Speciale La migliore offerta di Tornatore

Giuseppe Tornatore parla di sé e del suo ultimo film alla presentazione del Blu-Ray de La Migliore Offerta

Speciale La migliore offerta di Tornatore
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Giuseppe Tornatore è uno di quei cineasti che fa parlare molto intorno a sé e che facilmente si attira qualche velenoso sentimento d’invidia; sarà forse perché è uno dei pochi, forse l’unico tra i registi italiani attuali, a riuscire a mettere d’accordo con buona approssimazione pubblico e critica quando si tratta dei suoi film. La sua ultima fatica, La migliore offerta (produzione italiana e cast straniero), ha raccolto in Italia quasi due milioni euro al primo week-end e in due mesi ha raggiunto una cifra complessiva di quasi nove milioni: tre in più del sorrentiniano This must be the place, quasi sette più di Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, circa cinque milioni più di Educazione siberiana. Cifre da capogiro per un film che ha aggiunto un tassello alla colorata e movimentata carriera di uno dei nostri attuali registri italiani più “esteri”: dall’Oscar per Nuovo Cinema Paradiso al successo transatlantico (letteralmente) de La leggenda del pianista sull’oceano, dall’inciampo di Malèna e il ritorno con La sconosciuta all'autobiografico Baarìa. Il pluripremiato regista ha incontrato i giornalisti alla sede di Amazon Italia per una conferenza stampa divertente e interessante, in occasione dell’arrivo in edizione home video proprio de La migliore offerta.

Chi scrive non è un patito di Tornatore; un amante delle atmosfere fiabesche del pianista tratteggiato da Baricco, certo, e un nostalgico cuore riscaldato dai colori caldi dell’immaginaria Giancaldo siciliana. Ma non un patito, anzi vagamente timoroso che questo talentuoso e pluripremiato regista stesse cominciando a patinarsi di un’aura fin troppo decorata. Nulla poteva essere più distante dal vero: l’incontro con Tornatore è stato una sorpresa, ha spiazzato le domande e i tempi, si è rivelato simpatico e autoironico, ma soprattutto è stata la modestia a riscaldare l’ambiente di una saletta un po’ nervosa. Si doveva parlare dell’uscita de La migliore offerta in DVD e Blu-Ray Disc, ma si è finito per parlare quasi più della vita del cineasta in generale. Mai prolisso, la sua capacità di dosare parole semplici e precise al tempo stesso ha reso i botta e risposta di una rara qualità. Sarà sicuramente una sorpresa scoprire la gestazione del suo ultimo film, o meglio la nascita dell’idea: «Storia lunga. Mi piace incubare a lungo le mie idee. Ci lavoravo già dall’84, mi piaceva il personaggio ma non lo sviluppo della storia», ha dichiarato spiazzando un po’ tutti, «Un giorno ho fatto interagire due personaggi di due storie estranee fra loro, dal cui incontro ne è nata una terza, che è La migliore offerta». Quest’idea dell’incubazione delle idee, affascinante e serpeggiante in tutta la conferenza, segue la vita artistica di quasi tutti i film del regista: «solo un film è stata l’eccezione, la folgorazione». «Scelgo tre o quattro storie e le propongo a un produttore, La Sconosciuta è nato così», poi alla domanda di come si può valutare se un’idea è interessante, risponde: «Ciascuno si affida all’intuito, non credo esista una formula. C’è chi si convince con altre verifiche. Io amo questo percorso», quelli che nel corso dei suoi interventi ha definito rapporti ciclici, che vanno e vengono. «Se a distanza di anni una storia torna sempre (anche in modo critico), per me è una conferma. Più lunga è l’incubazione, più facile è la scrittura».

Poi si parla più specificatamente de La Migliore offerta. Il divertente aneddoto di come si è avvicinato al mondo delle aste d’arte: «Non conoscevo questo mondo, ma ero incuriosito perché ricevevo cataloghi d’arte. M’incuriosiva il linguaggio e il battitore d’aste, che alla fine decide il valore delle cose». Poi, parlando più direttamente di Virgil Oldman, il personaggio interpretato da Geoffrey Rush: «Una personalità difficile. Il suo rapporto con le donne è solo attraverso i quadri, la sua collezione segreta. I guanti lo simboleggiano. E’ una di quelle trovate di noi cineasti, nascono dall’approfondimento delle ossessioni». Alla domanda se Tornatore abbia a sua volta dei piccoli tic, afferma in tutta franchezza: «Gravi non penso di averne, i tic di Oldman vengono dal mio essere attento a quelli degli altri. Fare cinema è essere attento ventiquattr’ore su ventiquattro. I miei unici tic: sono superstizioso, non venite vestiti di viola sul set». Chiarisce anche come si bilancia il film, intrigato e impastato di diverse materie: «L’equilibrio è determinato dal raccontare l’amore con la tessitura del noir, del thriller», mentre rispetto all’idea dell’automa, afferma di aver visto solo dopo aver realizzato il proprio film lo Hugo Cabret di Scorsese e che piuttosto è sempre stato un «interesse fin da ragazzo» e serviva a simboleggiare il rapporto tra Virgil Oldman e la ragazza: «Qualcosa che prende corpo: allegria, cosa sono i sentimenti e il mondo se non ci rifiutiamo agli altri».
Forse però il momento più bello è stato quando hanno proiettato un estratto da un video di backstage in cui Geoffrey Rush (che nel frattempo, parlando di Tornatore, azzarda «reminds me Hitchcock») e Liya Kebede parlano del film come di una storia molto complessa, mentre il montaggio intervalla spezzoni di intervista a Tornatore che ne parla come una storia semplice. Il pubblico in sala ride e il regista, in un sorriso, spiega solo che lui si stava riferendo al primo livello narrativo, il più semplice, mentre gli attori si erano concentrati sulla struttura complessa che soggiace alla storia.

Una conferenza interessante e assolutamente comune, piuttosto che assumere i tratti della tipica presentazione stampa sembrava essere una lezione di cinema, che si è mossa dalla creatività artistica alla critica cinematografica, dall’attuale scenario digitale e la pirateria fino a una veloce carrellata sul bagaglio personale del regista. Che cerca sempre di sdrammatizzare e buttare sullo scherzo, come quando all’osservazione ammirata del moderatore riguardo il silenzio religioso degli studenti durante una sua lezione di cinema, durante la quale non hanno usato il cellulare per quasi due ore, Tornatore ha commentato: «Forse non c’era campo!»

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