Intervista Califano... L'ultimo concerto

Stefano Calvagna e il suo cast ci raccontano il poliedrico talento del Califfo

Intervista Califano... L'ultimo concerto
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"Io ho fatto centoventisette giorni di custodia cautelare in carcere per una presunta calunnia aggravata, perché in Italia essa esiste anche se non c'è la certezza del reato. Questa è durata abbastanza, perché, dopo centoventisette giorni di isolamento con quindici minuti di aria, c'è stato un anno di arresti domiciliari con tutti i divieti d'incontro con l'esterno, infatti io non potevo nemmeno mettere ‘Mi piace' su Facebook o rispondere al telefono, altrimenti mi arrestavano. Quindi, è stata un'avventura che mi ha fatto finire anche in un tritacarne mediatico, perché hanno scritto tante cose non vere di cui io ho subito le conseguenze nel percorso di riabilitazione e, nel momento in cui ho ottenuto una semi-libertà per andare a fare dei domiciliari lavorativi, nessuno mi avvicinava, avevano tutti paura, si vergognavano di farsi vedere con me. Quindi, per mettere su un film, mi è stato prodotto dallo psichiatra del carcere di regina Coeli, in quanto non avevo più nulla per ricominciare, e l'ho girato agli arresti domiciliari, in quindici giorni, dentro una palestra di diciassettemila metri quadri. Ci abbiamo girato anche alcune scene di questo film. Sono ripartito da zero con grande difficoltà, perché, oltretutto, ho un padre orologiaio, quindi che non faceva questo lavoro e che non è famoso. Ma, quando è arrivata l'assoluzione con formula piena, neanche il necrologio hanno messo sul giornale, nulla, sta scritto solo su Wikipedia".
Cineasta romano classe 1970, Stefano Calvagna sintetizza così la conclusione della brutta disavventura giudiziaria che lo ha purtroppo visto protagonista dalla fine del 2009, soltanto pochi mesi dopo l'uscita in sala del suo L'ultimo ultras.
La dichiarazione è stata rilasciata nel corso della conferenza stampa di fine riprese di Califano... L'ultimo concerto, nuovo lungometraggio del regista, che, comprendente tra gli attori il Michael Madsen de Le iene, verrà presentato fuori concorso presso l'edizione 2014 del Festival internazionale del Film di Roma, per poi uscire nelle sale nel Novembre successivo.
Conferenza cui ha preso parte anche il cast (escluso Madsen) e durante la quale è stato proiettato un promo di tre minuti del film, che il regista ha così commentato: "In questo promo c'è un estratto di quello che è un po' il percorso del film. Io ho raccontato la terza vita di Franco, la parte anche delle sue difficoltà con delle serate, del suo declino, quando era costretto anche ad andare a fare serate in ristoranti perché era un momento difficile. Poi c'è stato anche l'aiuto, la legge Bacchelli, anche lì è stato messo abbastanza sulla gogna; per arrivare a ripartire con serate in locali importanti, perché Fiorello gli ha dato una grossa mano, quindi c'è stato modo di capire che poteva ricominciare bene. Poi, però, è arrivato questo male brutto al quale, comunque, lui reagisce in maniera decisa, tanto che, fino agli ultimi giorni, quando qualcuno gli chiedeva come stava lui rispondeva che aveva solo un po' di raffreddore e che andava tutto bene. Ho cercato di raccontare, appunto, anche l'uomo che non si spaventava neppure davanti a un tumore, tanto è vero che è morto per una crisi respiratoria e non di quel male".

Raccontando il Califfo

Questo, forse, è il cast più ricco che hai avuto. Come hai raggruppato tutti questi nomi?

Stefano Calvagna:
Tutto è nato con la spontaneità nel raccontare questo progetto Inizialmente, non c'era una base produttiva, quindi l'entusiasmo era nel progetto e nella storia. Quando parlavo di Califano, chiunque si interessava a questa storia, tutti, non solo in cast, ma anche chi si occupava dei mezzi tecnici. Quindi, qualsiasi persona che si avvicinava a questo progetto voleva sapere tutto e, di conseguenza, non è stato difficile raggruppare questo cast. Ora Roberto Siciliano al montaggio sta facendo un grande lavoro, perché sono venute fuori due ore di montaggio e sta tagliando per rendere scorrevole il prodotto finito.

Tra l'altro, tu Franco Califano lo hai conosciuto...

Stefano Calvagna: Io ho conosciuto Franco, a livello artistico, quando avevo dieci anni, perché mio padre metteva la sua cassetta di continuo; poi, personalmente, l'ho conosciuto al Teatro Flaiano, sono andato nei camerini e ho avuto il coraggio di dirgli due parole esternando tutto quello che pensavo di lui e mi ha dato il numero di telefono di casa. A me sembrava un sogno, non sapevo quando chiamarlo, ho aspettato qualche giorno e dovevo trovare una scusa per farlo; poi lo chiamai e scattò la segreteria che diceva "Chi non lascia un messaggio, non arriva fino a Maggio" (ride). A quel punto ho lasciato il messaggio, poi c'è stata La voglia matta di Roma, dove Franco faceva il suo spettacolo, e in quel caso ho avuto modo di starci insieme tutte le sere; andavamo a casa sua, lui cucinava, poi, quando si era stancato, diceva "Non vi trattengo" (ride). Per me era un maestro, mi diceva che ero il Califano del cinema, che ero un po' come lui; io ancora non avevo affrontato la situazione giudiziaria, ma mi ha battezzato, perché poi è arrivata pure quella (ride). Per me era un complimento, perché detto da una persona come lui che ha scritto alcune delle canzoni più belle e, oltretutto, non è stato ricordato dal Festival di Sanremo, che purtroppo ha ricordato altri cantautori ma ha dimenticato un autore che ha dato molto al festival e che ha scritto molte canzoni importanti. Nel film metto anche una conferenza stampa di Sanremo e racconto fatti reali di un personaggio sicuramente scomodo ma che fino alla fine, a dodici giorni dalla sua morte, a testa alta ha tenuto un concerto al Sistina con il tutto esaurito.

Il coinvolgimento di Michael Madsen come è avvenuto?

Stefano Calvagna: È avvenuto perché avevo presentato a New York il mio film Cronaca di un assurdo normale, quindi, stando lì, ho conosciuto Steve Buscemi, che poi venne anche all'anteprima. Ero intenzionato a dargli una parte, poi Steve gli ha parlato di me, mi ha contattato il suo manager, ci siamo incontrati con Michael proprio qui a Roma in questo albergo, gli ho spiegato il ruolo e lui era interessatissimo. Poi ha visto tre miei film sottotitolati e ha accettato. Sono stato entusiasta di ciò, lui è un professionista vero, impeccabile. Interpreta un impresario, un grande organizzatore di eventi a livello internazionale e che racconta a Franco una storia che coinvolge il padre nella guerra in Libia.

Come mai nel film ci sei anche tu come attore?

Stefano Calvagna: Il mio sogno è sempre stato quello di fare qualcosa per Franco. Non ci sono riuscito nella realtà, ma, fortunatamente, facciamo un lavoro che ci permette di diventare un po' tutto. In questo caso, per, me è stato forse il ruolo più importante.

Nel film quanto c'è di vero e quanto di romanzato?

Stefano Calvagna: Nel film c'è tutto il vero, tranne la sua morte. Per un rispetto personale non ho potuto scriverla e descriverla, quindi non avrebbe avuto senso raccontarla. Sono convinto che Franco l'avrebbe sognata come l'ho descritta nel film.

Tutto il resto è noi

Il cast cosa può raccontarci di questa esperienza?

Gianfranco Butinar:
Si tratta di un progetto nato in pochissimo tempo, mi hanno chiamato due amici che hanno condiviso con me l'amore per il maestro da prima dell'adolescenza, quindi è stata una cosa fatta in casa e in breve. Ho deciso di farlo per il rispetto di Franco, perché avevo paura che altri, conoscendolo di meno, non lo avrebbero reso nella stessa maniera. Credo di essere la persona più adatta ad interpretarlo. A livello psicologico è stato tutto naturale, perché io sono entrato nel personaggio prima ancora di fare il film; alle spalle ci sono stati oltre vent'anni, oltre cinquecento concerti che mi hanno cresciuto e non solo nel senso delle serate, perché spesso mi presentavo a lui e, negli ultimi anni, cominciavo io uno show di una mezz'ora, poi lui faceva le sue perle. Era una persona talmente giovane che definirlo padre artistico lo invecchierebbe. Rispetto ai suoi colleghi, inoltre, aveva la particolarità unica e inimitabile nel concetto di sintesi, in quanto in quattro, cinque, massimo sei parole diceva quello che altri potevano fare in un tema o in un capitolo intero. Non è la prima cosa che faccio nel cinema, ma sicuramente la prima da attore principale e, se sono stato all'altezza, non è perché sono bravo come attore, ma perché è Franco Califano che è entrato dentro di me.

Stefano Calvagna: Tra l'altro, nel film è Gianfranco a cantare in presa diretta i brani del concerto, mentre L'ultima spiaggia e Tac sono originali.

Enzo Salvi: Io sono onoratissimo di essere entrato a far parte di questo progetto, l'ho fatto per amicizia di Stefano e, soprattutto, per avere il piacere di lavorare con queste splendide persone. Di coincidenza, volevo omaggiare Franco Califano, essendo suo grandissimo fan e l'ho sempre seguito. L'ho conosciuto una volta in un autogrill all'una e mezza di notte, mentre tornavo con un amico; lui mi guarda e mi fa "Ah Cipo', mamma mia comme stamo!" e da lì è nato l'amore (ride). Abbiamo lavorato insieme due volte, una volta ha fatto uno spettacolo al pontile di Ostia e, al termine del concerto, come sempre ha ringraziato calorosamente il pubblico e ha detto che era iniziata il giorno prima la sua tournée a Milano, proseguita, appunto a Ostia, e che il giorno dopo sarebbe continuata a Milano. Poi, ha fatto una micro pausa e, rivolgendosi al manager, gli ha detto "Ma scusa, me toji ‘na curiosità? Ma perché nun avemo fatto Milano, Torino e poi Ostia?" (ride). Ringrazio Stefano per avermi coinvolto in questo film, ha confezionato un meraviglioso prodotto e ne sono veramente felice.

Nadia Rinaldi: Io sono l'unica che, forse, ha pianto tutti i giorni dall'inizio delle riprese di questo film. Butinar ha fatto un lavoro straordinario, perché commuovermi, dopo vent'anni, solo a stargli accanto e sentire i respiri, le pause, gli ammiccamenti, un modo di gesticolare. Ci sono bravissimi attori, da Max Tortora a tanti altri, che hanno preso delle cose molto belle di Franco, ma credo veramente che con Butinar uscirà fuori la sua vera anima. Ho accettato questo progetto per il piacere di tornare a lavorare con Stefano, insieme al quale feci il suo primo film, Senza paura, e sono contenta di vederlo sereno dopo la sua vicenda giudiziaria. Diciamo che abbiamo anche un percorso difficile che ci accomuna. Tra l'altro, di Franco sono stata innamorata fin da bambina, la prima volta me lo presentò mio padre in una enoteca e da lì iniziai ad apprezzare la sua bellezza. Ho avuto modo di incontrarlo a Catania in tournée, è sempre stato una persona carina, ho sempre cercato di apprezzarne la poesia e ciò che di fragile c'era in lui. Il personaggio che mi è stato affidato è quello di Donatella, la persona che gli è stata accanto fino all'ultimo giorno, che ha dato tutta se stessa e che è umilissima, ma nel film mi chiamo Luna. Sono stata veramente dispiaciuta del fatto che a Sanremo non sia stato ricordato, perché credo che con La nevicata del '56 abbia lasciato un'impronta non indifferente al festival.

Danilo Brugia: Anche io sono molto felice di aver preso parte a questo film. Io e Stefano non ci conoscevamo e oggi sono molto felice ed onorato di averlo conosciuto. Mi ha visto, proprio come fa un regista con noi attori, in un contesto del tutto lontano da quello professionale e mi ha contattato il pomeriggio stesso. Io sono corso e mi ha fatto innamorare di questo progetto perché ne era talmente innamorato lui che, dopo avermene parlato per due ore, non ho potuto fare a meno di esserlo anche io. Ho letto la sceneggiatura e mi ha affidato questo personaggio, Riccardino, che nella realtà si chiama Roberto, ovvero uno dei cosiddetti "franchiani", quei ragazzi che hanno affiancato e seguito Franco per tutta la vita, un po' da figli acquisiti.

Franco Oppini: Il mio contatto con Califano risale ai suoi tempi milanesi, perché lui scrisse il testo di una canzone per i Gatti di Vicolo Miracoli: Un amico in più. Un testo poetico, bellissimo, che scrisse veramente in un attimo. Poi, tramite Livio Lozzi ho conosciuto Stefano, che era pieno di entusiasmo e, siccome comincio ad avere trentacinque anni più iva dell'ottanta per cento (ride), credo di potermi permettere di lavorare per simpatia e per passione, anche se nessuno di noi è ricco. Stefano è un uomo appassionato, mi ha trasmesso questa passione e gli ho detto subito di sì subito, senza leggere neppure il copione e il personaggio; né volevo sapere quanto non mi pagava (ride). Vi assicuro che non è stata assolutamente una questione di soldi, il film è stato girato in pochissimo tempo e mi ha stupito il modo suo di girare, con una rara rapidità; ma non perché andasse di fretta, perché ha le idee chiare. Un regista che ha le idee chiare, che riesce con grande precisione a cambiare sul set anche un'inquadratura perché sta piovendo oppure perché non gli piace quel tipo di inquadratura lì. È capace di lavorare con poco, in poco tempo e con una bravura incredibile, questo credo che lo abbiamo sentito tutti. Anche perché noi eravamo comunque contenti di essere a disposizione, di arrivare alle nove di mattina e girare all'una di notte (ride). Tra l'altro, è tutto estremamente vero ciò che racconta il film, credo che un film più vero di questo non esista. Io sono contento di aver partecipato a questo film, da settentrionale che ha amato Califano. Prenoto i prossimi sedici film di Stefano, che so che farà in sei mesi (ride).

Andrea De Rosa: In genere, per fare un film mi devono piacere il ruolo e la sceneggiatura. Stavolta ho accettato solo per la sceneggiatura, perché avevo piacere di partecipare a questo progetto, Califano mi è sempre piaciuto, per me è uno dei più grandi poeti del Novecento. Io, poi, come Danilo, nel film non ho un profilo psicologico delineato, devo essere un fan accanito di Califano. Volevo ringraziare anticipatamente Stefano, per avermelo proposto e perché mi teneva a bada in modo che non diventassi una macchietta. Poi, Gianfranco è grande, perché lui non imita Califano, lo riproduce, sembra di sentire il vero Franco.

Rossella Infanti:
Stefano, io volevo sapere perché, con tanti fighi che ci sono, mi hai fatto fare proprio la compagna di Andrea (ride). Scherzo. Sono stata molto felice di aver lavorato con tutti loro, voglio ringraziare Stefano perché è la terza volta che mi chiama per lavorare con lui e sono molto felice perché lo conosco da un po', quindi ho seguito da lontano e da vicino ciò che gli è accaduto. Sono felice anche perché tutte queste persone gli vogliono bene.

Ascanio Pacelli:
Il fatto di trovarmi qui per me è molto importante, perché, a differenza di tutti loro, non sono un attore, quindi mi ritrovo improvvisamente catapultato in una realtà diversa. Ho accettato di fare questo ruolo piccolo ma importante per vari motivi: io avevo una casa al mare in Versilia e lui, ogni anno, andava a cantare alla Bussola, quindi mi trovavo lui a fare colazione la mattina ospite di mia mamma, che aveva una casa molto bella, senza sapere della sua importanza, perché ero piccolo; poi me lo sono trovato più di una volta anche da Maurizio Costanzo. Io non conoscevo Stefano, a presentarmelo è stata Rossella, con cui sono molto amico. Ho rubato con gli occhi da tutti loro perché io non sono e non mi sento attore, mi auguro un giorno di esserlo e anche di poter raccontare a mia figlia che ho lavorato nel film che racconta la storia di Califano.

Roberta Scardola: Io interpreto Angela, è un ruolo breve ma molto intenso. Si tratta di una fan che poi avrà una piccola relazione con Franco Califano, che non ho avuto l'onore di conoscere anche se da piccola sono andata a qualche suo concerto con mio papà. Il fatto di essere romana mi fa sentire molto attaccata ad un personaggio come lui, che mi ha sempre fatto tantissima simpatia, nonostante ne abbia sentite di tutti i colori. Io vengo da I Cesaroni, alcuni registi cinematografici hanno un po' di pregiudizi, ma è anche normale che sia così. Con Stefano ho fatto proprio un provino e, per me, questo salto ad un film di questo calibro al cinema è molto importante. Poi, Stefano mi è piaciuto per la schiettezza e la spontaneità, perché non è costruito e io, in questo mondo, apprezzo le persone che non pensano o che si fanno tanti giri mentali prima di parlare. Non vedo l'ora di vedere il film, è stato emozionante anche questo promo di tre minuti.

Stefania Marchionna: Io sono l'unica attrice emergente del cast, ringrazio tantissimo Stefano perché ha creduto in me dopo che ho fatto questo provino con lui. Nel film interpreto una giovanissima compagna di Califano e mi sono emozionata tantissimo perché non avrei mai pensato di avere un ruolo nel mio primo film. Ringrazio infinitamente Stefano per questa opportunità ricevuta.

Per i diritti delle canzoni come vi siete mossi?

Stefano Calvagna:
Noi eravamo partiti con conoscenze di persone che pensavamo ci avrebbero sostenuti, poi, a due giorni dalle riprese, ci hanno detto che le canzoni sarebbero costate almeno cinquemila euro ognuna. Allora ho chiamato il vecchio manager di Franco, che si ricordava di me per aver curato la regia del concerto dei settant'anni di Franco senza aver preteso nulla in cambio, perché era il mio omaggio al cantautore. Quindi, lui, per ricambiare il mio omaggio, mi ha regalato i diritti del master di tutto l'album Le luci della notte, che, comunque, include tutte le canzoni più belle, da Tutto il resto è noia a Minuetto. Ovviamente, quelli editoriali dovrò pagarli, ma Universal devo dire che ci sta venendo incontro.

Quale sarà il prossimo progetto?


Stefano Calvagna: Sarà un film sul Canaro della Magliana, con Enzo Salvi nella parte del protagonista. Io ho sempre scommesso su attori brillanti in ruoli drammatici, come Maurizio Mattioli ed Enrico Montesano ne Il lupo. Sono contro gli stereotipi. Poi, in programma ho anche un altro film che s'intitolerà La professionista e verrà girato in estate.

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