell'universo.

A distanza di tutti questi anni che impressione le fa rivedersi in questo film?
Quando ho fatto questo film avevo 26 anni, quindi sono passati tipo 36 anni. Da allora non l'ho mai più visto, anzi ho paura che quella che avete voi qui oggi sia una delle poche copie ancora in buone condizioni del film. Ci tengo a sottolineare che per me fare l'attore è solo un lavoro, non ho delle aspettative eccessive a riguardo. Quello che conta davvero per me è la vita. Ovviamente faccio del mio meglio quando recito, ma sono abbastanza umile a riguardo. Faccio tantissime altre cose e molte mi danno più soddisfazione del recitare. In più non sono uno di quelli che fa piani per il futuro e ancora oggi mi sorprendo quando ricevo delle proposte, soprattutto per ruoli che non avevo mai previsto di dover intraprendere.

Sarebbe propenso a lavorare come attore, regista o produttore a una sceneggiatura sul Tibet?
Ne ho lette tante e in genere non sono mai eccezionali. Quello del Tibet è un tema a cui tengo così tanto che divento molto più critico del normale. Comunque sono sempre molto disponibile ad aiutarli e infatti li ho sostenuti in molti documentari, anche prestando la mia voce per la narrazione.

Quali sono le sue priorità?

Al primo posto in assoluto c'è il rapporto con la mia famiglia. Anche i miei maestri, direi che sono sullo stesso piano. Poi ovviamente c'è anche la mia carriera. Devo molto a lei: mi diverte fare cinema, è un bel lavoro e in più mi da la possibilità di viaggiare e vedere molti posti.

Le è mai pesato essere considerato un sex symbol?
La storia del sex symbol di solito viene sempre fuori in conferenza stampa o comunque dalle parole dei giornalisti. Io non me ne sono mai reso conto, perché non è la realtà della mia vita. Faccio l'attore e vorrei che la gente si rendesse conto che questo è solo un lavoro e che le etichette, di qualsiasi tipo siano, non mi piacciono e non sono reali.

Ottimismo e famiglia

Lei ha sempre dimostrato un grande ottimismo nei confronti dell'esistenza: come è giunto a questa situazione e quanto è importante per lei?
Io ormai ho 62 anni e quindi posso permettermi di dire una cosa del genere: la realtà, ciò che siamo davvero, è amore e non rigidità. Tutto ciò che è sulla superficie provoca tanto dolore, ma non è alla base di ciò che siamo e quindi può tranquillamente essere eliminato. È come se fossimo in un incubo, dobbiamo solo trovare il modo di svegliarci.

Come si sente a riguardo dell'attuale situazione economica del mondo?
Siamo arrivati a questo punto per colpa di gente avida e irresponsabile che, ironia della sorte, è anche la stessa che proprio per questo ha fatto carriera. È un po' come essere stuprati, privati dei propri diritti. I potenti devono arrivare a capire che c'è l'esigenza di far parlare la gente, perché l'unico modo per fare progressi. E non solo, anche la gente dovrà cominciare ad ascoltare e rendersi conto che anche questa avidità può essere sconfitta.

C'è qualcuno tra le giovani leve del cinema che lei vede come suo possibile erede?
Credo che Ryan Gosling sia un attore straordinario... mia moglie lo adora!

Quale, tra i personaggi che ha interpretato, l'ha segnata maggiormente?
Tutti mi hanno lasciato qualcosa. A volte capita di interpretare dei personaggi negativi, che compiono azioni malvagie, e onestamente questo mi preoccupa. Ho chiesto al mio maestro se dovevo stare attento a quello che potevano lasciarmi dentro e lui mi ha confermato che un residuo minimo viene sempre rilasciato, perché il personaggio nasce da quello che c'è dentro di me, anche per quanto riguarda le cose negative. Ma è possibile imparare da queste esperienze e renderle positive.

Il cinema sta esplorando sempre più delle nuove tecnologie, come per esempio il 3D. Com'è il suo rapporto con la tecnologia nel cinema?
All'epoca di Cotton Club Francis Ford Coppola diceva che, se avesse voluto, avrebbe potuto creare un film con il solo uso del computer. Tutti abbiamo pensato che fosse pazzo! Ora il cinema è pieno di tecnologia che permette di fare qualsiasi cosa, ma serve sempre un attore, anche per essere usato solo come base. Alla fine, comunque, si tratta sempre di raccontare una storia ed è importante il modo in cui la si racconta. La tecnologia è divertente, ma relativa, perché cambia in continuazione. È la storia quella che resta.

Qual è oggi il suo più grande sogno da realizzare?
I miei sogni oggi sono tutti per mio figlio: ha 11 anni e tutta la vita davanti.

C'è qualche ruolo che si pente di aver rifiutato?
Devo ammettere di non avere dei grandi rimpianti e nella mia carriera non ho nemmeno rifiutato tantissimi ruoli. Si, a volte ho compiuto qualche errore, ma la vita mi ha dato molte occasioni. La verità è che non sappiamo mai cosa ci aspetta e non possiamo sapere cosa è giusto e sbagliato o dove quella scelta ci porterà.

In che momento ha capito che il Buddhismo era la sua strada?

Il Buddhismo è solo una delle strade che uno può perseguire. Il mio obiettivo è il raggiungimento della libertà e per me questa è la strada giusta per raggiungerla.

Sarebbe interessato a lavorare in TV?

Ci sono alcuni prodotti televisivi, come i film della HBO che sono straordinari. Hanno lo stesso costo di un film indipendente ma sono di grandissima qualità. Sarei ben felice di lavorare in televisione, se si trattasse di questi livelli.

E a fare il regista?
A me interessa anche andare sulla Luna! Credo che forse potrei fare il regista, ma onestamente mi fa paura poter dedicare tanto tempo a un progetto che poi potrebbe non andare in porto. In più al momento le mie priorità sono altre e non sono ancora pronto a rinunciare alla mia famiglia e ai miei maestri.

Sarebbe disposto a dirigere un film sul Dalai Lama?
Nessuno mi ha ancora mai proposto un film sul Dalai Lama. In ogni caso Martin Scorsese ha già fatto un ottimo film su di lui. Sarebbe interessante raccontare la sua storia dopo il 1959, l'anno in cui si è trasferito in India, ma nessuno mi ha ancora sottoposto una storia del genere. Siamo molto fortunati a vivere nella sua stessa epoca... sono convinto che nel futuro parleranno molto di questo periodo.