Intervista American Hustle: David O. Russell

Il regista de Il lato positivo e The fighter ci racconta il suo nuovo film

Intervista American Hustle: David O. Russell
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Uscirà il 1° gennaio in Italia American Hustle, il nuovo film di David O. Russell, regista e sceneggiatore reduce dal clamoroso successo di The Fighter e Il lato positivo. Ambientata nell’America degli Anni ’70, la pellicola ruota attorno alla collaborazione tra l’FBI, e in particolare il giovane agente Richie DiMaso, e una coppia di truffatori professionisti, Irving Rosenfeld e Sydney Prosser, allo scopo di smascherare la rete di corruzione legata al sindaco della città, Carmine Polito. Interpretato da un cast magistrale che include Christian Bale, Bradley Cooper, Amy Adams, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence e, in un breve ruolo, Robert De Niro, American Hustle si preannuncia come uno dei “titoli da Oscar” che domineranno la stagione invernale. In occasione della presentazione del film alla stampa abbiamo incontrato il regista David O. Russell, che ci ha parlato del proprio lavoro...

Qual è il suo approccio rispetto ai protagonisti dei suoi film?
Non sarei stato interessato a dirigere un film su un criminale avido e cinico; sono interessato invece alle passioni dei personaggi: scoprire perché vivono, cosa li anima, osservarli mentre fanno i conti con se stessi e con il proprio futuro. Si tratta di personaggi in continuo divenire e con una grande passione per la vita. La sofferenza e il dolore sono sentimenti facili da rappresentare; io invece voglio raccontare esseri umani che vanno oltre gli schemi consueti, così come i miei film trascendono i singoli generi. La sofferenza deve sempre accompagnarsi a una forma di “incanto”.

In che modo la sua produzione da regista rispecchia la sua vita personale?
Con The Fighter sono diventato un regista differente, ma dipende anche da ciò che ho vissuto in quel periodo: il divorzio da mia moglie, occuparmi di un figlio affetto da un disturbo bipolare, le difficoltà finanziarie... per quasi sei anni non ho più fatto alcun film. Poi ho iniziato ad interessarmi a fondo all’umanità, e a personaggi che agiscono basandosi sull’istinto, non sulla razionalità. Le storie che racconto devono partire dal mio cuore: adoro questi personaggi, il modo in cui vivono, in cui mangiano, in cui amano, in cui combattono... Ho anche cominciato alcuni progetti che non ho più portato a termine; fra l’altro, avevo scritto la sceneggiatura de Il lato positivo per Sydney Pollack, che tuttavia è morto quello stesso anno. La cosa fondamentale, a prescindere dal successo, è restare umili e impegnarsi, dare sempre il meglio di se stessi e continuare ad “essere affamati”.

Come ha selezionato le musiche del film?
La musica ha assunto sempre maggiore importanza nei miei film. In American Hustle sono presenti tantissima musica e tantissima danza, più di quanto non abbia mai fatto. E sono contento perché i miei ultimi tre film sono i film che sentivo di essere destinato a realizzare; tutto ciò che ho fatto prima è stato solo una preparazione a questa ideale trilogia. A volte la musica è contenuta già nel copione, come nel caso del brano di Duke Ellington: una canzone registrata dal vivo e che esprime tutto, e che accompagna la nascita dell’amore fra Irving e Sydney. Ellington morì nel 1974, e i due protagonisti hanno la sensazione di essere gli unici a conoscerlo davvero. In un certo senso, Duke Ellington era una creazione della sua stessa eleganza; un po’ come i personaggi del film, che sono il frutto del proprio stile. Amo utilizzare i brani musicali in maniera inattesa, un po’ come faccio con gli attori. Da piccolo pensavo che I started a joke fosse la peggiore canzone dei Bee Gees, ma poi crescendo mi sono reso conto che era una canzone bellissima, e l’ho inserita nella colonna sonora di The Fighter, facendola cantare in coppia a Christian Bale e Melissa Leo. In American Hustle, fra le altre, c’è anche la canzone di Paul McCartney Live and Let Die: un brano fantastico, che contribuisce a rappresentare in maniera perfetta il personaggio di Rosalyn. Abbiamo scoperto anche un altro sound appartenente al repertorio della Electric Light Orchestra, meno conosciuto e ispirato ai Beatles, e la band ci ha offerto la possibilità di utilizzare dei brani inediti, che avevano registrato negli Anni ’70 ma mai pubblicato.

Spesso racconta le storie di personaggi italo-americani: qual è il suo legame con l’Italia?
La mia nonna materna era originaria della Calabria. Conosco profondamente queste persone, ho trascorso molto tempo nei quartieri italo-americani e li ho osservati... per me sono una fonte inesauribile di ispirazione. Robert De Niro, un mio grande amico, ha voluto impersonare Victor Tellegio, ma si tratta di un mafioso ben diverso dai soliti cliché: per esempio, è vero che Tellegio parlava arabo! Molti elementi del film, situazioni e personaggi, sono basati sulla realtà, e spesso i fatti reali, paradossalmente, sono assai più bizzarri rispetto a quelli frutto di fantasia.

Come riesce a spingere gli attori a livelli così estremi, ottenendo risultati tanto brillanti?
Innanzitutto, gli attori percepiscono qual è il mio vissuto e quale sia il mio coinvolgimento nel film a cui sto lavorando. Inoltre, gli attori che dirigo di solito conoscono i miei film o vi hanno lavorato, e a me piace creare ruoli che siano degni di loro, costruendo dei personaggi che gli permettano di rischiare e di mostrare al massimo le loro potenzialità.

Come si pone rispetto ai dilemmi etici a cui si trovano di fronte i suoi personaggi?
Per certi versi, gli Anni ’70 erano un periodo molto più “innocente”, in cui perfino la corruzione si consumava attraverso semplici valigette di denaro, a differenza di quanto accade oggi, in cui alcune forme di corruzione e di truffa sono addirittura legalizzate, con misteriosi trasferimenti di enormi somme di denaro... il mondo di oggi è molto più complicato e molto più corrotto. La cosa sorprendente del personaggio del sindaco Carmine Polito è che, nonostante la corruzione, si tratta di un individuo sinceramente legato alla propria città e alla propria gente. È una figura con diversi aspetti, e la duplicità del personaggio, così come quella di Irving, è simboleggiata anche dalla presenza di specchi che raddoppiano la loro immagine, nella scena dell’ultima confronto fra i due uomini.

Quali sono i suoi registi italiani preferiti?
Federico Fellini, Vittorio De Sica, Lina Wertmuller, Bernardo Bertolucci... ce ne sono tantissimi.

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