Four Lions: quando la satira arriva sul grande schermo

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In Four Lions, in uscita nelle sale italiane dal 3 giugno, il regista inglese Chris Morris prende di mira il terrorismo islamico. Fabrizio Natalini ci illustra il complesso rapporto esistente fra satira e cinema. Il 3 giugno arriva nei cinema italiani Four Lions, l'irriverente black-comedy scritta e diretta da Chris Morris, premiato con il BAFTA Award come miglior regista esordiente del 2010. Four Lions racconta le disavventure di un'improbabile cellula di terroristi impegnati ad organizzare un attentato nel cuore di Londra, con conseguenze tragicamente esilaranti, fra mille imprevisti e gaffe a non finire. Four Lions si inserisce dunque nel solco dei film che affrontano con umorismo alcuni degli aspetti più controversi della società odierna. Fabrizio Natalini, docente di storia del cinema italiano all'Università di Tor Vergata e autore di numerosi libri (fra cui il recente Un amore a Roma - Dal romanzo al film), in questa intervista ci spiega in che modo la satira cinematografica si approccia alla realtà spesso drammatica in cui viviamo.

Il film Four Lions racconta con toni satirici l'incubo del terrorismo e le difficoltà di integrazione nella società di oggi, tematiche al centro dell'attenzione da ormai un decennio. In questa prospettiva, in che modo l'11 settembre e le sue conseguenze hanno influito sulle scelte di sceneggiatori e registi negli ultimi dieci anni? Il cinema sta già attuando una sorta di "metabolizzazione" dell'11 settembre, come in passato è già avvenuto per altri drammatici eventi della Storia?

Secondo un ormai più che anziano Dino Risi intervistato da Paolo d'Agostini, l'11 settembre era stato «una specie di coperta nera che si è distesa su tutte le cose». Indegnamente posso dire che tutto è cambiato dopo le Torri Gemelle e che la cronaca e ancora più la storia hanno subito un trauma da questo evento, per due motivi: in primis le dimensioni e le modalità dell'attacco, inatteso e "straordinariamente" cinematografico, seguito in diretta da un pubblico virtuale più ampio di quanto mai prima, davanti agli schermi dei singoli televisori, piccoli o grandi che fossero, nelle cucine come nei grandi Open space di Wall Street, e poi perché questo storicamente "primo" attacco agli americani sul loro suolo natio ha lasciato una ferita nell'immaginario statunitense, e quindi in quello hollywoodiano, completamente diversa da tutte le precedenti. Il destino del mondo è cambiato in modo ineluttabile dopo l'11 settembre.


La satira cinematografica si è spesso confrontata con temi di stretta attualità e di assoluta gravità: basti pensare a titoli di epoche differenti come Il grande dittatore, Il dottor Stranamore o MASH). Perché grandi registi come Charlie Chaplin, Stanley Kubrick, Robert Altman e tanti altri hanno scelto di rappresentare eventi tragici attraverso il grottesco o la parodia? Qual è il valore aggiunto del registro satirico rispetto a quello drammatico?

La narrazione utilizza diversi canoni per raccontare, ed è più evidente che un nodo come quello descritto nella precedente risposta necessita di strumenti "altri" rispetto al racconto lineare. Il grottesco e la parodia, e basti in questo citare Il grande dittatore, sono strumenti autoriali che permettono di affrontare temi complessi con una leggerezza calviniana che ne  permette il dispiegarsi altrimenti irrealizzabile di fronte alla "banalità del male".


Questo tipo di approccio, ovvero la trattazione di fenomeni controversi o drammatici in chiave satirica, è una costante nella storia del cinema o secondo lei ha subito delle modifiche nel corso del tempo? Come è cambiato in questo senso il cinema di oggi rispetto al passato?

Non è affatto cambiato, come non è cambiata la narrazione tout court: la chiave satirica è già nella letteratura greca o latina e continua nel tempo fino ad oggi. È cambiata e si è evoluta la tecnologia e questo torna nell'oggi, come ulteriormente cambierà domani.


Per il pubblico cinematografico, un film satirico rappresenta un modo per esorcizzare una paura diffusa? E in quale misura la rappresentazione parodistica di una realtà drammatica può indurre a una riflessione più seria e profonda da parte degli spettatori?

Domanda difficile: la commedia all'italiana esorcizzava il Boom economico o ne metteva in risalto le contraddizioni? Il medico della mutua di Luigi Zampa è un film-denuncia sul malaffare della sanità pubblica o avalla nell'immaginario collettivo figure come quella del protagonista, rendendola simpatica ed accettabile mediante la maschera di Alberto Sordi? La satira, e il cinema, più che esorcizzare o avallare "rappresentano", ed è nell'occhio e nella mente dello spettatore, o di quella massa di singoli spettatori che sono il pubblico in sala o nelle case, che nasce il giudizio. Ma questo diventa un discorso impossibile a farsi, perché poi entrano in gioco la politica, la televisione, i media.

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