L'embargo stampa nel cinema: chi era costui?

Proviamo ad approfondire una questione talvolta spinosa legata al giornalismo (cinematografico, nel nostro caso), partendo da un curioso caso italiano.

L'embargo stampa nel cinema: chi era costui?
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Ha fatto recentemente discutere, nell'ambiente del giornalismo culturale/cinematografico italiano, la strategia impiegata per le recensioni di Dunkirk, il nuovo lungometraggio di Christopher Nolan che nelle nostre sale arriverà il 31 agosto, più di un mese dopo l'uscita americana. Per l'esattezza, i pareri critici approfonditi sono bloccati fino al 21 agosto, mentre per le opinioni più brevi sui social network la restrizione era fino al 26 luglio, due giorni dopo l'anteprima stampa a Roma (e giorno stesso della proiezione anticipata a Milano). Un'imposizione che agli occhi di molti è risultata ridicola, non tanto per la questione pratica di voler far uscire la recensione in prossimità dell'uscita nei cinema italiani (cosa che comunque nell'era del web è un falso problema, basta rilanciare l'articolo/video in homepage, mentre la stampa cartacea aspetta l'uscita a prescindere), quanto piuttosto per la scelta di istituire un embargo per un film che a quel punto era già uscito in patria e gran parte dei mercati internazionali. Senza dimenticare il fatto che chi aveva visto il film all'estero (anteprima ufficiale a Londra o simili) poteva tranquillamente pubblicare la recensione anche su una testata italiana, poiché fuori dai confini nazionali l'embargo, qualora ci fosse, era diverso. La stessa cosa si è verificata con altri due film, Cattivissimo me 3 e Cars 3: chi scrive, avendoli visti ad Annecy, ha potuto scriverne senza problemi, mentre coloro che hanno assistito alle anteprime italiane sono stati temporaneamente bloccati, nonostante i due lungometraggi fossero già usciti un po' ovunque.

Do ut des

Tipicamente, l'embargo stampa ha un duplice scopo, di cui uno ufficioso: da un lato, consente alla recensioni di uscire in contemporanea, senza che una testata scavalchi le altre poiché capita che, nello stesso paese, l'anteprima abbia luogo in città diverse in giorni diversi (questo soprattutto negli Stati Uniti, dove ogni grande città - principalmente New York, Chicago e Los Angeles - vede il film in tempi diversi); dall'altro, qualora la distribuzione si aspettasse un plebiscito di pareri negativi, l'embargo impedisce a questi di uscire in un momento in cui potrebbero danneggiare la pellicola in questione (N.B. con l'eccezione dei festival, dove tutte la anteprime mondiali sono sotto embargo a prescindere, queste restrizioni tendono ad essere applicate solo alle uscite di un certo peso). L'esempio più recente di questo, negli Stati Uniti, è The Emoji Movie, che attualmente ha solo l'8% di recensioni positive sull'aggregatore Rotten Tomatoes. Quando è stato tolto l'embargo? Poche ore prima dell'inizio delle proiezioni pubbliche. In ogni caso, si tratta essenzialmente di uno scambio di favori tra il giornalista e l'ufficio stampa: per determinati titoli, l'accettazione dell'embargo (che il più delle volte è una formalità non troppo restrittiva) è la conditio sine qua non per vederli in anticipo e poter fare il proprio lavoro nei tempi giusti. E se qualcuno dovesse sgarrare, le conseguenze possono essere molto serie: nel dicembre del 2011, David Denby, all'epoca critico principale del New Yorker, pubblicò la sua recensione di Millennium - Uomini che odiano le donne pochi giorni prima dello scadere dell'embargo, ufficialmente per questioni editoriali (nel periodo natalizio il film non avrebbe avuto lo spazio che meritava sulla rivista). Risultato: Denby è stato bandito a vita dalle proiezioni stampa dei film distribuiti dalla Sony e/o prodotti da Scott Rudin, protagonista di un memorabile carteggio elettronico con il giornalista (il quale cercò di giustificarsi persino con la scusa più gettonata in questi casi: la recensione era positiva).

Casi particolari

Il più delle volte l'embargo scade in tempi ragionevoli, almeno per quanto riguarda le uscite in sala, ma anche in Europa si verificano casi come quello americano di The Emoji Movie (nello specifico, quando Battleship è uscito in Svizzera francese, dove vive e lavora il sottoscritto, radio, TV e stampa online non potevano commentare il film prima delle 10 del mattino nel giorno stesso dell'uscita). Poi c'è il caso dei festival, dove la regola generale vuole che per i film in anteprima mondiale (ossia quasi tutti quelli che passano a Cannes e Venezia, per esempio) la recensione rimanga in standby fino a mezz'ora dopo l'inizio della proiezione ufficiale. Anche lì, però, si possono riscontrare situazioni eccezionali. Basti pensare all'edizione 2014 della Berlinale, dove tra le proiezioni speciali c'era una versione provvisoria di The 50 Year Argument, documentario di Martin Scorsese e David Tedeschi sulla New York Review of Books (la copia era talmente provvisoria che all'epoca il film era noto semplicemente come Untitled New York Review of Books Documentary). Il giorno prima della proiezione, aperta a stampa e pubblico, tutti i giornalisti presenti al festival hanno ricevuto una mail dove si chiedeva di non recensire il film, essendo esso un work-in-progress. A quel punto però che senso aveva permettere alla stampa di vederlo, soprattutto considerando che in molti paesi la copertura festivaliera sarebbe stata l'unica opportunità per parlare del progetto (inedito in sala in Italia, e non solo)? E poi c'è la questione dei film, spesso nazionali, che alla stampa del paese d'origine vengono mostrati prima del passaggio al festival, o casi simili come quello del film d'apertura di Cannes che, dal 2010, esce sempre in contemporanea nelle sale in Francia e Svizzera francese. E qui è impossibile non ricordare Moonrise Kingdom, che il sottoscritto poté vedere cinque giorni prima dell'inizio del festival.

Seguendo la logica classica dell'embargo stampa, le testate cartacee avrebbero dovuto pubblicare la recensione il giovedì, dopo la proiezione ufficiale, solo che le festività elvetiche avrebbero fatto slittare il tutto al venerdì, fuori tempo massimo. Risultato: nonostante la mail dell'ufficio stampa che invitava a non farlo, tutti i quotidiani hanno violato l'embargo pubblicando già il mercoledì. L'unica eccezione è La Tribune de Genève, il cui critico, nella mezza pagina dedicata al film di Wes Anderson, ha semplicemente scritto: "Ho visto questo film in proiezione anticipata, ma non ho il diritto di parlarne."

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