Speciale Triage

Conferenza stampa del film Triage, direttamente dal festival del cinema di Roma

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L'incontro con i grandi

15 ottobre 2009: giornata di apertura del festival del cinema di Roma.
Ad inaugurare l'evento è il film Triage, opera del regista bosniaco premio oscar Danis Tanovic (No man's land). Poche ore dopo la proiezione del film incontriamo, un po' emozionati, lo stesso Tanovic, gli attori Branko Djuric, Paz Vega e nientemeno che la superstella Christopher Lee, così carismatico che si potrebbe ascoltarlo per ore senza stancarsi mai. Parte la conferenza e prende subito parola il registra del film:

il via alle domande

D: Mr. Tanovic, perchè un altro film sulla guerra?

Tanovic: Il successo di No man's land non ha influito in alcun modo sulla mia scelta di dirigere il film. Nel momento in cui mi è stata presento il progetto ho accettato solo di scrivere la sceneggiatura tratta dal libro omonimo di Scott Anderson, poi, col passare del tempo, sono entrato così empaticamente nel progetto da decidere di dirigerlo io stesso. Sono davvero soddisfatto di triage, io vengo dalla Bosnia, per me l'idea della guerra è diversa da quella di molte altre persone, la vedo con occhi diversi, non migliori, solo non riesco ad accettare la neutralità di fronte alla morte.

D:Il personaggio di Farrel ricorda dagli atteggiamenti, tutt'altro che vaghi, un Ernesto Che Guevara di pubblica memoria. Era vostra intenzione renderne l'idea?

Tanovic: No, non ci avevo mai pensato. In compenso Colin sarà felicissimo di saperlo, gli telefonerò stasera stessa.

D: Signorina Vega, per lei è stato difficile girare un film al di fuori della Spagna?

Paz Vega: No a dire il vero, anzi. Mi sono trovata molto a mio agio nonostante la “multietnicità” di staff e troupe. E' stata un splendida esperienza.

D: Signor Tanovic, lei ha vissuto la guerra in prima persona e il film dà l'idea che nessuno, prescindendo da distanza e ceto sociale, possa avanzare un'innocenza che, di fronte a tali situazione, non può avere.

Tanovic: Non proprio. Non credo sia un discorso di innocenza o quantaltro, piuttosto, ritengo che non si possa fare un film sulla guerra senza prima averla vissuta in prima persona. La guerra è qualcosa di troppo complesso da descrivere, è sbagliata ma va vista con occhi diversi da quelli a cui siamo abituati. No man's land ha dato alle persone parte della mia visione ed il suo successo ha fatto in modo che molti mettessero tutto questo in discussione. E' stato un percorso lungo.

D: Mr.Lee, lei nel film fa la parte di un veterano che soffre una sorta di rimorso per aver partecipato alla guerra. Lei che è un icona del cinema e che ha realmente combattuto durante la seconda guerra mondiale, può raccontarci il suo punto di vista? Inoltre, crede che hollywood sia una sorta di guerra?

Christopher Lee: Hollywood è sicuramente una guerra, una guerra difficile. Parlando seriamente però, avendo combattuto per cinque anni, due dei quali passati in Italia, posso dire di aver capito quanto le questioni politiche influenzino le guerre. Questioni tribali e religiose posso essere solo la punta dell'iceberg, non esiste guerra senza politica. La guerra costringe ad una visione distorta dell'umanità, io ho visto medici sparare a feriti di guerra pur di non farli soffrire. E' un'immagine che mi ha ossessionato per tutta la vita. Si, la guerra è solo una questione politica, qualunque guerra. Quando abbiamo combattuto la seconda guerra mondiale ci era stato detto che sarebbe stata la guerra che avrebbe posto fine a tutte le altre. Come possiamo vedere, era una menzogna.

D: Del film cosa ne pensa?

CL: credo sia il miglior film di guerra che io abbia mai visto. Il male è palpabile ma Triage non mostra solo questo aspetto. Parla di una nazione e non solo di chi combatte. Ci sono personaggi, come quello interpretato da Colin (Farrel) che non impugna armi, fotografa la guerra ma ne rimane vittima, poi però ci sono una varietà di aspetti che affascinano lo spettatore abbracciando più di un tema, è proprio una peculiarità della personalità artistica di Danis (Tanovic).

D: Il film, appunto, parla anche dei media e del potere che hanno sui conflitti, che siano armati o no. Era sua volontà rappresentare questo aspetto nel film?

DT: Certo! I media hanno un incredibile potere sulle guerre, possono porre loro fine o amplificarle all'inverosimile. Purtroppo dove non c'è l'interesse politico a deviare l'informazione c'è la ricerca assoluta dello scoop. Scoop che, troppo spesso e per colpa della poca veridicità, finisce con il far male a diverse persone. I giornalisti hanno un grande potere e non intendono sfruttarlo a dovere.

D: Voi attori invece, come vi siete trovati con il signor Tanovic?

Paz Vega: E' stato stranissimo! Appena incontrato mi ha chiesto se volevo recitare nel suo film, io ho detto istintivamente di si perchè con quel vocione mi aveva messo paura (ride)! Scherzi a parte, abbiamo davvero lavorato benissimo.

Christopher Lee: Danis è un bravissimo regista, riesce a gestire la scena da grande professionista, è stato un piacere lavorare con lui.

Branko Djuric: Io ho avuto bisogno di tempo per entrare nella parte. Io e Danis siamo amici di vecchissima data, so quello di cui ha bisogno e so di cosa ho bisogno io. Ho dovuto trovare le affinità con il mio personaggio e, una volta ottenuto quello che desideravo, sono stato davvero contento di interpretare la parte.

D: Signorina Vega, com'è stato per lei lavorare con un maestro come il signor Lee?

PV: Un'esperienza indimenticabile, lui è un attore mostruoso, parla una miriade di lingue ed è riuscito a mettere a proprio agio tutti noi.

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