Intervista Elysium: Neill Blomkamp

Il regista di District 9 ci racconta la sua nuova, spettacolare opera

Intervista Elysium: Neill Blomkamp
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Tra la nuova generazione di giovani talenti registici è impossibile non citare Neill Blomkamp, trentatreenne regista sudafricano che nel 2009 ha incollato alla poltrona milioni di spettatori con District 9, fantascientifica storia di integrazione razziale girata con piglio autoriale e tante buone idee. Blomkamp, già regista di alcuni corti ufficiali ambientati nell'universo di Halo, è ora alle prese con una pellicola dall'alto budget e dai grandi nomi coinvolti: Elysium. Tra i protagonisti ritroviamo Matt Damon, Jodie Foster, William Fichtner e Sharlto Copley, in un mondo distante più di cento anni da ora, completamente impoverito e letteralmente pieno di disgraziati in cerca unicamente di un modo per sopravvivere. Tutto questo mentre, in cielo, l'élite vive in una stazione spaziale dotata di ogni comfort e tecnologia, a spese della povera gente che li guarda, impotenti, dal basso.
Oggi vi proponiamo, in esclusiva, un'intervista a Neill Blomkamp, che ci spiegherà la sua visione del film e come l'ha realizzato, in attesa di proporvi anche la recensione e il nostro videospeciale.

In che modo Elysium è collegato a District 9, a livello tematico?
In realtà la mia idea non era quella di fare qualcosa di simile a District 9, da un punto di vista tematico. I temi in questo film sono la ricchezza e la povertà, e la discrepanza fra queste due condizioni, quindi in un certo senso siamo vicini a District 9, anche se ci sono delle differenze. Ad esempio, in questo film non vengono toccati i temi del razzismo e della xenofobia.

Quindi nel film non ci sono messaggi specifici?
Ritengo che il film offra uno sguardo diverso al modo di vedere la vita sulla terra nell’anno 2013. Quindi è un po’ come dire: ecco una fotografia della vita sulla terra. Povertà di massa, i ricchi sembrano aver prevalso su tutti, e non sembra esistere una soluzione. Nessuno sa come risolvere i problemi che affliggono la terra. Se non c’è modo di risolverli, allora non c’è un messaggio vero e proprio, e cerchi solo di mostrare una maniera diversa di guardare il nostro presente.

Come ha affrontato l’azione e la violenza nel film?
Le pellicole che mi piacciono, che sia la fantascienza degli anni ‘80, gli action movies o i film degli anni ’70, di qualsiasi origine, tendono a essere piuttosto violente. Ad esempio alcuni dei miei film preferiti sono quelli di Paul Verhoeven, come RoboCop. Adoro la satira di RoboCop. In questo film non c’è un concetto di violenza come soluzione, o di violenza come messaggio. Non c’è niente di tutto questo. Si tratta semplicemente di violenza popcorn, cose che esplodono, sparatorie e così via.

Perché secondo lei i film di fantascienza spesso descrivono un futuro cupo?
Non posso parlare per gli altri registi. Ma per quanto mi riguarda, la mia versione del futuro è cupa. Non è positiva, quindi faccio un film che descrive quello che penso accadrà. Immagino che se altri fanno dei film che condividono questa stessa mia visione, sia perché anche loro la pensano così, chissà?

Sembra proprio che gran parte dei più grandi blockbuster di azione e fantascienza siano basati su una franchise, mentre non è così per Elysium...
Vorrei dire una cosa riguardo a Hollywood: io non ne faccio parte. Lavoro su materiale mio e non so cosa pensino e cosa facciano loro. Per quanto riguarda Elysium, non è stato poi così difficile realizzarlo perché il finanziatore ci credeva. Gli ho dato un trattamento sul tema del film e a lui è piaciuto moltissimo. Lo ha dato alla Sony, e loro hanno creduto in me. Sono stato molto fortunato.

Lei era un appassionato della fantascienza da ragazzo?
Si, mi piace pensare che sono stato un fan del genere. Molti dei miei amici probabilmente ignoravano questa mia passione, il che è piuttosto bizzarro. Quando ero giovane ero anche un grande amante degli sport. Quindi avevo questo due passioni. Ma quella per la fantascienza non era così evidente. Il gruppo degli amici più intimi conosceva questo mio interesse, mentre gli altri non ne sapevano niente. E’ stato interessante parlarne con alcuni di loro recentemente, quando ho incontrato per caso dei vecchi amici sudafricani. Quante feste a cui non sono andato perché ero impegnato a girare qualche filmetto casalingo... non avevano veramente idea di tutto questo. La mia era una passione celata. E devo dire che mi piace questa cosa.

Il ruolo interpretato da Jodie Foster in Elysium in origine non era stato scritto per una donna, vero?
Si. Ma, improvvisamente, una notte mi sono svegliato e ho pensato ‘Se fosse una donna sarebbe più interessante.’ E a quel punto ho iniziato a pensare all’attrice che avrebbe potuto interpretarla e quando mi è venuta in mente Jodie, ho ritenuto che sarebbe stata la persona migliore per la parte, se avesse accettato. Le ho parlato ed era interessata e ha detto che avrebbe accettato. E’ stato semplice. E’ stata una delle persone più professionali e simpatiche con le quali abbia mai lavorato. Ha un enorme talento ed è molto professionale. Arriva sul set sempre in orario, fa esattamente quello che le chiedi e non crea mai problemi. E’ arrivata in ritardo al nostro primo appuntamento e poi non ha fatto altro che scusarsi, dicendomi che non le era mai accaduto prima. Ho pensato ‘Chissà?' Ma poi non ha mai più fatto tardi, adesso le credo!

Ha scelto di proposito un cast pieno di attori latino americani, giusto?...
Il film è ambientato in un Nord America del futuro, quindi volevo conferire l’idea di una migrazione delle Americhe. L’idea è che l’America Latina si sposti nel Nord America — quasi come se tutti i confini fossero stati cancellati. Mentre cercavo gli attori, ho trovato alcuni messicani e brasiliani che mi piacevano. Wagner in Elite Squad era davvero strepitoso. Mi piaceva come attore, e poi è arrivata Alice, che era perfetta per il ruolo.
Mi piacevano entrambi e adoro come suona il portoghese brasiliano. La cosa che mi piace davvero molto è che abbiano ottenuto la loro parte nel film grazie al fatto che provengono da paesi che vivono questo condizione in maniera diretta. E’ stato lo stesso con Diego [Luna], che viene dal Messico e con Sharl che è sudafricana. Sono tutti paesi piuttosto particolari, nel senso che sono caratterizzati da un grande divario tra ricchi e poveri, e questo è molto importante a livello tematico. Secondo la mia opinione personale, credo che questo divario peggiorerà sempre di più. Non importa quanto ci sforziamo di cambiare la situazione, sembra essere questa la natura umana.

E’ stato difficile ottenere i permessi per girare nella discarica di Città del Messico?
No, non lo è stato. Abbiamo chiesto ‘Possiamo girare nella discarica?’ e ci è stato semplicemente risposto ‘Si, potete.’ La parte difficile è stata convincere i sindacati canadesi, perché il 50 percento della truppe era canadese, e c’era anche qualche americano. Poi, improvvisamente, con tutti quei sindacati di mezzo abbiamo dovuto fare dei test tossicologici sul terreno e sui batteri. Non volevano che i membri dei loro sindacati corressero alcun tipo di pericolo batteriologico. I test che hanno fatto hanno portato dei risultati terribili. Quindi abbiamo dovuto portare sul set della terra finta e abbiamo ricoperto tutto il terreno, ma il risultato è stato perfetto comunque. In Messico si può girare ovunque. Quella parte è facile.

La motivazione che l’ha spinta a scegliere queste location era che voleva evitare il più possibile il green screen?
Assolutamente si. Girare con il green screen è terribile. Vuoi sempre maggiore realismo. Abbiamo cercato specificatamente alcune delle peggiori aree di Città del Messico dove girare, e ci siamo tenuti a debita distanza dalle zone più belle. La cosa peggiore che si possa fare è riprendere un attore su un green screen. Il risultato è semplicemente terribile. Io provengo dal mondo degli effetti visivi.
In questo film ci sono molti robot. Nella versione preliminare c’era un tizio che parlava a una pallina da tennis o a un filo da pesca con qualcosa attaccato, mentre nella versione attuale c’è un attore che interpreta il robot, che poi viene cancellato e rimpiazzato in postproduzione. Abbiamo cercato di fare tutto nel modo più realistico possibile.

Ha fatto una grande preparazione a livello visivo per il film, non è vero?
Si, mi sono preparato molto anche a livello visivo e di artwork, in modo che potessi mostrare alle persone quello che volevo ottenere. Se fai così e se hai una posizione forte sul perché la tua è una buona idea, e hai la possibilità di sostenerla con delle immagini e dei concept, riesci a convincere meglio le persone. Come è successo con la discarica di rifiuti. Matt Damon è un professionista, ma è stata comunque dura. Quando arrivi in quella discarica prima dell’alba l’odore è terribile; il sole quando sorge brucia lo strato di umidità della spazzatura.

Cosa ha usato come ispirazione per il mondo di Elysium?
Qualsiasi cosa abbia influenzato il suo simbolismo visuale deriva dal subconscio. Una decisione conscia è: voglio creare una stazione spaziale nello spazio, ci troviamo tra 150 anni e sulla Terra la distruzione è totale. Ogni singola risorsa è stata estratta e portata via, quindi la Terra somiglia molto alle zone più povere dell’odierna Africa. Perciò, disegnerò la terra del futuro ed Elysium. E ogni singolo elemento di questi due luoghi dovrà sembrare quanto più reale e credibile possibile agli occhi del pubblico. Quindi l’influenza che uso è la realtà. Voglio costruire la stazione spaziale in modo che ogni struttura, se non mi viene mostrato un riferimento su cui si basa, significa che proviene dalla mente dell’artista — il che vuol dire che è sbagliato perché assomiglierà a della spazzatura fantascientifica. Se mi mostri qualcosa come la diga del fiume Yangtze o un altro mega-progetto ingegneristico, allora ci crederò. Non so se questo risponde alla sua domanda, ma se c’è qualsiasi influenza subconscia di altri filmmaker o artisti ne sono all’oscuro, anche se sono certo che ci sia. Qualsiasi cosa provenga dal conscio è il puro realismo, a ogni livello.

Quante scene in CGI ci sono nel film?
Non quante si potrebbe pensare, appena meno di 900.

Quante settimane di riprese avete effettuato in Messico e a Vancouver?
Circa 50/50, oltre 90 giorni di riprese.

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