Intervista Her - Incontro col cast

Quattro chiacchiere con Spike Jonze, Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson e Rooney Mara

Intervista Her - Incontro col cast
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Almeno fino ad ora, Her è stato uno dei film più acclamati e apprezzati tra quelli in concorso nell’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. I motivi sono molteplici: una sceneggiatura brillante che riesce a divertire ed emozionare in modo intelligente, un cast dalle performance davvero buone, una regia intima e ben bilanciata. Davvero difficile non innamorarsi di questo piccolo gioiellino di Spike Jonze. L’entusiasmo per la conferenza stampa è tanto, soprattutto perché offre a tutti l’occasione di interfacciarsi con Joaquin Phoenix, uno dei personaggi più complessi e interessanti del panorama cinematografico moderno, con la dolcissima Rooney Mara e con il regista. Quella di Her è stata, inevitabilmente, una conferenza molto interessante, anche se non proprio classica: una sequela di scambi di battute tra i partecipanti, l’esuberanza dell’attore protagonista e l’atmosfera un po’ eccitata hanno trasformato il tutto in un evento decisamente sopra le righe, povero di contenuti ma assolutamente imperdibile.

Come siete entrati in contatto con questo film?
JP: In realtà è stata mia sorella (che è anche la mia agente) a sottopormelo. Mi ha detto che Spike aveva questa sceneggiatura e che dovevo leggerla. Dopo averla letta ho detto di si.
RM: Anche a me è stata inviata la sceneggiatura. Me ne sono subito innamorata, ma la verità è che Spike riteneva che io fossi troppo giovane per quel ruolo. Sono andata da lui e fortunatamente sono riuscita a convincerlo.

L’ambiente in cui si dipanano gli eventi è davvero molto particolare...
SJ: L’obiettivo era quello di creare un mondo nel quale ci si possa muovere con semplicità. È così che va il mondo, in fondo: colori, ambienti gradevoli, cibo buono, caffè buono. Anche se per voi qui a Roma tutto questo è normale, ci siete abituati. Tutto è facile. La tecnologia ci rende la vita molto più semplice eppure c’è gente che si sente ancora sola, che ha ancora dei desideri irrealizzati. Ed è questo il motivo per cui abbiamo creato questo mondo così accogliente.

Viviamo in un mondo in cui il corpo di Scarlett (Johansson, ndr) viene visto e amato in tutto il mondo. Tu invece hai lavorato solo con la sua voce...
JP: Io e Scarlett eravamo nella stessa stanza. Era in una cabina di registrazione, vero, ma riuscivo comunque a vederla...
SJ: C’è Rooney che continua a valutare le nostre risposte. Sottovoce ci dice se abbiamo risposto bene o meno.
JP: Quanto mi dai per questa risposta? Me la sono cavata bene? Comunque io e Scarlett abbiamo lavorato insieme.

Di solito i tuoi ruoli hanno delle caratteristiche molto nette e una forte caratterizzazione; in Her invece fai la parte della persona comune, un uomo che vive una lotta ma che è solo interiore. Come ti sei preparato?
JP: Bella domanda, ma non ho proprio idea di come rispondere. Non ho una tecnica, si tratta di una evoluzione costante. Mi sento ancora come l’ultimo giorno del film, sto ancora cercando di elaborare il tutto, di capire quello che sto facendo. Non formulo mai una teoria, lavoriamo direttamente sul personaggio: soffro, sono confuso, poi abbiamo provato ad aggiungere gli occhiali, i baffi e cercare di trovare il personaggio. Mi piacerebbe avere una ricetta per tutto ciò, ma non è questo il modo in cui affronto un impegno. Il mio metodo cambia sempre. Fiuuu... ce l’ho fatta a rispondere.
SJ: Rooney approva...!

Samantha è un personaggio che impone la sua presenza con la sua assenza. Non sappiamo nulla di lei: il suo passato, la sua storia, il suo futuro. È in questo modo che vede rappresentato l’amore in futuro?
SJ: Rooney, rispondi tu?
RM: Non lo so!
JP: Io vorrei ringraziare la voce dell’interprete che mi traduce le domande. Non l’ho mai vista, eppure mi sto innamorando di lei...
SP: Noi creiamo il rapporto nelle nostre teste ed è lì che nascono i conflitti. Il protagonista del film riesce a rapportarsi con la sola voce molto meglio di come riesce a farlo con le altre persone ed è questo quello che conta.

Il film si conclude con una lettera: crede che la scrittura sia l’unico modo per comunicare realmente?
SJ: Io credo che ogni forma si adatta e poi anche la scrittura è tecnologia, una penna è tecnologia! Queste sono solo nuove forme e ognuna di loro, se ci permette di esprimerci, va bene.

Lei Siete un po’ confusi su tutto quello che può voler esprimere questo film? Tranquilli, fortunatamente abbiamo avuto modo di parlare privatamente sia con Spike Jonze che con Joaquin Phoenix, che ci hanno raccontato qualcosa in più sul film: domani vi proporremo anche le nostre interviste esclusive!

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