Space Pirate Captain Harlock, focus on del film in CG da Yamato Video

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Preceduto dalla sua fama, il grande eroe della Mostra del Cinema di Venezia potrebbe essere proprio lui: Capitan Harlock. Presentato al Lido Fuori Concorso e atterrato più per ragioni di marketing, il film in 3D-CGI di Shinji Aramaki, dopo gli assaggini ad Annecy, alimenterà l’attesa del pubblico italiano almeno fino a gennaio, quando Lucky Red (che il film lo adora) passerà all’azione nelle sale italiane. Cosa c’è di meglio, dunque, se non rimpinguare la memoria del tempo che fu e ricordare che questo colossale Harlock realizzato con le più strabilianti tecnologie digitali, vanta un antenato di cartoon che non ha eguali?

Uchu Kaizoku Captain Harlock (Capitan Harlock - Il corsaro dello spazio) è la serie televisiva del 1978 prodotta da Toei Animation che tutti amano alla follia. E ribadisco: tutti. Nello specifico, tutti adorano la prima serie, quella con le Mazoniane, la Regina Raflesia, gli umani debosciati che non credono al lestofante con la benda sull'occhio, l'astronave Arcadia che - di punto in bianco - si muoveva da sola ("Amico mio!", sentiamo dire a Harlock), la storica battaglia finale. Eccetera eccetera.

Cosa raccontava? Una storia profetica. Il futuro dell'anno 2977 con i terrestri impegnati a vivere un'esistenza effimera tra opulenza, habitat KO e sostanziale menefreghismo: pure quando una gigantesca sfera piomba dal cielo e incenerisce la città, gigantesco monolite tondo che preannuncia il ritorno di Mazone. Nemico millenario che in realtà ha messo radici ben più profonde, e i cui plotoni sono un vivaio di strepitose bellezze femminili dai lunghi capelli. Solo un uomo ha inteso la minaccia: Harlock, capitano di una ciurma di pirati che scorrazza nello spazio con una Jolly Roger issata orgogliosamente sulla nave Arcadia.

Ma c'è un altro leggendario eroe dietro questa storia. Un disegnatore di fumetti con qualche shojo manga nascosto nel suo lontano passato, e una fissa per la fantascienza che lo ha reso una delle star del moderno fumetto giapponese. Leiji Matsumoto, classe 1938, di recente si è presentato agli appassionati italiani sulle pagine del mensile "Fumo di china", ma in realtà non ha bisogno di ulteriori presentazioni. È uno di quegli artisti dei manga che si adora per partito preso. Se non lui, le serie animate che ha ispirato e scritto. E sono tante. Per esempio: Capitan Harlock, diretto dal grande Rintaro, è stato il primo adattamento animato da un suo manga (pubblicato a partire dal 1976). Eppure Matsumoto era ben conosciuto e apprezzato nell'ambiente dell'animazione, ambiente che ama moltissimo, e dentro il quale ci finisce grazie a Yoshinobu Nishizaki e il suo indimenticabile Corazzata Spaziale Yamato del 1974. Di questa serie, oltre a collaborazione in fase preparatoria, il fumettista realizzerà poco dopo un fumetto edito in Italia da Panini. In Toei Animation, Matsumoto compie il suo ingresso trionfale realizzando il mecha della serie Danguard Ace (1977), per poi firmare il design dei personaggi dell'insuperabile Starzinger, rilettura fantascientifica di Saiyuki (a proposito: a quando un'edizione dvd?). Con il successo di Harlock, arriverà anche Galaxy Express 999.

Capitan Harlock è uno di quegli anime così fortunato da apparire unico agli appassionati grazie alla sua trama avvincente e alla partecipazione di artisti del disegno animato che faranno la storia degli anime. Prendete Rintaro, ad esempio: lasciò la direzione generale della serie Gran Prix, per occuparsi assieme a Matsumoto del pirata spaziale, mescolando fantascienza ganza e una poesia nostalgica per i tempi andati. Restando peraltro legato a quell'universo creativo molto più a lungo del previsto, suoi infatti i magnifici lungometraggi della serie Galaxy Express e suo il desiderio di ritornare a occuparsi del personaggio nel 2002 con Captain Herlock - The Endless Odyssey: un remake che Rintaro ha accettato di fare per "sperimentare" tecnicamente ciò che nel 1978 non era ancora possibile.

Altri nomi da ricordare della serie classica: il chara designer Kazuo Komatsubara, fiore all'occhiello della Toei del periodo; l'art director Mukuo Takamura e il compositore Seiji Yokoyama (per chi non lo conoscesse ancora, è il musicista di Saint Seiya). Tanti nomi, un solo vessillo. Rivedere un classico come Capitan Harlock, ancora una volta, rivela l'abisso che separa l'animazione trionfale degli anni 70 da quella odierna. Oggi tutto è modaiolo, cool, tecnicamente ineccepibile, globalizzato o eccessivamente settario per accontentare i gusti del pubblico (gusti usa e getta, per l'esattezza). Ieri, invece, come annotano anche i più sarcastici e critici osservatori di Japanimation, le animazioni erano sbilenche (ed ecco il paradosso: venti-trenta anni fa ci parevano meravigliose), le storie melodrammatiche e i personaggi degli ostinati outsider. Ma, sai che c'è?, niente di tutto quello che vedete oggi esisterebbe senza di loro. Quanti personaggi possono vantare resurrezione sontuosa in 3D-CGI come Harlock? Decisamente pochi.

La premura che ha accompagnato questo progetto cinematografico, inoltre, lascia intuire il peso della scommessa accettata da Toei Animation. Che viaggia in Occidente di festival in festival per mostrare di che pasta è fatta, oggi come ieri. E, fateci caso, quasi sempre all'insegna della fantascienza. Un tempo vendeva licenze delle sue serie robotiche agli americani, oggi invece è capace di realizzare un breve pilot su Harlock per stupire il pubblico (quello di Annecy), per poi resettare tutto e mettersi al lavoro sul film vero e proprio. Portandosi dietro il fascino dark del pirata reietto, incrementando l'action (e che action!) o usando attori-doppiatori dal glamour trascinante. Le proporzioni tra questo e il vecchio Harlock sono improponibili.

Captain Harlock 3D è figlio di questi tempi. Nessun dubbio in proposito. Tuttavia, dietro si staglia il fantasma della creatività artigianale del passato, un po' povera un po' caciara, capace di creare un cult con la sola libertà irrefrenabile delle mani, una matita e un foglio di carta.