Speciale Oblivion: droni e robot al cinema

Un viaggio nella robotica applicata al cinema...

Speciale Oblivion: droni e robot al cinema
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Il prossimo 11 aprile uscirà in Italia, distribuito da Universal, il nuovo film con Tom Cruise e Morgan Freeman diretto da Joseph Kosinski (TRON: Legacy): Oblivion.
Vi abbiamo già mostrato, in esclusiva, l'avveniristica tecnica realizzativa del film: oggi ci soffermiamo su un elemento apparentemente collaterale ma in verità sempre molto interessante della fantascienza: l'utilizzo di robot e simili da parte dell'uomo.
Nel film, Cruise interpreta Jack Harper, uno degli ultimi riparatori di droni operanti sulla Terra, destinato, suo malgrado, ad una incredibile avventura a sorpresa per difendere il destino dell'umanità. Uno degli argomenti principe della sci-fi, sia letteraria che cinematografica, è sempre stato il rapporto degli esseri umani con i cosiddetti robot, macchine utilizzate come forza lavoro più o meno automatizzata. Gli scenari sono stati i più vari, da quelli più rosei a quelli più catastrofici, e il cinema se ne è spesso occupato. La parola stessa deriva dallo slavo robota, ovvero “lavoro pesante” ed è stata coniata dallo scrittore ceco Karel Čapek (a sua volta ispirato da suo fratello Josef) nel 1920 per il suo romanzo I robot universali di Rossum: da lì è stato un vero e proprio crescendo, che ha configurato l'uso (e l'abuso) del termine e delle sue varie discendenze e ramificazioni: droni, droidi, automi, cyborg e così via, tenendo da conto l'influenza di altre opere fantascientifiche di peso, come Metropolis di Fritz Lang o la grande produzione Asimoviana, grande esploratrice della tematica. Certo, l'ideazione di uomini meccanici (o quantomeno di automi di vario tipo) era stata teorizzata già diversi secoli prima (da Leonardo da Vinci in particolare) ed era presente in opere di fantasia precedenti (vedasi, del resto, il Frankenstein di Mary Shelley del 1817, L'uomo di sabbia di E.T.A. Hoffman, sempre 1817, e gli omuncoli di Ippolito Nievo indicati in Storia filosofica dei secoli futuri, del 1860): ma è curioso pensare che meccanismi del genere erano stati realizzati già a metà del '700 da Jacques de Vaucanson, inaspettatamente citato addirittura da Giuseppe Tornatore nel recentissimo La migliore offerta.

Ma qual è stata l'evoluzione del robot al cinema? L'argomento è in realtà vastissimo, quindi selezioneremo alcuni punti focali e pellicole tra le più note per il nostro excursus, altrimenti troppo esteso: ma speriamo questo sia solo un punto di partenza per la vostra curiosità, e non uno d'arrivo, del resto.
Nel 1927 il cinema espressionista germanico sforna un capolavoro storico grazie a Fritz Lang: Metropolis. Nel dipingere la sua metropoli futuristica, Lang inserisce al centro della vicenda il personaggio della Maria-robot, un androide mascherato da essere umano di genere femminile. Tematica più e più volte incontrata, nei decenni successivi, nel cinema. Anzi, in verità Lang era fin troppo avanti per i suoi tempi, dato che, perlomeno fino agli anni '60, la maggior parte dei robot aveva linee squadrate, fredde, silhoutte fin troppo rigide e ingombranti per sembrare umani.
I robot, fedeli al concetto di utilità, hanno spesso avuto forme meno antropomorfe e più “realistiche”, con droni di vario tipo. Questo, perlomeno, nel cinema occidentale: quello nipponico, sia in live action che in animazione, si è sempre divertito a creare nuovi Prometeo robotici dalle forme umane o animali. Vedasi le varie versioni 'mecha' dei kaiju (i “mostroni” come Godzilla), molti sentai o tokusatsu (i supereroi giapponesi, come Kamen Raider, Megaloman e i Power Rangers, detto in maniera molto spicciola) e gli immortali robot creati da Osamu Tezuka, Go Nagai e Mitsuteru Yokoyama, da Astro Boy a Mazinger Z. E lo stesso Metropolis vanta una sorta di remake giapponese con l'omonimo film di Rintaro del 2001, basato in parte sul film di Lang e in parte sull'opera a fumetti di Osamu Tezuka.

Ma tornando al concetto di drone e robot da lavoro, viene quasi istintivo pensare all'accoppiata C-3PO e R2-D2 dalla saga di Star Wars. Fin dal primo film della serie (1977) questi due robot sono entrati nei cuori dei fan, tanto da essere sempre presenti, in un modo o nell'altro, nei film e negli spin-off. È curioso notare come il design dei vari robot famosi si “tramandi” in qualche modo: C-3PO è chiaramente ispirato a Maria di Metropolis, mentre il design dell'adorabile Numero 5, protagonista del celebre Corto circuito (1986) è stata la base per l'ideazione grafica del WALL•E della Pixar (2008), come ad indicare una certa continuità nell'iconografia di certi personaggi.
Del resto, una versione parodistica di C-3PO è immancabilmente presente in Balle Spaziali di Mel Brooks (1987), mentre Marvin l'androide paranoico è uno dei personaggi più interessanti di Guida galattica per autostoppisti, serie che, nel 2005, è approdata anche al cinema portando con sé uno dei robottini più spassosi di sempre.

Sempre parlando di classici, che però guardano al passato, impossibile non citare Hugo Cabret (2011) il cui mistero più grande è proprio l'esistenza di un automa che necessita di essere riparato per svelare i suoi segreti: il film (e il romanzo da cui è tratto) è recentissimo ma l'ambientazione è particolarmente nostalgica e retrò, trattandosi degli anni '30.
Il più recente esempio di robottino domestico al cinema, invece, è probabilmente quello presente in Robot & Frank, da noi recentemente recensito.
Spesso al cinema abbiamo visto droni o robot dalle forme astruse e utilizzati come meccanismi di offesa e difesa: in Matrix (1999) abbiamo le tentacolari Sentinelle, mentre le omonime creature robotiche degli X-Men sono presenti, anche se solo nella Stanza del pericolo, in X-Men - Conflitto Finale (2006). E ancora in Minority Report (2002) oltre a ritrovare Tom Cruise abbiamo dei ragni robotici utilizzati dalla Polizia Precrimine. Il Doctor Octopus, villain del secondo Spider-Man di Sam Raimi (2004) utilizza delle braccia meccaniche supplementari intelligenti, collegate con i nervi della spina dorsale.

Ma la vera e propria convivenza con esseri sintetici più o meno intelligente come potrebbe essere? Se lo sono domandato decine di scrittori e sceneggiatori, con alterne fortune e risultati. Io, robot di Alex Proyas (2004) parte dall'assunto delle teorie e delle Leggi della robotica di Asimov per muoversi lungo percorsi più action, mentre in maniera un po' più seria ci aveva già pensato Steven Spielberg col suo A.I. - Intelligenza Artificiale, del 2001, basandosi su un progetto di Stanley Kubrick. Lo stesso Kubrick che ha dato vita, in un certo senso, ai “computer intelligenti” con il suo 2001 - Odissea nello spazio del 1968 e il celebre HAL 9000, precursore dei vari Jarvis di Iron Man (2008) e GERTY di Moon (2009). Nello stesso anno esce il remake americano del classico Tezukiano, Astro Boy, piccolo simbolo di robottino in conflitto con la sua natura. Conflitti che vediamo rappresentati, in modi e con intenzioni diverse, in tante pellicole, dal Robots del 2005 all'ormai classico L'uomo bicentenario di Asimov, portato al cinema nel 1999 da Chris Columbus con Robin Williams come protagonista.

Da qui agli androidi più complessi e simili agli esseri umani il passo è breve: come Data di Star Trek - The next generation -presente, oltre che nella serie tv, anche in ben quattro film cinematografici- o i vari androidi presenti nella saga di Alien (e in Prometheus), dei quali il più recente è il David intepretato da Michael Fassbender (2012). Il confine tra interessi dei padroni umani e sentimenti propri risulta così, a volte, labile, trovandoci anche di fronte a piccoli capolavori di caratterizzazione come il Roy Batty di Blade Runner (1982), diretto da Ridley Scott a partire da Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick.
Ma se alle volte i robot hanno bisogno dell'imput umano (Il gigante di ferro, 1999, o Real Steel, 2011) altre volte abbiamo visto robot assolutamente senzienti se non, a loro modo, vivi, come i Transformers (2007) o i minacciosi Terminator (1984), apice del concetto della macchina che si ribella all'uomo, insieme agli agenti di Matrix (1999).

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