Prima di Wonder Woman: le altre supereroine al cinema

Per festeggiare il successo del film di Patty Jenkins ricordiamo gli esempi meno riusciti di cinecomic al femminile.

Prima di Wonder Woman: le altre supereroine al cinema
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Mentre scriviamo queste righe Wonder Woman ha superato il traguardo dei 600 milioni di dollari di incasso a livello mondiale, senza dimenticare la reazione generalmente positiva dei critici (con qualche punta di iperbole da parte della stampa americana). Un esito di non poco conto per il personaggio femminile di punta della DC Comics, assente dal grande schermo fino allo scorso anno quando debuttò in Batman v Superman: Dawn of Justice, nonché una smentita necessaria del luogo comune sull'insuccesso dei film di supereroi incentrati su donne, uno stereotipo che influenza anche gli aspetti in apparenza meno significativi: quando il ramo cinematografico della Marvel era ancora sotto il controllo di Ike Perlmutter, questi bocciò l'idea di un'antagonista femminile in Iron Man 3 per questioni di merchandising (secondo lui le action figures interessavano solo ai maschi, che non avrebbero voluto acquistare giocattoli raffiguranti donne). La stessa Wonder Woman ha dovuto affrontare svariate false partenze sul grande schermo nel corso degli anni, complice anche l'uscita di alcuni prodotti Marvel e DC con protagoniste femminili che sono stati massacrati sia dalla critica che dal pubblico. Rivisitiamoli insieme.

Supergirl (1984)

Il primo cinecomic al femminile risale agli anni Ottanta, ed è nato come spin-off della versione di Superman interpretata da Christopher Reeve (il quale rifiutò di apparire nel film, ma presenziò al fianco della protagonista Helen Slater alla première londinese). Prodotto dalla famiglia Salkind, che all'epoca deteneva i diritti di sfruttamento del franchise, il lungometraggio fu oggetto di una disputa con la Warner Bros. sulla data d'uscita, che alla fine spinse la major, già delusa dallo scarso successo di Superman III, a rinunciare alla distribuzione del film (affidata alla TriStar negli USA). Rivisto oggi è ancora più strano immaginare che un prodotto simile sia frutto degli stessi produttori che ebbero l'idea di portare Superman al cinema nel 1978: maldestro, spesso imbarazzante, capace di far recitare male persino un mostro sacro come Peter O'Toole. Oggi i diritti del film sono nuovamente in mano alla Warner, ma il suo statuto di pecora nera del franchise rimane intatto: nelle varie edizioni in cofanetto del Superman di Reeve, Supergirl è tendenzialmente escluso, pur facendo parte della stessa continuity (è invece incluso Superman IV, l'equivalente di Batman & Robin per l'Uomo d'acciaio). Per fortuna il personaggio si è redento negli ultimi anni sul piccolo schermo.

Catwoman (2004)

Questo è il classico esempio di un'idea interessante sviluppata nel modo sbagliato: inizialmente il film doveva essere uno spin-off di Batman - Il ritorno, con Tim Burton in cabina di regia e Michelle Pfeiffer di nuovo nel ruolo di Selina Kyle. Quella versione del progetto fu continuamente rimandata e poi congelata, prima di trovare nuova vita come potenziale film di cassetta per Ashley Judd. Accantonata anche quella variante subentrò Halle Berry, vincitrice di un Oscar e nota ai fan di supereroi grazie al franchise degli X-Men. Selina Kyle fu sostituita da Patience Phillips, ma la nascita della nuova Catwoman è sostanzialmente la stessa, con dei rimandi al Batman di Burton per creare una sorta di mitologia coerente.

Il risultato è un film involontariamente esilarante, tra stacchi di montaggio in eccesso e un conflitto a dir poco risibile tra la protagonista e la villain interpretata da Sharon Stone (con tanto di frecciatina mal gestita nei confronti di Hollywood che tende ad accantonare le attrici di successo quando raggiungono una certa età). L'aspetto più memorabile? La cerimonia dei Razzie Awards (il contrario degli Oscar), dove Halle Berry accettò in persona il riconoscimento come peggior attrice e ringraziò la Warner per averla "scritturata in questo film di merda".

Elektra (2005)

Nel 2003 il pubblico gradì abbastanza Daredevil, concepito come piattaforma di lancio per un nuovo franchise Marvel prodotto dalla 20th Century Fox dopo il successo di X-Men. Il passo successivo fu dedicare un film intero all'antieroina Elektra, ex-amante dell'eroe cieco e killer a pagamento. Proprio in quegli anni il personaggio era stato rilanciato in solitario nei fumetti con risultati più che discreti, ma la trasposizione cinematografica di Rob Bowman, penalizzata anche da imposizioni dall'alto per rendere la storia meno dark, accantona tutte le sfumature di grigio associate alla bella e letale ninja e confeziona una storia d'azione sbrigativa e superficiale, che persino Jennifer Garner preferisce dimenticare (l'attrice ha successivamente ammesso di aver girato il film solo per dovere contrattuale). Come la cugina di Superman, anche la ex di Daredevil si è rifatta in veste seriale, entrando a far parte del quartiere Netflix del Marvel Cinematic Universe.

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