Speciale Incontro con Barbara Steele

In occasione della XXXV edizione del Fantafestival, la regina del gotico Barbara Steele, lanciata in Italia dal maestro dell'horror Mario Bava, ha incontrato il pubblico per una interessante conversazione sulla sua carriera.

Speciale Incontro con Barbara Steele
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"Io ho cominciato con i film di Mario Bava, anni e anni fa, lui mi vide su un giornale e mi ha dato questo ruolo senza incontrarmi".
Figlia di madre pianista e padre imprenditore, Barbara Steele ha introdotto così il suo incontro con il pubblico a Roma, presso il XXXV Fantafestival, moderato dal Marcello Avallone che, regista di Spettri (1987) e Maya (1989), ha anche trovato il tempo di raccontare un divertente aneddoto: "Io lavorai sul set de L'orribile segreto del dottor Hichcock, girato in quattordici giorni da Riccardo Freda, e, per appassionare mia moglie al mio mestiere, la convinsi, una sera, a venire sul set; senza immaginare, però, che proprio quella sera Barbara se ne andò perché litigò con il regista, che chiese a me di girare i campi lunghi, dove non vi erano primi piani, incaricandomi di sostituirla vestito da donna. Da una parte ero contento, ma dall'altra disperato, perché mia moglie sarebbe arrivata da un momento all'altro e, infatti, mi trovò vestito da donna".
Il Freda con cui la Steele, regina del gotico tricolore lanciata da La maschera del demonio (1960) del succitato Bava ma vista anche ne Il pozzo e il pendolo (1961) di Roger Corman, Amanti d'oltretomba (1965) di Mario Caiano e The butterfly room - La stanza delle farfalle (2012) di Jonathan Zarantonello, lavorò, inoltre, ne Lo spettro (1963) e che ricorda come uomo molto appassionato e pieno di energia e grinta; nel corso di una conversazione con gli spettatori durante la quale sono stati proiettati i cortometraggi The shutterbug man (2014) di Chris Walsh - in cui ha prestato solo la voce - e The Mill at Calder's end (2015) di Kevin McTurk, interamente realizzato con burattini in omaggio al cinema horror di una volta.
Cortometraggio di cui l'autore, presente in sala, ha raccontato: "Io lavoro con gli effetti speciali e le creature da vent'anni, infatti presi parte a Jurassic park; avevo sempre pensato di fare un film che omaggiasse il mio amore per il cinema horror degli anni Sessanta, da Mario Bava a Roger Corman, e mi piacciono moltissimo i burattini. Inoltre, volevo fare un film con Barbara e ho ancora il burattino che la interpreta, mentre il pupazzo di Peter Cushing è stato venduto a Guillermo del Toro e ciò mi ha consentito di pagare la post-produzione".

Santa Barbara!

Cosa è per te la paura?
Barbara Steele: La paura è così soggettiva, sempre accompagnata da un'ansia di tipo sessuale. C'è questo terrore primordiale, quando si è giovani, è così acuta, è un sentimento vitale perché hai tutti i sensi estremamente accentuati quando sei in una condizione di terrore. Credo che la paura la conoscano tutti, ma non so se la mia è diversa; esiste da sempre, dalla Bibbia a Dante. Io penso che i film muti come Nosferatu, il vampiro siano stati quelli maggiormente in grado di capire e rappresentare la paura, capaci di colpire l'inconscio della gente.

Come è iniziata la carriera nell'horror?
Barbara Steele: Sono contenta che il successo mi sia arrivato in Italia, perché è un paese pieno di sole e molto cattolico. Quando ho fatto La maschera del demonio ero molto irlandese, avevo un forte senso di apprensione che stessimo giocando con il diavolo. Devo dire, però, che quando fai un film di successo la gente tende a guardarti esclusivamente, poi, attraverso quella lente. È successo a Vincent Price, a Peter Cushing, ti vedono solo in quel genere e non riescono o non vogliono vederti in altri film. Però io ho partecipato a commedie, ho lavorato con Federico Fellini in 8 ½ ed è stata un'esperienza bellissima, favolosa, fantastica.

Allora parliamo un po' di Fellini...
Barbara Steele: Fellini era il re del cinema, l'imperatore, con grande generosità di spirito. In Italia, comunque, erano tutti registi fantastici, da Alberto Lattuada a Mario Monicelli, a Pier Paolo Pasolini e Michelangelo Antonioni; poi sono andata via da Roma perché mi sono sposata, ma gli anni trascorsi qui rappresentano il momento più importante della mia vita.
Federico Fellini aveva questo contatto unico, molto personale, con gli attori e gli amici. Abbiamo continuato ad avere sempre una stretta amicizia anche quando sono andata via dall'Italia. Era un uomo notturno, amava camminare per Roma di notte e mi invitava ad andare con lui. Mentre dormivo, alle quattro del mattino squillava il telefono ed era lui. Ricordo la passeggiata notturna sull'Appia Antica, in mezzo alle prostitute, dove lui era incantato da tutto questo. Mi scriveva lettere con poesie e molti colori, davvero unico e gentile. Non gli interessava se eri una diva, era gentile nello stesso modo anche con le comparse. Tra l'altro, se durante le passeggiate notturne vedeva un barbone che aveva freddo, gli dava la sua sciarpa.

Sempre in ambito horror, hai interpretato anche Danza macabra di Antonio Margheriti, uno dei migliori film italiani del genere...
Barbara Steele: Antonio Margheriti era un talento fantastico, molto italiano, ho fatto due film con lui (l'altro fu I lunghi capelli della morte, nda). Ricordo tutti i registi con grandissimo affetto, perché, quando fai un film, vivi anche tutto ciò che lo circonda, dalla troupe alle cene, alle notti, al cameratismo che si crea.

In una un'intervista hai affermato che i film horror sono fatti per i registi e non per gli attori, perché si segue sempre lo stesso schema drammatico. Inoltre, hai osservato che è facile fare horror se sei un po' vecchio, come Vincent Price, mentre è molto più difficile se sei una ragazza.
Barbara Steele: È meglio fare ruoli diabolici perché hanno più spessore. I film horror seguono sempre uno stesso schema e nella mia carriera mi sono trovata ad interpretare ruoli del bene e del male. Devo dire, però, che mi sono sempre trovata meglio nella parte del male (ride).

Hai qualche ricordo de L'armata Brancaleone di Monicelli?
Barbara Steele: Fu un film legato a Vittorio Gassman, attore molto creativo ed inesauribile. Possedeva un teatro vittoriano all'interno della sua villa e, di sera, interpretava per noi pieces teatrali.

Quali differenze c'erano tra Mario Bava e Roger Corman?
Barbara Steele: Per me erano due registi simili, entrambi riservati discreti, quasi timidi. Avevano un grande interesse per come venivano realizzati i film e meno per gli attori.

Hai anche lavorato ne Il demone sotto la pelle di David Cronenberg e Lost river di Ryan Gosling, per il quale sarai presente anche nel prossimo film...
Barbara Steele: Quando feci il film con Cronenberg lavoravo con tutti questi giovani registi che avevano una loro cultura, erano ossessivi e, se si vuole fare il loro mestiere, è meglio esserlo. Per quanto riguarda il suo prossimo film, Gosling ha promesso che mi avrebbe coinvolto e che avrei avuto molti dialoghi. Spero che mantenga la promessa.