Speciale John Lasseter - Leone alla Carriera

L'omaggio di Movieye all'uomo dietro a Pixar e alla rinascita dell'animazione

Speciale John Lasseter - Leone alla Carriera
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Ogni epoca ha i suoi menestrelli, i narratori di storie. Persone speciali, in grado di inventare mondi lontani dalla realtà ma al tempo stesso vicini ai sentimenti. Nel mondo moderno, complici tecnologie sempre più potenti nonché versatili, stiamo scoprendo che quasi tutti hanno qualcosa da raccontare ma, con drammatico pragmatismo, ci rendiamo sempre più conto che il vero talento è un dono ancora destinato a pochissimi fortunati.Per decenni l'animazione occidentale è cresciuta all'ombra dell'incommensurabile genio di Walt Disney. Animatore, regista, sceneggiatore, uomo d'affari, il creatore di Topolino ha dominato l'industria dell'intrattenimento per più di settant'anni, ben al di la della sua morte. Lo zio Walt, dopo aver inventato un genere che prima non esisteva ne ha voluto tracciare le coordinate, in maniera indelebile. Fino al 1995 nessun autore che voleva confrontarsi con l'animazione poteva prescindere dall'insegnamento del Maestro di Burbank, non solo dal punto di vista artistico ma anche da quello tecnico. Tuttavia i costi sempre maggiori dei film d'animazione, una generale mancanza d'ispirazione e, forse, la sensazione che tutte le strade fossero già state battute (d'altronde come si può creare un cartoon più grande de La Spada nella Roccia o La carica dei 101?), fecero capire a un giovane artista che era giunto il momento per rompere con le tradizioni consolidate. Il suo nome era John Lassater e la sua arma si chiamava Toy Story.Ma facciamo un passo indietro.

Prima del successo planetario con Buzz e Woody la carriera di Lasseter s'è intrecciata con quella di alcuni altri grandissimi nomi dello show - biz (e non solo), segnando in modo profondo non la sua vita e, soprattutto, il suo cinema. Appena laureato alla CalArt, la scuola d'animazione voluta proprio da Walt Disney, il giovane John riuscì a farsi assumere presso l Casa di Topolino, il sogno di qualunque giovane animatore, preparandosi a una lunga gavetta fra cineprese multipiano, bozzetti e inchiostro di china. Qualcosa tuttavia non andava, Disney fra gli anni '70 e i primi '80 non era più quella di un tempo, la morte del vecchio Walt pesava su tutto lo studio e nessun regista, produttore o dirigente sembrava voler assumere nuovi rischi. A Burbank si vivacchiava di rendita e Lasseter fu tra i primi a rendersene conto; anticipando di alcuni anni la profonda crisi che avrebbe investito la compagnia a cavallo del millennio cercò di portare a termine alcuni progetti d'avanguardia, dei corti animati in cui sperimentava nuovi usi della Camera Multipiano e una maggiore integrazione con le tecnologie informatiche. Ognuno di questi esperimenti però fu presto cassato dalla miopia delle dirigenze, frustrando ancor di più la creatività di Lasseter e di molti altri giovani che speravano di trovare in Disney terreno fertile per concretizzare i propri sogni. Il vero punto di svolta sarà nel 1981 quando Lassater, grazie a un amico che lavorava nel reparto effetti speciali di Disney, può sbirciare le prime riprese di TRON. E' un colpo di fulmine. L'uso della computer grafica, unito a tecniche d'animazione rivoluzionarie, fa capire a John che quella è la strada per il futuro e che rimanere indietro significa perdere il treno che avrebbe portato Disney verso il futuro.Nel 1982, sempre più convinto della necessità di percorrere la strada della CG, Lasseter riesce a entrare in Lucasfilm, lavorando con il neonato team che avrebbe dovuto occuparsi delle tecnologie computerizzate per l'animazione e gli effetti speciali. Qui riesce finalmente a girare il suo primo corto completamente in computer grafica, The adventures of André and Wally B. In questo splendido cartoon da due minuti scarsi di durata c'è già tutta la poetica Pixar, la straordinaria capacità di condensare in poche espressioni vicende straordinarie, recuperando le atmosfere comiche dei film di Charlot o degli annali del muto. Il vaudeville incontra la tecnologia, un ritorno alle origini del Cinema mischiato con le più moderne tecniche disponibili. Una ventata di aria fresca cominciò a sbuffare in un settore che cominciava davvero a puzzare di chiuso. Tuttavia, nonostante Wally B. fosse stato un successo tecnologico senza precedenti, Lucas, oberato dai debiti e in crisi dopo un turbolento divorzio, decise di cedere alcune delle sue compagnie e fra queste, manco a dirlo, c'era proprio la Computer Graphic Division. Ma è quando tutto sembra andar male che si offrono le occasioni più interessanti. Ed è proprio ora, siamo alla metà del 1986, che un nuovo protagonista si affaccia sul proscenio della nostra storia; un imprenditore guidato da una grande passione per la tecnologia, che con le sue mele morsicate aveva già rivoluzionato l'intera industria dell'IT. Steve Jobs.Per descrivere le traversie che portarono Jobs a interessarsi all'acquisto di Lucas CG ci vorrebbe un intero libro ma cercheremo di essere il più stringati possibile. Estromesso da Apple nel 1985, l'ex ragazzo prodigio della Silicon Valley, trovatosi alla soglia dei trent'anni con molti(ssimi) soldi e nessun lavoro, decise di investire in due nuovi progetti, il primo, NexT, era una start - up informatica che nel corso degli anni, svilupperà alcune tecnologie che diventeranno poi la base per Mac OS X e l'attuale rinascita di Apple; il secondo era proprio Lucas CG. Affascinato dalle idee di Lasseter e convinto che il futuro dell'animazione passasse irrevocabilmente per il computer, Jobs rilevò l'intera divisione da Lucas e la ribattezzò Pixar, dandogli come unico obiettivo aziendale lo studio delle tecnologie di Computer Grafica. In parole povere aveva deciso di finanziare di tasca propria una sorta di centro di ricerca e sviluppo senza aspettarsi alcun risultato concreto. Lasseter e i suoi colleghi però si misero immediatamente al lavoro e, dopo quasi dieci anni di tentativi ed esperimenti annunciarono al mondo che entro il 1995 Pixar avrebbe presentato il primo lungometraggio interamente in CG. Le critiche non mancarono, la stampa e molti autorevoli commentatori dichiararono che Jobs aveva deciso di rovinarsi mantenento una "banda di squilibrati" al lavoro su un progetto irrealizzabile, altri criticarono l'eccessivo ottimismo di Lasseter, non ritenendolo all'altezza dell'obiettivo che si era posto. Affascina notare come esattamente le stesse critiche furono rivolte proprio a Walt Disney quando annunciò l'inizio della produzione di Biancaneve e i sette Nani, subito ribattezzato dai giornali, La follia di Walt.Da Toy Story in avanti è stato un susseguirsi di successi, e premi. Oscar a ripetizione, inviti ai festival più esclusivi, tanto da costringere la concorrenza a correre ai ripari, cercando in un modo o nell'altro di emulare la formula magica di Lasseter e soci.Nel 2006, in un momento di profonda crisi per Disney che vedeva i suoi utili calare drasticamente e stava affrontando una guerra al vertice per il controllo della società fra l'ex CEO Robert Eisner e l'astro nascente Bob Iger, Jobs decise di piazzare un colpo di mercato che resterà negli annali del management moderno. Minacciando la dirigenza Disney di disdire il contratto per la distribuzione dei film Pixar, costrinse la casa di Topolino a proporre a Jobs un contratto che, di fatto, lo trasformava nel principale azionista Disney. Con Steve al timone, Lasseter venne nominato immediatamente Direttore Creativo e supervisore plenipotenziario di tutto lo Studio; per prima cosa venne interrotta la demenziale produzione di seguiti dei grandi classici del passato e, successivamente, insieme alla produzione di Up (l'ultimo cartone animato made in Pixar) Lasseter ha deciso di rilanciare in grande stile l'animazione tradizionale credendo nel progetto de La principessa e il ranocchio.

Ad oggi Pixar rappresenta l'avanguardia assoluta nel campo dell'animazione digitale, l'unico studio in grado di fondere tecnologie d'avanguardia con la magia delle fiabe. Lasseter è l'erede più vero di Walt Disney, l'unico che ne ha raccolto l'ideale più profondo, il sogno che si celava dietro a ogni tratto di matita tracciato negli anni eroici dell'animazione. La capacità di raccontare storie fantastiche, surreali e al tempo stesso vicine a noi, che parlano al bambino nascosto dentro all'animo di ogni persona, anche nel critico più feroce. E come Anton Ego che in Ratatouille si scioglie davanti a un semplice piatto di verdure stufate, anche noi siamo felici di immergerci nei mondi di poligoni e texture creati dagli artisti capitanati da Lasseter, consapevoli di trovarci sempre il sottile equilibrio che fa del cinema l'ultimo, vero, sogno dell'era moderna.

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