Speciale Sfida senza regole

Quattro chiacchere con Al Pacino e Robert De Niro

Speciale Sfida senza regole
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Sfida senza regole - Conferenza Stampa

Il 17 settembre scorso nel lussuoso Hotel Hassler, a Roma, Everyeye ha assistito alla presentazione del film-evento “Sfida senza regole”. A commuovere la sala due big del cinema internazionale: Al Pacino e Robert De Niro. La loro entrata in scena ha talmente affascinato ed emozionato gli addetti ai lavori che la presenza del regista Jon Avnet è passata quasi inosservata. Avnet, capendo l'antifona, si è messo intelligentemente da parte intervenendo in poche occasioni e lasciando che fossero i divi a parlare per lui. Sebbene il film si attesti sulla sufficienza, gli applausi scroscianti e la calorosa accoglienza in sala hanno celebrato le due figure simbolo di un cinema duro e spietato, proprio come i loro personaggi.
Molte le domande e le curiosità legate al loro incontro, tante le cose da dire...

Che sensazione le da ricevere il premio Marco Aurelio?
AP - Ricevere il Marco Aurelio, premio che mi verrà conferito il 22 ottobre nell'ambito della Festa del Cinema di Roma, è per me un grandissimi onore, che ci crediate o meno. Un sicuro e fondamentale sostegno all'Actor Studio.

Com'è partita l'idea della coppia?
RDN - Inizialmente col regista era partita l'idea di una coppia alternata, ossia un poliziotto giovane e uno anziano. Al che ho pensato: perché non modificare lo script e aggiungere un poliziotto anziano della stessa età? Avnet allora mi chiese: a chi penseresti? Immediatamente ho risposto: mi verrebbe in mente Al. Ne abbiamo parlato, ci siamo incontrati ed è stato fantastico lavorare insieme.

Com'è stato tornare a lavorare insieme dopo Heat - La sfida?
AP - Più o meno sono una quindicina d'anni che non lavoriamo insieme. Avevo sempre cercato di lavorare con Bob, ci siamo sempre detti più volte che avremo voluto farlo ma non è mai capitata l'occasione giusta. E' sempre risultato difficile, in un paio di occasioni c'eravamo quasi... poi però i rispettivi programmi non ci hanno consentito alcun incontro. Io e Bob ci troviamo molto bene insieme, il regista è fantastico e secondo la sua visione quando un attore inventa, mettendo la sua esperienza sul set, non è mai sbagliato.

JA - Quando questi due grandi sono sul set, lo stesso reagisce alla loro presenza. Per me e per tutto il cast è stato fantastico.

Piacere dell'incontro o paura del confronto? Avete imparato qualcosa l'uno dall'altro?
AP - Per quanto mi riguarda lavorare con Bob è sempre stato un piacere. E' una persona di grande cuore, sensibile nei confronti degli attori e generosa. Quest'ultimo è un apprezzamento che gli fanno molte persone che lo conoscono a fondo.
Raramente capita di incontrare un attore che sa capire i ruoli così a fondo, e lui è una di queste. E' pur vero che quando eravamo più giovani ci trovavamo in situazioni più competitive, inutile nasconderlo.

RDN - Ho sempre avuto grande rispetto per Al. C'è stato un periodo in cui persino ci scambiavamo parecchie idee, ci confrontavamo... Mi sarebbe piaciuto fare più film con lui, soprattutto in virtù dei risultati ottenuti.

AP - Il fatto di avere vicino un uomo come Bob ti consente di fare il punto della situazione... Ti può aiutare molto il confronto con qualcuno che ha seguito un percorso simile al tuo e col quale avverti questa vicinanza. Anche perché questo aiuta altri aspetti della carriera e del successo che non sono facili da gestire proprio come essere umano. Diciamo che non sei da solo con i tuoi problemi.

Durante il suo percorso artistico ha sempre interpretato dei personaggi chiaro/scuro: quanto hanno influito sulla sua persona e quanto lei ha influenzato loro?
AP - Penso più di quanto mi piacerebbe sapere (ride). Trovo questa dualità estremamente interessante e mi piace molto il termine “chiaro/scuro”, perché effettivamente rende l'idea. Non mi piace interpretare personaggi monodimensionali, preferisco quelli che abbiano delle sfumature caratteriali. Recitare è poi un buon modo per sfogarsi: mi consente di far prevalere il lato oscuro e quello chiaro in egual misura.

Il tono del film è marcatamente americano. Qual è l'America che volevate rappresentare?
JA - L'America sta attraversando un periodo oscuro, di profonda crisi e il film vuole riflettere i tempi attuali. Molti si lamentano del sistema di giustizia fallace, il popolo si sente frustrato da tale situazione e di conseguenza ha paura. Nel film i due agenti cercano vendetta, sintomo che la società non vuole giustizia ma anarchia. E' la storia di New York: c'è il baseball, l'accento è quello e ci sono i nostri usi e costumi... e quali attori più newyorkesi di Al Pacino e Robert De Niro potevano rappresentarla?

Quanto è difficile trovare un buono script oggi?
AP - Trovare una buona sceneggiatura di questi tempi è molto difficile. Ma in genere lo è sempre stato. Ad Hollywood però si alternano momenti di calma piatta a situazioni in cui non sai quale progetto abbracciare, talmente sono tante le occasioni ghiotte... In questo caso il soggetto sembrava buono e cogliendo al volo l'occasione di lavorare con Bob ho accettato subito.

RDN - Abbiamo sempre voluto fare film insieme. Speriamo di non dover aspettare altri quindici anni per il prossimo!

Avete mai pensato di scambiarvi di ruoli?
AP - No, e non oso pensare al risultato... Questo perché i ruoli ci vengono assegnati molto prima, e vuoi o non vuoi, ti affezioni al personaggio. Oltretutto non mi piace leggere degli script senza capire quale personaggio andrò ad interpretare...

RDN - Chissà, magari se fosse stato Al ad incontrare Jon prima, forse ci saremmo ritrovati con i ruoli invertiti.

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