Zootropolis, per Disney la 55esima volta è una prima volta

A distanza di quasi cento anni dall'avvio del suo lavoro nel mondo dell'animazione, la Walt Disney Productions riesce a realizzare una 'prima volta' nella sua storia con Zootropolis: vi raccontiamo e spieghiamo perché.

Zootropolis, per Disney la 55esima volta è una prima volta
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Al netto della critica e delle opinioni sul 55esimo Classico di Disney, Zootropolis rappresenta una vera e propria prima volta nell'azienda fondata da Walter Elias Disney nei primi anni del novecento. Una pietra miliare che viene posta nel 2016 nell'industria dell'animazione cinematografica, che assume diversi significati e che dimostra come Clarke Spencer, produttore insieme con John Lasseter, abbia ampiamente tracciato una nuova traiettoria per le storie Disney. Che Zootropolis volesse offrire una visione diversa d'insieme rispetto agli ultimi Classici era abbastanza chiaro: il ritorno agli animali antropomorfizzati era sotto gli occhi di tutti, soprattutto dopo gli ultimi tentativi. Andando a ritroso troviamo Big Hero 6, l'atipica storia chiaramente inficiata dall'arrivo degli studi di Marvel nella cultura disneyana, con protagonisti ragazzi, umani, e robot di fattura chiaramente fantascientifica. Il periodo definito Revival Disney ha proposto, poi, negli anni precedenti Frozen, che di animali ne aveva, ma impegnati a ricoprire il ruolo che la natura ha loro designato, così come d'altronde accaduto anche in Winnie the Pooh, l'ultimo Classico in animazione tradizionale, con la differenza che Pooh e soci parlano e interagiscono con Christopher Robin senza problemi di alcun tipo. Insomma, tolte le compartecipazioni, erano anni che non si vedevano solo animali a schermo, sebbene con Koda, fratello orso, 44esimo classico e risalente al 2003, Disney ci aveva per un attimo provato. Per trovare, quindi, qualcuno che possa inficiare questo primato affidato a Zootropolis dobbiamo andare molto indietro nel tempo e arrivare al 1994, a Il Re Leone.

THE CIRCLE OF LIFE

Nel 1994 Roger Allers e Rob Minkoff dirigono il 32esimo Classico Disney, ambientato in Africa, al cospetto della savana. Ispirato all'Amleto di William Shakespeare, con influenze anche da Riccardo III e Macbeth, Il Re Leone si lascia inficiare anche dalle opere bibliche di Mosé, per raccontare le vicende di Simba, un giovane leone chiamato a recuperare il titolo di re, usurpatogli, insieme con il trono posto sulla Rupe dei Re, da suo zio Scar, colpevole di aver ucciso suo fratello, Mufasa. Il film incassò 987 milioni di dollari in tutto il mondo ed è a oggi il film ad animazione tradizionale che ha incassato di più nella storia: la colonna sonora colpì la critica, che ne rimase entusiasta, così come l'Academy, che premiò con due Oscar il film e Hans Zimmer, che si lasciò affiancare da Elton John e dal paroliere Tim Rice, che qualche anno prima aveva vinto l'ambita statuetta anche per A Whole New World di Aladdin.

L'idea, all'epoca, venne a Roy Disney, fratello di Walt, reduce dall'esperienza di promozione di Oliver & Company, che nel 1988 era ancora fresco di realizzazione: partendo sempre dall'intenzione di dare voce agli animali, Disney, insieme con Jeffrey Katzenberg, Roy pensò a una storia ambientata in Africa, però con dei leoni. L'intuizione sugli animali da utilizzare venne a Thomas Schumacher, che aveva vestito i panni del produttore di Bianca e Bernie nella terra dei canguri, la prima declinazione delle avventure degli scoiattoli: già quindi pronto e abituato a parlare di animali, si arrivò rapidamente alla realizzazione de Il Re Leone, dopo un lungo lavoro di trattamento e di sviluppo dell'idea principale. The Lion King, in ogni caso, non rappresentò un'operazione originale, per quanto la sceneggiatura lo fosse: essendo un adattamento di quelle che erano state le tragedie scritte da Shakespeare, Mufasa e Simba, affiancati da Timon e Pumbaa, rappresentarono un ottimo lavoro di riproposizione cinematografica di qualcosa di pre-esistente, proprio come accaduto spesso nella storia di Walt Disney.

INVESTIGATORI E LADRI D'INGHILTERRA

Per cercare un altro esperimento che quindi possa inficiare il primato di Zootropolis bisogna andare ancora più a ritroso, arrivando a toccare il 1986: Basil l'investigatopo, il 26esimo Classico Disney ambientato nel 1897 a Londra, ci mette dinanzi a un mondo umano, dove però la nostra concentrazione è totalmente sui topi. Una variante che pur mettendo l'accento sul mondo animale, non ci permette di comprenderlo come mondo a sé stante, come universo unico e slegato dal resto. Tantomeno la storia può risultarci originale, essendo ispirata al romanzo di Paul Galdone, con chiarissime influenze arrivate da Sherlock Holmes, di cui Basil di Baker Street è il chiaro emulo. Arretrando ancora nel tempo arriviamo, dunque, a quella che è l'ultima vicenda animale che prova a creare un precedente, e che, guarda caso, è anche il Classico più vicino a Zootropolis per elementi scanzonati e per movenze del protagonista: parliamo di Robin Hood, nel 1973, il secondo Classico Disney nato senza la supervisione di Walter, che da Gli Aristogatti in avanti - dando vita a tantissime dietrologia sull'odio nei confronti dei gatti, tutte vanificate dal fatto che la produzione fosse iniziata quando Disney era ancora in vita - aveva deposto le armi, per lasciare ai posteri l'onore di portare avanti la sua filosofia. Basandosi sulla leggenda di Robin Hood, Wolfgang Reitherman raccontò le vicende del ladro inglese, della foresta di Sherwood, servendosi della voce del menestrello Cantagallo. Animali al servizio degli animali, dal Principe Giovanni a Re Riccardo, entrambi leoni, passando per Sir Biss, una biscia sibilante, senza dimenticare il tasso Fra Tuck e il Sagrestano, interpretato da un topo di campagna. Fu Walt Disney, in ogni caso, a tracciare lo sviluppo, pur essendo stato Robin Hood il primo film che avviò la produzione dopo la sua morte: bocciata l'idea di Renart la volpe, protagonista di una raccolta di racconti francese firmata da Pierre de Saint-Cloud, si arrivò alla realizzazione di quello che poi fu la sceneggiatura di Ken Anderson. Costato tanto quanto Biancaneve, la follia di Disney, Robin Hood incassò il corrispondente di 9,5 milioni di euro, un successo discreto che conquistò tutti sin dalla sua uscita, sebbene la critica avesse deciso di spaccarsi a metà, in maniera perfetta. Anche in questo caso, comunque, il riferimento all'adattamento è semplice: Robin Hood è una leggenda inglese che si sussegue in varianti da tempo, per chi avesse pensato fosse un nobile sassone decaduto, chi invece lo ha sempre immaginato come un folletto o un dio della foresta: Piers Plowman, scritto da William Langland nel 1377, fu tra i primi a dar vita a questo viandante della foresta, attraverso la bocca di Sloth, il prete protagonista del racconto. Tante altre le riproposizioni, fino a quella di Walt Disney.

L'EPOCA D'ORO

È palese che la nostra disamina non prende in considerazione i Classici episodici con presenze esclusivamente animali: Saludos Amigos (1942) aveva come protagonisti Paperino, Pippo e José Carioca, pappagallo brasiliano alla sua prima apparizione, ma rappresentava una prolunga dei Corti Disney, tanto da essere catalogato come mediometraggio. Identico il discorso per I tre caballeros, Lo scrigno delle 7 perle, Le avventure di Ichabod e Mr. Toad e, infine, Bongo e i tre avventurieri. Il loro universo era già noto perché rappresenta il principale di Disney, pertanto nella nostra valutazione l'esito è chiaro: Zootropolis ha realizzato qualcosa che mai s'era visto nella storia della Walt Disney Productions. Un universo animale completamente nuovo, realizzato in un ecosistema completamente pensato e modellato a mo' di mondo animale, raccontando una storia nuova, originale, innovativa a misura di animale. L'originalità al servizio del pubblico. Nel 2016 alla Disney è rimasto ancora tempo per innovare e per creare qualcosa di nuovo: che sia la strada giusta, che li tenga lontani da live action, da remake, da sequel, da reboot e da qualsiasi altra opera che vada a deturpare quanto realizzato negli anni d'oro, che fosse l'Epoca di guerra, il Rinascimento Disney, il Revival, l'Epoca sperimentale o altro. Innovare è ancora possibile. Se puoi sognarlo, d'altronde, puoi farlo. Fatelo, allora.

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