Speciale Italians - Conferenza stampa

Gli Italians di Veronesi si confrontano con la critica

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Gli italiani? Buoni a nulla e capaci di tutto.

L'atteso film di Veronesi è un tributo al suo pubblico. O meglio, l'Italiano all'estero. Legato al suo passato da regista popolare ed emotivo, e dopo i successi Che ne sarà di noi e Manuale d'Amore, la sua ultima fatica parla ancora una volta, attraverso l'ironia, dei vizi e delle virtù del popolo italiano. Il 21 gennaio a Roma, nel prestigioso Hotel St. Regis Grand a piazza della Repubblica, il regista Giovanni Veronesi con gli sceneggiatori Andrea Agnello e Ugo Chiti hanno accolto le domande dei giornalisti. Ad aprire le danze il produttore Aurelio de Laurentis, affiancato dal figlio Luigi. In sala anche gli attori Carlo Verdone, Sergio Castellitto, Riccardo Scamarcio, Ksenia Rappoport e Dario Bandiera. Uno scontro-incontro piacevole: tra battute sarcastiche, domande fuori luogo - che naturalmente eviteremo - e affermazioni molto decise. Sarà un successo? Il regista avrà fatto un buco nell'acqua? Il 23 gennaio uscirà in sala Italians, e come al solito, sarà il pubblico a decidere.

Conferenza stampa

Condividete l'immagine degli italiani che emerge dal film?
Aurelio De Laurentis: Non è possibile rappresentare tutti gli italiani, ma quando gli attori di questo calibro sono anche autori del personaggio, è naturale che l'impostazione sia ampiamente condivisa da tutti.
Giovanni Veronesi: Non mi arrogo il diritto di rappresentare gli italiani, bensì alcune tipologie. Ci terrei inoltre a sottolineare che non abbiamo preso spunto dalla rubrica di Beppe Severgnini, l'idea è nata con De Laurentis anni fa. Lui voleva un film sulle eccellenze italiane, ovvero storie di persone importanti e di successo. Io pero' trovavo quest'idea poco coinvolgente così gli proposi di ribaltare il concetto, e da lì nacque l'idea per il film.

L'idea dell'italiano all'estero non è nuova. Il suo film da cosa si differenzia rispetto ai classici?
Giovanni Veronesi: In Italians gli italiani non cercano fortuna ma se stessi. C'è un forte grado di italianità che si portano addosso, come qualsiasi altro italiano emigrato all'estero. Nella mia visione poetica, il metal detector segnala proprio questo bagaglio carico di cialtroneria, eroismo, bontà, simpatia e intraprendenza che ci rende così diversi e originali agli occhi degli altri. Ad esempio non ho mai sentito parlare di “Svizzerità”. In questo siamo unici. D'altronde siamo appellati Italians dagli americani, è il nostro marchio e non lo molliamo.

Durante la lavorazione del film che idea si è fatto degli italiani, e come mai non ha mostrato l'Italia “passionale”?
Giovanni Veronesi: A tal proposito vi rispondo con un fatto molto simpatico: in questi due anni di viaggi tra Italia, Dubai e San Pietroburgo ho visto un ragazzo romano che surfava sul nastro dei bagagli in aeroporto perché voleva farsi notare da una ragazza libanese. Inizialmente mi ha infastidito, mi sono vergognato di essere italiano... poi, riflettendoci, mi sono reso conto che nessun altro avrebbe fatto una cosa di simile per attirare l'attenzione di una ragazza e lì mi sono messo a ridere. Noi siamo così, pazzi e inimitabili.
Ho abbandonato l'idea dell'Italia passionale perché mi sembrava un'idea poco attinente con ciò che stavo facendo. Il mio film parla di un altro tipo di amore. Sono persone che non vivono all'estero, ma sono di passaggio e dunque mi sembrava finta l'idea che potesse nascere qualcosa tra i personaggi.

Voi siete anche registi, come vi siete trovati ad essere diretti da Veronesi?
Carlo Verdone: Giovanni lo reputo un amico, conosce i miei tempi, i miei tic... e poi, non c'è due senza tre. Avevo già lavorato per lui come attore in Manuale d'amore e Manuale d'amore 2 - Capitoli successivi. Per Italians gli ho fatto una richiesta precisa, è cioè quella di mettermi in imbarazzo il più possibile. In quella situazione mi stupisco dei risultati comici, do davvero il massimo. Dirigere un film è un processo molto lungo e stressante, per questo ogni tanto preferisco farmi dirigere piuttosto che dirigere un cast di attori.
Sergio Castellitto: Per quanto mi riguarda la commedia non è un genere che frequento molto spesso. Battezzato da Carlo Vanzina, sono un attore obbediente. Ho deciso di essere un attore-ascoltatore perché mi fido del regista, e Giovanni ama il suo lavoro. Poi, quando gli attori sono anche autori dei loro personaggi, contribuiscono a rendere migliore la pellicola. Come il mio monologo sul mutuo, penso sia un'aggiunta molto vera e azzecca.

Puo' dirci qualcosa sul suo personaggio? Com'è stato girare in Russia?
Carlo Verdone: All'inizio il mio personaggio è impacciato per via del suo problema di tipo sessuale ma durante il suo percorso si scopre arido e timoroso, fido ascoltatore e generoso. Il finale dell'episodio che mi vede protagonista è molto profondo, quasi malinconico. Ho inoltre adorato l'idea surreale di parlare tanti dialetti in un “the end” caciarone, pieno di colori e sorrisi.
Per quanto riguarda i russi, hanno molti lati in comune con noi italiani, forse gli americani sono molto più lontani. E poi San Pietroburgo mi ha ricordato città come Torino o Venezia.
Ksenia Rappoport: I russi sono molto simili agli italiani ma l'idea che noi donne abbiamo del maschio italiano è sicuramente stereotipata.

Cosa pensi dell'Italia e degli italiani all'estero?
Riccardo Scamarcio: Non vivrei in nessun altro posto al mondo che non sia l'Italia perché all'estero non troverei mai quello che ho qui. Certo, abbiamo poca educazione civica, ma la compensiamo con una forte umanità. In Italia, adesso non fraintendetemi, non sento l'oppressione di uno stato cattivo e punitivo.
Sergio Castellitto: Siamo gente straordinaria e indecente, “buoni a nulla e capaci di tutto” come scriveva Leo Longanesi. Italians è un film che racconta con leggerezza i vizi e le virtù degli italiani. Però non dimentichiamoci una cosa importante: il film nasce come commedia e, senza offesa per i presenti, mi interessa sapere cosa ne pensa il pubblico, soprattutto mio figlio diciassettenne. Poi sono dell'idea che se in un film cercate la commedia allora troverete la sociologia, se al contrario cercherete la sociologia non troverete né l'uno né l'altro.
Carlo Verdone: Penso che gli italiani all'estero siano la parte migliore dell'Italia. Che siano pizzaioli, ricercatori o industriali, sono persone che si distinguono per genio e professionalità. Se spesso emergono solo fuori dai confini è perché sono accolti da paesi in cui le regole esistono e lo stato le fa rispettare. Certo, forse lì ci saranno i mezzi che a noi mancano, tuttavia quando delimitati da regole, l'italiano mostra il suo lato migliore.
Giovanni Veronesi: La famosa fuga dei cervelli...
Dario Bandiera: Io sono un cervello che è rimasto! A parte gli scherzi, la penso come Verdone e Scamarcio, l'Italia è stupenda ma vige troppo menefreghismo e disinteresse... Si, è tutto molto triste.

Qualche anticipazione sul suo prossimo film? E' in progetto un Italians 2?
Giovanni Veronesi: Non ci sarà nessun sequel. Inizialmente mi sarebbe piaciuto girare in Cina ma vengo da Prato, e lì di cinesi ne vedo in abbondanza. (ride)
Ho comunque deciso di non girare più film a episodi, anche perché le due storie presentate in Italians possedevano il respiro per diventare due film ben distinti. Attualmente ho in progetto con De Laurentis un film che parli di famiglia. Abbiamo già il titolo, si chiamerà genitori e Figli, con “genitori” scritto minuscolo e l'iniziale di “figli” rigorosamente in maiuscolo.

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