Speciale Locarno, il Pardo d'oro e Christopher Lee

Diario di viaggio in Svizzera, alla Festa del Cinema

Speciale Locarno, il Pardo d'oro e Christopher Lee
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Arrivi a Locarno e ti rendi subito conto che non è come gli altri festival. Coi suoi pregi e i suoi difetti, è qualcosa di diverso. Bisogna subito dimenticare il glamour di Venezia e Cannes, o l'aria più culturale di Torino, il cinema sfavillante e stracolmo di Berlino. Di tutti questi, Locarno riprende qualche ingrediente e li amalgama a suo modo, creando un ibrido che può spiazzare, a cominciare dalla quantità di lingue parlate in Svizzera che immediatamente rendono la città del lago Maggiore una strana insalata fatta di francese, tedesco, italiano. L'inglese pare quasi secondario, da queste parti. Questa mescolanza è la particolarità di questa piccola città, circa quindicimila abitanti, con funicolari per salire al belvedere della Madonna del Sasso da una parte e i pedalò dall'altra per chi, sul lago, tenta di imitare il mare. C'è anche il lido di Locarno, che ovviamente è una delle zone festaiole più movimentate. Il suo essere schiacciata tra lago e monti l'ha probabilmente resa ibrida di natura, uno spirito di mix e contaminazione scritto nel DNA. Passeggiate sul lungolago e vedrete alternate palme e pini oltreché altri tipi di vegetazione di mare mista a quella di montagna. Locarno è così: piccola, accogliente (il suo cuore è la Piazza Grande, ne parliamo fra pochissimo), certamente costosa e con regole tutte sue, stranianti rispetto ai grandi festival limitrofi.

La piazza grande

E' il primo anno che vede al timone come direttore artistico Carlo Chatrian, capelli ricci che ti gridano "ehi, guarda che sono la pop star del festival!" e occhialini squadrati che sottolineano il suo serio impegno nell'organizzazione. La sera del 7 agosto, nonostante lampi e tuoni, la Piazza Grande è affollatissima: centro cittadino e cuore nevralgico del festival, è la culla da cui l'evento è sorto, "il più grande festival di cinema in piazza" come ricordano sempre gli organizzatori, ed anche uno dei più vecchi: se si eccettua una rassegna romana di pochi anni, è il secondo festival più vecchio (il primo è Venezia), cominciato pochi mesi prima di Cannes - per questo, forse, i francesi non lo perdoneranno mai. Il quarto festival più importante d'Europa (dopo Cannes, Venezia e Berlino) segue il rito del consueto appuntamento serale di fronte al palco e al maxischermo di Piazza Grande, oltre 8000 posti, una folla oceanica che non si lascia intimidire nemmeno dalle tempeste (tradizione vuole che il festival sia sempre bagnato, e alla proiezione di 2 Guns la prima sera solo pochi temerari hanno stoicamente resistito, armati di keeway e ombrelli.

L'APERTURA e IL CUORE DELLA CITTà

Quando le luci si abbassano in piazza, l'atmosfera si carica di magia ed eccitazione. Sul palco sale Marco Solari, il presidente del festival, e alterna con nonchalance italiano, francese, tedesco. Quando poi sale Chatrian (il nuovo Thierry Fremaux?) e invoca il Pardo alla carriera per un grande attore abituato a lavorare nell'oscurità, è arrivato il momento migliore: non solo venivano proiettati estratti video dai suoi film più famosi, ma svariati proiettori tingevano le facciate degli edifici con le migliori foto, in uno spettacolo semplice ma toccante, che ha introdotto sir Christopher Lee sul palco. "Stasera devo parlare italiano" ha detto con voce stentorea e una certa dimestichezza, ed è bastato a commuovere tutti, o almeno i madrelingua italiani. Poi svela di saper parlare italiano perché sua madre era italiana, "mi chiamo Christopher Frank Carandini Lee". Spiega al pubblico che la sua è l'unica famiglia con quel cognome e risale storicamente almeno all'epoca romana, quando i suoi avi costruivano i carri per l'esercito romano. "Perciò sì, sono molto vecchio", scherza lui, che durante il suo discorso sa essere commovente e scherzoso, nostalgico ma anche sintetico. Passa al più agile inglese e sottolinea che il duello in Star Wars lo ha interpretato lui stesso, nessuna controfigura. "I did it!" ha tuonato, e l'applauso lo ha abbracciato. Ora Locarno è disseminata di suoi volantini e di magazine col suo volto. Ma altri due sono stati ospiti meritevoli della serata: prima Vinicio Capossela (nel pomeriggio aveva presentato Indebito, realizzato con Andrea Segre), che si è esibito in un brano con l'uso di uno strumento greco (lo stesso usato nel rebetico, tradizione musicale greca su cui è incentrato il film), quindi l'energico Baltasar Kormakur, regista dell'ormai noto Cani sciolti (2 guns è il titolo originale), uno dei film più applauditi finora, mix di azione e umorismo davvero efficace. Mentre gli ospiti parlavano, un particolare saltava all'occhio: il maxischermo dietro di loro mostrava un primissimo piano su un leopardo, ne vediamo solo la pelliccia ma ciò che colpisce è che, di sfondo, viene mostrato il respiro pacato dell'animale sotto la pelliccia. Il simbolo del festival e di Locarno che respira è quello di una comunità intera che respira e si raduna attorno al festival, la stragrande fetta degli oltre ottomila spettatori che ti circonda in piazza. Perché qua, più che a Torino, Berlino, Cannes, Venezia, qua veramente il festival è un grande momento strettamente avvinto al codice genetico di tutti i cittadini. E si vede anche dalla presenza massiccia di simboli del festival, disseminati pressoché ovunque, dai poster coi programmi cosicché il pubblico non se ne perda uno, dagli schermi che trasmettono in loop interviste a Chatrian e agli ospiti, o le conversazioni di importanti personaggi come Faye Dunaway e Sergio Castellitto. E un po' c'è il Bar Magnolia davanti a piazza Grande, cocktails e concerti e discussioni sul cinema direttamente al microfonmo (oggi parlavano di Giovanni Venosta e della sua collaborazione con Soldini), i gazebi con orchestre ed eventi, la lounge con colonna sonora sempre ed obbligatoriamente cinematografica. Prendere un caffè mentre la musica di Pulp Fiction fa da sfondo è ancora più energico.

Comunque, all'apertura ha piovuto. Il temporale ha atteso che gli ospiti finissero, poi ha attaccato il film. Ma se non è bagnato, non è Locarno!