Andy Serkis fra Mowgli e George Orwell: l'intervista sul Lago di Como

Abbiamo incontrato Andy Serkis a Cernobbio per il Lake Como Film Festival: il regista/attore fra Mowgli e La Fattoria degli Animali.

Andy Serkis fra Mowgli e George Orwell: l'intervista sul Lago di Como
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In tutto il mondo esistono migliaia di festival cinematografici, tutti diversi, ognuno con le proprie caratteristiche o generi prediletti. Sul nostro Lago di Como ne esiste uno davvero originale e itinerante, che sta crescendo di anno in anno, il Lake Como Film Festival. L'evento si sviluppa attorno a uno dei luoghi più suggestivi dell'intero Nord Italia, Villa Erba a Cernobbio, appartenuta fra gli altri ai genitori del regista Luchino Visconti che vi passava spensierato le estati.
Nella struttura sono ancora conservate le cosiddette "Stanze di Luchino Visconti", da visitare in gruppo e previa prenotazione, a fine luglio però ogni suo spazio si mette a disposizione del festival, che prende vita soprattutto di notte. Avete letto bene, buona parte delle sue proiezioni iniziano solitamente nel pomeriggio e vanno avanti fino all'alba del giorno successivo, fra produzioni originali e grandi classici della storia del cinema - quest'anno ad esempio è stato proiettato alle 2 di notte Apocalypse Now: Final Cut di Francis Ford Coppola, la versione finale voluta dal regista, di recente presentata a Bologna, giusto per fare un esempio.
Il tutto inoltre avviene all'aperto sotto le stelle, su prati pieni di alberi secolari, con accanto il lago, meteo permettendo ovviamente (altrimenti ci si rifugia proprio nella splendida Villa Erba, che non fa rimpiangere affatto il cielo stellato). In cartellone nell'edizione 2019 anche il recente Mogwli - Il Figlio della Giungla diretto da Andy Serkis, con l'attore/regista britannico arrivato sul posto per presentare il suo film e incontrare il pubblico in un incontro dedicato. Abbiamo colto la palla al balzo per fare due chiacchiere con lui, che si è dimostrato la persona più semplice e disponibile del mondo.

Avanti e dietro la macchina da presa

Mr. Serkis, al Lake Como Film Festival presenterà al pubblico Mowgli - Il Figlio della Giungla, il suo secondo film da regista. Cosa preferisce maggiormente, recitare di fronte a una camera o dirigere tutto dal retro? Quali sono per lei le maggiori differenze fra i due mondi?
Amo fare entrambe le cose. Sono due mestieri che mi coinvolgono in modo diverso, dal punto di vista creativo. Mi diverto tantissimo a immedesimarmi in un singolo personaggio, ma anche dirigere il tutto, raccontare una storia per intero mi dà grandi soddisfazioni.
Da attore, inizi a lavorare a un progetto in fase abbastanza avanzata e lasci tutto appena finiscono le riprese; da regista invece sei tu che sviluppi la storia, crei un intero mondo, lavori con gli attori per trovare la giusta interpretazione, il giusto tono, poi continui a post-produrre, a montare, finché non porti il film in sala. È un viaggio incredibile.

Lei è una sorta di "Dio del Motion Capture", un vero pioniere di questa tecnologia. È riuscito a dare forma a Gollum nel mondo de Il Signore degli Anelli, è stato Cesare nella recente saga de Il Pianeta delle Scimmie, solo per ricordare due dei suoi più grandi personaggi. Ricorda il suo debutto con questa forma di recitazione? È stato difficile percorrere i primi passi?
Mi sento davvero fortunato a esser stato parte dell'evoluzione del performance capture, un percorso che per me ovviamente è iniziato grazie a Peter Jackson e il ruolo di Gollum.
Questa tecnologia mi ha aperto un nuovo mondo, nel quale un attore può davvero diventare chiunque, qualsiasi cosa. Vedere il tuo avatar digitale mentre reciti in tempo reale è qualcosa di realmente magico, mi sono sentito del tutto normale la prima volta che ho indossato la tuta del Motion Capture, era tutto estremamente logico, è stato come sparire completamente nel personaggio.

Analogico e digitale

Fino a qualche anno fa il cinema era estremamente "analogico", con props reali sui set ed enormi scenografie costruite, oggi il lavoro dell'attore si è invece spostato in ambienti asettici, dal fondale verde o blu. Secondo lei tutta questa tecnologia ha tolto un po' di magia al cinema o ne ha creata di nuova? Rendendo possibile praticamene qualsiasi cosa...
Amo lavorare in location reali, su set costruiti, con splendide scenografie, props e incredibili costumi. È un qualcosa che coinvolge tutti coloro che lavorano al film, li immerge in un ambiente fantastico che si può materialmente vedere con i propri occhi. Al di là di questo, è comunque vero che gli effetti visivi possono creare mondi magnifici, magie oltre qualsiasi immaginazione.
Tutto dipende dal tipo di storia e dalla sua estetica, non c'è un modus operandi migliore o peggiore di un altro. Possiamo creare storie e personaggi che un tempo, appena 20 o 30 anni fa, non era assolutamente possibile.

Tornando a Mowgli, Il Libro della Giungla racconta una grande storia di sopravvivenza, appartenenza e istinto (sia umano che animale). Il suo autore Rudyard Kipling è stato spesso accusato di essere un imperialista, di negare con le sue storie la possibile evoluzione dell'individuo.
Sembrava che chi era nato buono e civilizzato fosse destinato a rimanerlo per sempre, percorso contrario sarebbe invece spettato a chi cresceva nelle barricate "dei cattivi". Fra le righe però The Jungle Book parla anche di integrazione, stempera la paura verso il "diverso". Cos'è rimasto de Il Libro della Giungla oggi, con le società occidentali che dopo il fenomeno del colonialismo cercano di chiudere le porte a chi arriva da un altro continente?


La nostra versione de Il Libro della Giungla si focalizza ovviamente su Mogwli, che si sente un outsider in entrambi i mondi, sia quello umano che quello animale. Attraversa emozioni molto complicate, dà vita a nuove relazioni alla ricerca di se stesso, cercando di capire a quale mondo appartenga davvero. Avvicinandoci al libro abbiamo cercato di comprendere in quale epoca fosse stato scritto, ovvero durante la colonizzazione dell'Impero britannico in India, allo stesso tempo abbiamo tentato di relazionare tutto alla paura e all'odio che oggi nutriamo verso "l'altro", chi è diverso da noi, un fenomeno purtroppo in costante crescita in tutto il mondo.

Stanno dilagando il bullismo e il razzismo, anche aiutati da fake news e messaggi divisivi dalla grande risonanza mediatica. È importante invece che le storie e le allegorie si confrontino con tali fenomeni, e cerchino tramite l'intrattenimento di veicolare messaggi positivi, al pubblico di tutto il pianeta.

Quali sono i suoi piani per il futuro? Continuare a recitare, dirigere o entrambe le cose?
Al momento il mio obiettivo è spendere più tempo nella direzione. Ho diversi progetti in ballo con la mia casa di produzione The Imaginarium, con la quale amo raccontare delle storie. Uno di questi è La Fattoria degli Animali di George Orwell, che sto preparando insieme a Netflix. Se conoscete la storia, capite anche quanto i tempi siano perfetti per raccontarla. (Foto: @avuerre)

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