Split, il Sixth Sense di M. Night Shyamalan per i colpi di scena nei film

Ripercorriamo la carriera del regista, attualmente nelle sale con Split, attraverso il suo uso dei finali a sorpresa, dal 1999 ad oggi.

Split, il Sixth Sense di M. Night Shyamalan per i colpi di scena nei film
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"Ed ecco il colpo di scena: non c'è un colpo di scena." Questa frase, contenuta in una recensione in lingua inglese del film E venne il giorno, uscito nel 2008 e considerato parte della fase discendente della carriera di M. Night Shyamalan, la dice lunga su ciò che pubblico e critica si erano abituati a vedere nei lungometraggi del cineasta di origine indiana, che insieme a Bryan Singer (I soliti sospetti) e David Fincher (Seven e Fight Club) ha lasciato il segno negli anni Novanta con il suo uso del finale a sorpresa, caratteristica ripresa nei film successivi e poi temporaneamente abbandonata, guarda caso nel periodo meno felice del suo percorso artistico, prima di tornare all'ovile con i suoi progetti più recenti, compreso Split, ora nelle sale italiane. Per l'occasione abbiamo voluto ripercorrere la filmografia di Shyamalan, focalizzando l'attenzione proprio sull'utilizzo del plot twist. N.B. Questo articolo contiene spoiler per tutti i film di Shyamalan usciti dal 1999 in poi, compreso l'ultimo film con James McAvoy protagonista.

Gente morta e supereroi

Pur essendo il terzo lungometraggio da regista di Shyamalan, Il sesto senso è ritenuto da molti il primo, essendo gli altri due - Praying with Anger e Ad occhi aperti - semisconosciuti ai più. Un errore comprensibile perché, un po' come Le iene per Quentin Tarantino, il film contiene a livello embrionale quello che tutti associano al cinema di Shyamalan: la rilettura contemporanea di storie classiche del paranormale, i camei pseudo-hitchcockiani del cineasta stesso, la mise en scène classica ed elegante e, ovviamente, il finale a sorpresa. Anzi, per molti il finale a sorpresa, l'equivalente anni Novanta de L'impero colpisce ancora, con tutti che al giorno d'oggi sanno esattamente cosa succede - il personaggio interpretato da Bruce Willis è morto dopo la prima scena - prima ancora di aver visto il film, complice anche lo stesso protagonista che in alcune occasioni (come il suo cameo in Ocean's Twelve) discute apertamente quanto accaduto in quegli ultimi minuti. Ed è sempre Willis ad essere al centro dell'altro grande colpo di scena nel cinema di Shyamalan, al termine di Unbreakable: l'incidente ferroviario che ha portato alla manifestazione dei superpoteri di David Dunn è stato causato da Mr. Glass (Samuel L. Jackson), il confidente di David. Col senno di poi, l'unico finale logico per quella che è una origin story molto particolare, che avrebbe dovuto fungere da apripista per una trilogia successivamente accantonata. O forse no...

Alieni e villaggi

Nel 2002 e nel 2004 il meccanismo cinematografico di Shyamalan comincia a mostrare i primi segni di usura dopo aver svolto ripetutamente la stessa funzione. Nel caso di Signs, racconto di suspense dove la fede si scontra con una visita da un altro mondo, desta un po' di stupore la rivelazione che gli antagonisti extraterrestri sono vulnerabili all'acqua (perché invadere un pianeta costituito in gran parte da ciò che può ucciderli, si chiedono giustamente gli spettatori). Poi è arrivato The Village, reo di aver un finale "a sorpresa" che non solo rasenta il ridicolo (a seconda dei punti di vista), ma è anche facilmente indovinabile (il villaggio d'altri tempi è in realtà un'invenzione dei cittadini più anziani per proteggere i figli dagli orrori della società moderna). Ciononostante i pareri sull'opera del regista rimangono generalmente positivi, ma tale relazione non è destinata a durare a lungo...

No twist, no quality

Tra il 2006 e il 2013, esclusa la parentesi di Devil (di cui è soggettista e produttore), Shyamalan si è allontanato sia dai colpi di scena che dalle atmosfere sottilmente inquietanti, privilegiando generi diversi e budget più elevati. Il primo passo falso è stato Lady in the Water, una fiaba dove, inspiegabilmente visto il successo dei film precedenti, uno dei personaggi negativi è un critico cinematografico. Due anni dopo è arrivato E venne il giorno, sbertucciato soprattutto per l'idea di rendere il vento l'antagonista principale (senza un colpo di scena che rendesse meno risibile la premessa). Ma anche questo è nulla in confronto al doppio colpo di grazia costituito da L'ultimo dominatore dell'aria, maldestro adattamento della popolare serie animata che ha anche avuto la sfortuna di uscire in sala con un'orrida conversione in 3D, e After Earth, film di fantascienza che ha messo a dura prova la forza commerciale di Will Smith. Per fortuna c'era ancora una persona disposta a fidarsi di Shyamalan, e il suo nome è Jason Blum...


Ritorno alle origini

Blum, produttore di successo specializzato nell'horror a basso budget, ha applicato la sua filosofia vincente al cinema di Shyamalan, collaborando con lui alla realizzazione di The Visit, un found footage sottilmente efficace nonostante la prevedibilità del colpo di scena (i due simpatici nonni dei protagonisti sono in realtà due pazzi fuggiti dal manicomio). Una parziale riabilitazione che ha aperto la strada all'uscita di Split, il film che chiude idealmente il cerchio e al contempo inaugura una nuova fase, speriamo positiva, della carriera del regista. Nell'ultima scena scopriamo infatti che Kevin Wendell esiste nello stesso universo di David Dunn, ed è quindi probabile che la trilogia menzionata in precedenza venga completata. Possiamo aspettarci uno scontro tra l'eroe indistruttibile e il villain dalle personalità multiple, nonché - soprattutto - il ritorno definitivo dello Shyamalan che tutti amiamo? Quello sì che sarebbe un bel colpo di scena.

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