Speciale Il mockumentario delle meraviglie

Quando realtà e finzione collidono.

Speciale Il mockumentario delle meraviglie
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Mocku-che?

Mockumentary, o falso documentario. Categoria di genere volta ad identificare un prodotto audiovisivo che per estetica e linguaggio attinge a piene mani dalla realtà pur distaccandosene enormemente quanto a contenuti narrativi. Si tratta infatti di finzione pura, sapientemente mascherata da un taglio registico volutamente anti-artificioso nonchè falsamente impoverito a partire dai mezzi adottati per arrivare alla messinscena. Il Super8, la telecamera a spalla, la soggettiva perenne dell'operatore di turno, le conseguenti riprese traballanti e sgranate, la scarsa ed improvvisata illuminazione, il ricorso all'intervista, la trasparenza dei dialoghi, l'audio in presa diretta, l'assenza di musiche a fungere da commento, la presenza di fronte all'obiettivo e nella diegesi dei meccanismi di svelamento della finzione (microfoni, breakout del segnale video) laddove la macchina dei sogni hollywoodiana fa ogni cosa per celarli. Tutti espedienti che hanno come unico comune denominatore quello del voler raccontare una storia evitando a priori il ricorso alla sospensione dell'incredulità da parte dello spettatore semplicemente perchè lo si pone di fronte ad un qualcosa di vero a livello tautologico. Ossia gli si presenta il prodotto come un reperto, un girato rinvenuto spesso postumo, addirittura sopravvissuto a chi lo ha effettuato. Un qualcosa di sradicato dall'ontologia quotidiana e trasposto direttamente sul grande schermo. Lo si pone insomma inevitabilmente di fronte alla realtà, facendo sembrare quel 'tratto o ispirato a fatti realmente accaduti' uno slogan pubblicitario da titoli di testa. Nel mockumentary tutto ciò che è stato impresso su pellicola o codificato in digitale è vero a prescindere. Punto. Realtà e finzione, più che annullarsi a vicenda, si sommano. Anzi, collidono. Come i mondi dello sci-fi movie diretto da Rudolph Maté nel 1951 e prossimo al remake. Il mockumentary è in definitiva il dottor Jekyll e mister Hyde della Settima Arte: pura schizofrenia filmica.

I prodromi dell'orrore: The Blair Witch Project

Zelig di Woody Allen, This Is Spinal Tap di Rob Reiner e The Blair Witch Project di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez sono chiari esempi di mockumentary. Se i primi due avevano un chiaro intento parodistico l'ultimo sprofonda però per la prima volta il genere nei meandri del fantastico, imbastardendolo con temi orrorifici e fiabeschi: una strega, la magia, un bosco, una casa dispersa tra le montagne della zona. Si tratta di un azzardo, di una scommessa a posteriori vinta che si porta dietro la rivoluzione della next big thing di fine millennio. Supportato infatti da una furbesca campagna di marketing avente come media principale il web ebbe un successo spropositato nonostante l'effettivo valore, e chi all'epoca uscì di sala con un bel sorriso amaro stampato sulle labbra non può che confermare la truffa sapientemente organizzata, la beffa di una visione/non-visione semplicemente perchè, da vedere, non c'era proprio nulla. La Strega di Blair giocava infatti sadicamente con la psiche dello spettatore limitandosi a suggerirgli cenni di tensione per mezzo di semplici sparizioni, rumori impercettibili probabilmente dovuti a qualche animale della fauna circostante e sparuti ceppi ammucchiati ad arte la cui disposizione geometrica avrebbe dovuto far riferimento a presunti e compiuti rituali esoterici. Troppo poco, nonostante il finale.

Tu continua a riprendere: [REC]

Circa otto anni dopo arriva [REC] ed è tutta un'altra storia. Letteralmente. Questa volta i mostri ci sono per davvero. Sono uomini zombificati e dannatamente voraci. Hanno contratto un oscuro virus a carattere diabolico (?!) e sono affamati. Mordono. Sono di fronte a noi e fanno davvero paura così come le ferite, i tagli, le lacerazioni corporee che provocano. Chi, entrato in sala, si aspettava il classico horror di serie B tutto ketchup a spruzzo, trucco da pagliaccio ambulante e recitazione da cani ha avuto di che disperarsi: il sangue fuoriusciva dalle vittime denso, lavico, materico ed il relativo colore era proprio quello del Sangue. Le urla di disperazione dei condomini erano proprio Urla di Disperazione dei Condomini. Non battute recitate provenienti da un copione. Il pompiere caduto improvvisamente dall'ultimo piano non ha fatto 'sbonk', 'tuff' o 'crack'. Ha fatto il rumore che farebbe un Pompiere Caduto Improvvisamente dall'Ultimo Piano. [REC], insomma, non scherza e vomita addosso allo spettatore tutto l'orrore e lo shock della [fittizia] realtà sfidandolo alla resa percettiva. Lo scopo del cinema del terrore è colpire emotivamente il pubblico? [REC] lo fa più e meglio di qualsiasi altro horror dell'ultimo periodo, forse troppo. Il fine, più della narrazione stessa, diventa la fuga di chi osserva, il voler a tutti i costi costringerlo ad abbandonare al suo destino la troupe televisiva lì presente, inaspettatamente intrappolata in quella claustrofobica e maledetta palazzina spagnola da cui non uscirà mai più. Un vero e proprio on-rail shooter i cui protagonisti appaiono impotenti ed il fruitore passivo. Un giocattolo grottesco che la sa fin troppo lunga. Un film cupo, spietato, terribile e devastante. 

Fahrenheit 9/11: Cloverfield

Altro giro, altra (funesta) corsa. In quasi-contemporanea esce anche Cloverfield di Matt Reeves (ma ideato da J.J. Abrams) e la fantascienza non sarà più la stessa. E' ancora reliquia, nello specifico un supporto digitale (memory card) ritrovato a Central Park. Ma, soprattutto, è ancora camera a spalla di carattere amatoriale e 'consumer'. Quella, per intenderci, da compleanno o party ripreso con YouTube in testa. Con un'unica, sostanziale, differenza: Hollywood dietro le spalle ed i suoi mirabolanti dollaroni uniti alla computer grafica di classe. Il mockumentary (termine che sta comunque stretto a Cloverfield), abbandonate le sponde dell'indipendenza, è così ormai pronto per il grande salto e va a giocarsela ad armi pari con i blockbuster da finzione dichiarata risultando addirittura meglio. A dispetto del mezzo usato, per definizione fruitivamente passivo, questo Gojira del 2000 è incredibilmente coinvolgente, e cattura empaticamente quanto un Gears of War. Assistere alle peregrinazioni notturne dei protagonisti per la New York devastata dall'invasione aliena è quanto di meglio il cinema di genere abbia offerto nella sua mono-secolare vita. Lo spettro dell'11 Settembre ha trovato la sua icona definitiva. Un'icona credibile nonostante l'incredibile. E' tutto vero, è accaduto, è successo. Cloverfield è Aliens in presa diretta, è il buco nero della finzione che ingloba a sé il reale sostituendosi ad esso. Un vero e proprio 'delitto perfetto', Jean Baudrillard a parte. Ma soprattutto ed in definitiva, Cloverfield è una pietra miliare, un capolavoro assoluto di cui probabilmente, tra cinquant'anni, si parlerà ancora.

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