Intervista Inside Out: Pete Docter

Sei nomination e un Oscar meritatissimo: il regista di Monsters & Co. e Up arriva in Italia a presentare il nuovo capolavoro Disney - Pixar... e questa volta le emozioni che ci vengono mostrate sono le sue!

Intervista Inside Out: Pete Docter
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"Gioia" per essere al cospetto di una leggenda dell'animazione, Pete Docter, Premio Oscar per Up. "Paura" che il regista di Inside Out risponda alle domande con un semplice sopracciglio alzato. "Tristezza" che l'incontro sia finito troppo presto. "Rabbia" per non aver avuto accesso a tutte le emozioni 'scartate' prima di raccontare nel film le 5 'ufficiali'. "Disgusto" per quanti hanno avuto l'ardire di presentarsi all'evento senza aver visto il film, all'anteprima stampa o magari al Festival di Cannes o di Giffoni. Tutti questi sentimenti, sapientemente miscelati in un cocktail Disney-Pixar, sono diventati un fiume in piena durante la conferenza stampa della pellicola, in oltre 700 sale italiane dal 16 settembre. Con la camicia a scacchi, il sorriso stampato sul viso e lo sguardo curioso questo gigante (e non solo in senso metaforico, con i suoi 194 cm di altezza) alla corte di re John Lasseter ha condiviso aneddoti, omaggiato i grandi, ringraziato i collaboratori e aperto una finestra sul privato con i racconti della figlia Elie, oggi adolescente, musa ispiratrice delle sue pellicole.

"Tu chiamale, se vuoi..."

Come nasce l'idea di Inside Out?
Da mia figlia Elie, che somiglia alla protagonista almeno fino agli 11 anni, quando ha iniziato a mostrare i sintomi della pubertà chiudendosi in se stessa. Anch'io ho vissuto qualcosa di simile e ho deciso di portarlo in scena e di sottoporlo a John Lasseter, come faccio con tutte le mie idee. Alcune lo convincono, altre lo lasciano perplesso, questa di trasformare le emozioni in personaggi lo ha subito conquistato.

L'età dei bambini protagonisti sale di film in film, da Monsters & co ad Up, e ora siamo alle soglie dell'adolescenza...
Nulla ha avuto un'influenza maggiore sulla mia vita di quanto abbiano fatto i miei figli e attraverso i film ho elaborato non solo la loro crescita ma anche la mia... ora che sono cresciuti sarò fuori dai giochi?

Hai sempre pensato di dipingere l'animo umano come una fabbrica?
Assolutamente no, anzi ho immaginato vari scenari: prima ho immaginato la mente come un teatro, con palcoscenico e quinte, o come una nave, con la sala motori e il resto. Nessuna sembrava funzionare, ma poi abbiamo capito che questa sarebbe stata la metafora più forte per rappresentare qualcosa di astratto in maniera concreta, ricordando che non stiamo parlando del cervello, con vene, dendriti, cellule e via dicendo.

Quali emozioni avete "scartato"?
Tante, dall'orgoglio alla speranza, passando per lo schadenfreuden, quella gioia sottile rispetto al dolore altrui, ma ci sarebbe stato un affollamento eccessivo così abbiamo inserito in Gioia tutte le emozioni positive.

E i riferimenti?
Sono cresciuto con Tex Avery e Chuck Jones a cui ho voluto rendere omaggio. È attraverso il movimento che abbiamo espresso i sentimenti in maniera quasi caricaturale, andando oltre allo stesso corpo umano.

Che sia proprio Inside Out la summa di tutti i lavori Pixar?
Mi ha molto divertito un articolo che diceva che la Pixar ha continuato ad alzare il tiro. E se i giocattoli avessero sentimenti? E se le macchine avessero sentimenti? E se i sentimenti avessero sentimenti? È in effetti questo il nostro obiettivo: far arrivare le emozioni al pubblico. Per farlo rendiamo i personaggi ad un livello più cartoon esco rispetto agli altri film, forse ci siamo allargati come mai finora.

Le 5 emozioni del film ricordano un po' altri personaggi storici Disney...
John Lasseter mi ha detto che sarebbe stato un successo se fossimo riusciti a replicare la selezione dei 7 nani di Biancaneve, quasi una nostra versione della favola. L'idea era che avessero una loro personalità, con le proprie opinioni e idee. Il punto è che ognuno vuole essere felice, ma la vita prevede anche delusione e perdita ed evitarle come negative non aiuta ad affrontare le difficoltà dell'esistenza. Chi non vorrebbe un lieto fine da fiaba, come ci insegnano le pellicole disneyane? Eppure l'esistenza è molto più complessa di così.

Da dov'è nata la scena sulla spiegazione dei sogni?
Ci siamo divertiti a leggere Freud e Jung, che hanno raccontato come leggere le persone e capirne i meccanismi. Così, anche se non scientificamente accurato, abbiamo proposto un'idea pop del subconscio. La domanda è: da dove nascono i sogni? Abbiamo pensato possano essere frutto di un team di poche persone, con scarso gadget e un tempo minimo.
Inside Out ha chiavi di lettura a volte accessibili solo agli adulti. I bambini capiscono fino in fondo la complessità del passaggio dall'infanzia all'età adulta?
Quando eravamo a metà dell'animazione abbiamo fatto delle proiezioni di prova e i bambini ci hanno stupito, spiegandoci situazioni del film meglio di quanto avremmo potuto fare noi. Un collega della Pixar mi ha raccontato che suo figlio ha iniziato a prendere lezioni di nuoto ma si rifiutava di saltare dal trampolino. Dopo aver visto il film l'insegnante in piscina gli ha detto che il bambino si era tuffato subito. Allora gli ha chiesto cosa fosse successo e il piccolo ha risposto: "Mi ha guidato Paura". Insomma, non solo ha capito il messaggio ma l'ha messo subito in pratica.

Questo film sembra però creato ad hoc per i grandi. Come mai?
Perché, egoisticamente, se devo spendere 4 o 5 anni della mia vita su un progetto deve piacermi, insomma lo faccio per me... Il film ha molti elementi visivi per entrare in contatto con i bambini, ma conquisterà anche i grandi perché ci abbiamo messo l'anima.

Un'ultima curiosità: il topo stecchito era forse una strizzata d'occhio a Ratatouille?
Precisiamolo: il topo non è davvero morto, stava solo recitando, finge di esserci rimasto secco solo perché ci serviva un modo per far vedere che la casa del film era respingente. Ci siamo riusciti?

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