Intervista Dallas Buyers Club: Matthew McConaughey

Il favorito agli Oscar, incontrato a Roma per la presentazione del film di Jean-Marc Vallée

Intervista Dallas Buyers Club: Matthew McConaughey
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Dopo i calorosi applausi riscossi alla scorsa edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, questo giovedì arriverà nelle sale italiane Dallas Buyers Club, l’acclamata pellicola che vede protagonista un eccezionale Matthew McConaughey nel ruolo di Ron Woofroof, un uomo impegnato ad affrontare la convivenza con il virus dell’HIV e che, per guadagnare una speranza di sopravvivenza, decise di ricorrere all’aiuto di medicinali alternativi, andando a scontrarsi con la Food and Drug Administration. Basato su una storia vera, Dallas Buyers Club è diretto dal canadese Jean-Marc Vallée, già regista del bellissimo C.R.A.Z.Y., e negli Stati Uniti si è rivelato uno dei maggiori successi del cinema indie: finora ha già incassato 20 milioni di dollari e si è aggiudicato sei nomination per la prossima edizione degli Oscar, fra cui miglior film.
Matthew McConaughey, in questi giorni al cinema anche con un breve ma intenso ruolo in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, grazie a Dallas Buyers Club ha guadagnato le recensioni migliori della sua carriera. Per la sua struggente interpretazione di un uomo rude ed omofobo che, in seguito alla malattia, scoprirà di possedere una sensibilità inaspettata, McConaughey ha conquistato il Golden Globe e lo Screen Actors Guild Award come miglior attore protagonista, ed è in prima fila per portarsi a casa anche la statuetta dell’Oscar, il prossimo 2 marzo (mentre il suo partner di set, Jared Leto, è favoritissimo per il premio come miglior attore supporter). Ieri mattina, a Roma, abbiamo incontrato il popolarissimo attore texano, che a 44 anni sta vivendo una “seconda giovinezza” artistica, e abbiamo parlato con lui a proposito di Dallas Buyers Club e del suo punto di vista sul mestiere di attore in quest'intervista in due parti: la seconda la troverete online domani.

Signor McConaughey, qual è stato l’aspetto più difficile della sua performance?
Il copione di Dallas Buyers Club è stato in circolazione per circa vent’anni, ed è stato rifiutato tantissime volte. Il fatto che alla fine il film abbia ottenuto i finanziamenti è stato quasi un miracolo, ma anche cinque settimane prima dell’inizio delle riprese abbiamo avuto degli inaspettati problemi di fondi. Per quanto riguarda il mio personaggio, Ron Woodroof, ha tanta ira dentro di sé, è un uomo costretto a scontrarsi all’improvviso con la prospettiva della morte; come attore, dunque, la sfida più grande è stata riuscire a mostrare tutto il vasto spettro di sfumature di rabbia del personaggio usando soprattutto le espressioni del volto.

Quando ha iniziato ad interessarsi a questo progetto?
Il copione di Dallas Buyers Club è arrivato per la prima volta sulla mia scrivania cinque anni fa, e non c’era ancora nessuno coinvolto nel progetto. Mi ricordo che la prima cosa che ho pensato, una volta finita la sceneggiatura, è stata: “Devo assolutamente partecipare a questo film”. Sulla copertina del copione ho scritto addirittura: “Questa sceneggiatura ha le zanne, e io sono stato azzannato”. Ho tentato in ogni modo di realizzare questo film, pur essendo stato costretto a rimandarlo di anno in anno. Alla fine abbiamo deciso di effettuare le riprese ad ogni costo nell’autunno del 2012, e ho voluto coinvolgere nel progetto il regista Jean-Marc Vallée, che ho incontrato a New York prima ancora di avere i finanziamenti necessari. Dopo moltissimi tentativi avevamo pensato di aver ottenuto i soldi, ma invece non si trattava di veri finanziamenti, quindi siamo stati costretti a trovare nuovi produttori... nel frattempo, ero già dimagrito di 20 chili! Però alla fine ce l’abbiamo fatta!

Come mai i produttori erano così spaventati da questo soggetto?
Il copione è stato rifiutato ben 137 volte! I finanziatori nel campo del cinema, in particolare nell’ambito dei grandi studios, dicono sempre: “Sì, vogliamo realizzare opere d’arte, ma vogliamo anche riavere indietro i nostri soldi”. E quando si legge nella presentazione di un progetto “Film d’epoca. Dramma sull’HIV. Eroe omofobo.”, la prima cosa che un produttore pensa ovviamente è: “Con un film del genere non riavrò mai indietro i soldi!”.

È stato difficile perdere 23 chili per questo ruolo?
La perdita di peso è avvenuta con una precisione specifica. Innanzitutto mi sono consultato con un medico per calcolare la quantità esatta di peso da perdere, e ho iniziato a diminuire di quasi due chili a settimana, per vari mesi. Per farlo ho cominciato a vivere da “eremita”: non uscivo la sera, evitavo gli eventi mondani e così via. La cosa sorprendente, nel perdere peso, è stata questa: più diminuivano le energie dal collo in giù, più guadagnavo in forze dal collo in su. In pratica, come per Ron Woodroof, la mia mente ha prosperato, mi servivano meno ore di sonno, mi svegliavo sempre alle quattro del mattino.

Pensa che la sua interpretazione sarebbe stata altrettanto apprezzata, anche a livello di premi, senza la sua impressionante trasformazione fisica?
Spingersi al limite fisicamente, trasformarsi, non significa necessariamente fare della buona arte. Il fatto che avessi perso 23 chili per il ruolo non è solo ciò che ha attirato l’attenzione dei media e del pubblico, e che ci ha fatto guadagnare i titoli sui giornali prima dell’uscita del film. In fondo, Dallas Buyers Club non è la storia di Matthew McConaughey che è diventato spaventosamente magro, come un rettile: è la storia di Ron Woodroof, e quando guardi il film ti immedesimi nella sua vicenda. E questo vale anche per gli altri attori, come Jared Leto: all’inizio l’attenzione è stata attirata dalla sua perdita di peso, ma poi è stata la storia a prendere il sopravvento.

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