Intervista A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III

Roman Coppola racconta il suo film.

Intervista A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III
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È un Coppola e questo, anche se di certo non basta a definirlo, dice molte cose. Cresciuto nell'ambiente cinematografico si è sempre destreggiato con esso, assaporandone le diverse sfumature e tastando con mano ogni comparto del processo creativo: dalla sceneggiatura alla produzione, dal comparto creativo alla regia, partecipando così ad alcuni dei progetti più originali della storia del cinema. Suoi, ad esempio, gli effetti visivi del Dracula di Bram Stocker diretto dal padre, le sceneggiature di Il Treno per il Darjeeling e Moonrise Kingdom di Wes Anderson, la regia di CQ (il suo primo lungometraggio) e di questo ultimo A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, che è venuto a presentare a Roma durante il festival del cinema, insieme all'attrice protagonista Katheryn Winnick e al produttore Youree Henley.

La nostra storia

Sono passati 10 anni dalla tua prima volta come regista. Cosa ti ha riportato su questa strada?
RC:
Non avevo intenzione di far passare così tanto tempo da un film all'altro, semplicemente mi interesso a tutti gli aspetti del cinema e mi sono distratto a fare altro. È un momento un po' difficile per il cinema e ogni nuovo film è un rischio, ma questo progetto mi appassionava così tanto che ho fatto quasi un lavoro di costrizione sulla gente attorno a me. Io volevo vedere questo film al cinema, quindi qualcuno doveva farlo.

Ci sono state delle sfide particolari durante la realizzazione del film?
YH:
Onestamente ancora oggi non so come siamo riusciti a realizzarlo. Credo alla fine sia tutto merito della passione di Roman e della sua spinta costante che ci faceva andare avanti anche quando ci sembrava impossibile.

Com'è entrata a far parte del film?
CW:
Roman stava lavorando alla sceneggiatura e lo faceva tenendo la televisione accesa. A un certo punto mi ha vista sullo schermo, proprio mentre stava scrivendo il personaggio di Ivana. Per questo mi trovo qui oggi. Fin dall'inizio mi ha detto che era molto coinvolto in questa storia e io mi ci sono lasciata trascinare.

Parliamo della scena in cui Ivana e Charles cantano. È un modo di raccontare davvero molto efficace, ma originale.
CW:
Forse è una delle mie scene preferite di tutto il film. Quando nella sceneggiatura ho letto che c'era una scena del duetto ne sono stata terrorizzata. Io non canto! Però per settimane mi sono allenata con un vocal coach ed è andato tutto bene. In più fare questa scena con Charlie è stato fantastico. Bisognava frenarlo per quanto era entusiasta!
RC: Charles si immaginava il loro ultimo momento in quel modo. È il suo addio, l'ultimo sguardo nel suo mondo di fantasticherie.

Avevi deciso fin dall'inizio che il film dovesse avere questo tono?
RC:
In realtà tendo a pensare a cose un po' più pratiche del tono del film. Quando lavoro con dei collaboratori, e non solo con me stesso, cerco di non avere un atteggiamento astratto. Certo è vero che lo stile di tutto il film è un po' da ragazzini: ci sta bene, ma non era voluto.

Da dove nasce l'idea del film?
RC:
Conosco Charlie da quando eravamo bambini. Eravamo vicini di casa, le nostre mamme erano amiche e giocavamo spesso insieme. Però erano anni che non ci vedevamo. Quando conosci qualcuno a 12 anni, però, è come se lo conoscessi per sempre. Siete amici per tutta la vita. Sapevo di voler raccontare la storia della fine di un rapporto e avevo in mente questa idea di un personaggio molto estroverso. Ci ho lavorato su e poi mi è capitato di parlarne con Charlie... e siamo tornati a dirci che prima o poi dovevamo fare un film insieme. Be', perché non potevo lavorare con lui a questo film? Così ho continuato a scrivere...

C'è un momento in cui Charles si confessa con Ivana: è il momento in cui getta la maschera e si mostra per com'è veramente...
RC:
Per me è il momento apicale. Lei finalmente ha l'opportunità di esprimere i suoi veri sentimenti e c'è emozione nella scena. È un addio, lo è davvero. È il suo modo di ringraziarlo per tutto, ma anche se è finita una parte di Charles le rimarrà per sempre dentro. È così in tutte le storie, una verità inconfutabile.

Indubbiamente il film è pieno di idee: citazioni a Fellini e influenze dei fratelli Coen e di Terry Gilliam. Rivedi tutto ciò nel tuo film?
RC:
L'accostamento con Fellini mi rende molto felice, perché è uno di quei personaggi che ammiro molto. Anche Woody Allen mi ha influenzato molto. La verità è che io amo i film fatti da una personalità, sono attirato da questo loro spirito. Volevo fare qualcosa che sentissi vicina a me e che fosse unica, tutto il resto è involontario.
CW:
È un film davvero unico, pieno di idee che in un film 'normale' non vedi.
RC: Nella scena finale sapevamo che stavamo facendo qualcosa di unico e divertente.

Nel film c'è una chiara ambientazione temporale e anche i set sembrano molto famigliari. Quanto sono legati alla sua vita?
RC:
Credo questa impressione sia dovuta al fatto che abbiamo girato a casa mia! Quello è il mio mondo, il mio ufficio, quell'autobus è il mio. E anche alcuni dei vestiti di Charles in realtà sono i miei.

Musicalmente il film è legato alla west coast. L'intento era quello di rendere una Hollywood diversa?
RC:
Nel film c'è un ritratto molto attento della Hollywood del passato. Sono stato influenzato dalla musica di quell'epoca, addirittura da quello che bevevano. C'è un'atmosfera romantica, ma anche disperata. Negli anni '70 si guardava molto agli anni '30, quelli dopo la grande depressione e tutto ciò si ricollega allo sconforto del personaggio principale.

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