Speciale Grazie Miyazaki

Hayao Miyazaki annuncia il suo addio alla regia. Kaze Tachinu è il suo testamento spirituale?

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"Un testamento è quello che si lascia alle spalle quando si sta morendo, ma io penso di vivere ancora un po' più a lungo". Solo qualche settimana fa Hayao Miyazaki rispondeva così a quanti gli chiedevano se Kaze Tachinu sarebbe stato il suo ultimo film. Faceva un sorrisetto e poi magari si accendeva una sigaretta.
Pericolo scampato? E invece no perchè durante la conferenza stampa di presentazione qui a Venezia, Miyazaki ha affidato a Koji Hoshino, l'executive producer dello Studio Ghibli, un foglietto in cui annunciava il proprio pensionamento. Che sì Kaze Tachinu sarà il suo ultimo lungometraggio da regista e che forse nel suo futuro ci saranno altre mansioni presso lo studio d'animazione, probabilmente sceneggiature da scrivere come nel caso di Arrietty o La Collina dei Papaveri. Scommettiamo che una di queste sarà il suo testamento spirituale; dopotutto ancora qualche anno lui pensa di trascorrerlo su questa Terra!
Una conferenza stampa in Giappone organizzata per questa settimana ci informerà maggiormente sui suoi lavori futuri e sul destino dello Studio Ghibli, che in questa annata dovrà imparare a fare a meno dei suoi fondatori, Miyazaki ed Isao Takahata.
Per il momento vogliamo salutare e ringraziare il cineasta nipponico con questo articolo di commiato, che comincia ironicamente dalla fine: l'esorcizzazione della morte e l'accattivante verso di Paul Valery ripetuto a iosa in Kaze Tachinu.
"Le vent se lève, il faut tenter de vivre".

Dobbiamo vivere

Vivere e morire. Pensandoci bene è una costante di molte opere dell'animazione nipponica, Studio Ghibli incluso. La sopravvivenza del villaggio di Nausicaa, il ricongiungimento con l'ancestrale civiltà di Laputa, la sospirata guarigione della madre in Totoro, la libertà di volare in Porco Rosso, l'ambizione di una vita da sola di Kiki, la preservazione della natura di Mononoke, il mantenimento dell'essenza umana ne La Città Incantata, l'essere sé stessi come diktat individuale per Howl, la curiosità della vita di un fanciullo per Ponyo.
Takahata ha sempre visto questa dicotomia in termini negativi, inquadrandola come sacrificio (dei fratellini in Una Tomba per le Lucciole, dei tanuki in Pompoko, del capofamiglia in Yamada), mentre Miyazaki nonostante il suo cinismo ha sempre cercato di esprimere in ultima istanza un messaggio positivo.
Ne La Città Incantata il motto nipponico suonava grossomodo come "Ridestate la forza di vivere", in Howl si faceva sbarazzino con "Vivere è divertimento" e in Ponyo era un innocente "Vivere è bello".
Ikineba. Dobbiamo vivere, secondo Kaze Tachinu e il suo protagonista Jiro Hirokoshi, il capo progettista dei micidiali caccia Zero impiegati dal Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale. Dobbiamo vivere fisicamente, con dignità e al massimo ogni istante.

Un riassunto dell'intero percorso registico di Miyazaki? Forse. Kaze Tachinu è senza mezzi termini il suo film più realistico, con meno inserti onirici (quasi relegati ai sogni con Caproni) e orbo di molti simbolismi che contraddistinguevano tutte le sue opere antecedenti, sempre sospese o tra creature fiabesche o tra mondi paralleli. Pensandoci bene, c'era sempre o l'uno o l'altro.
Kaze Tachinu è diverso: un biopic autentico, probabilmente perfetto per un live-action, colmo di riferimenti datati storicamente. Jiro non è un eroe morale come lo possono essere Ashitaka di Mononoke o Nausicaa, ma un personaggio del suo tempo, un pater familias del Giappone degli anni '30, debole e riluttante. Anzi, per la prima volta in Miyazaki notiamo una marcata evoluzione del personaggio, evidente nel cambio di doppiatore da ragazzo ad adulto. E' bello insomma che un regista a fine carriera si cimenti in sfide nuove, rivoluzioni per certi versi il proprio modo di lavorare ed intendere il cinema d'animazione. A molti potrà sembrare un peccato: ma come, Miyazaki ha dimostrato di saper interpretare alla perfezione un personaggio storico come Jiro Hiroshiki, per poi decidere di non dare seguito a questa nuova direzione artistica?
Noi non la vediamo a questo modo: la sua statura di cineasta è talmente grande che può permettersi di vincere sfide inedite, ricevere gli applausi, ricambiare con un inchino e poi chiudere definitivamente il sipario!

L'epoca delle Piramidi

A un certo punto del film, Jiro e Caproni (il mitico aviatore italiano, citato anche in Porco Rosso) si incontrano in sogno. Quest'ultimo chiede al "ragazzo giapponese" se è contento dell'esistenza delle Piramidi. Intende dire se il progresso tecnologico è sempre auspicabile, oppure va arginato, interrotto al primo compromesso morale. Ai tempi dei faraoni migliaia di schiavi sono morti schiacciati dai megaliti trasportati e issati sulla piana di Giza. Ai tempi del secondo conflitto mondiale, Jiro spesso si chiedeva se il suo lavoro di progettista di aeroplani dovesse tener conto della successiva destinazione d'uso bellica, oppure il suo scopo fosse costruire solamente belli aereoplani, aerodinamici e performanti.
La guerra in Kaze Tachinu non è presente. Non ci sono memorabili duelli aerei come in Porco Rosso, ma soltanto sofferti test di volo al campo d'aviazione. Compare solo al termine del film, in immagini cariche simbolicamente che evocano distruzione. Quella stessa distruzione riecheggiata con energia e potenza nella scena iniziale del terremoto del Kanto del 1923, quando Jiro incontra per la prima volta la sua bella, Nahoki Satomo.
Lo stesso Miyazaki ha più volte ribadito di non aver realizzato un film bellico. Non è né un apologia di Jiro Hiroshiki, le cui tecnologie diedero forte impulso all'aggressività nipponica nel Pacifico, ma nemmeno una narrazione all'acqua di rose, visto che i momenti toccanti e drammatici sono presenti in gran quantità.
Di sicuro non è un film a favore della guerra, non giustifica affatto le politiche militariste del Giappone novecentesco (incarnate dai vertici dell'esercito che ogni tanto fanno visita a Jiro e un poco anche dall'amico Hoshi) non sostiene affatto le frange neo-imperialiste del Giappone contemporaneo ansiose di ricacciare le mire cinesi in Estremo Oriente. Sarebbe stupido considerarlo tale, e infatti qualcuno ha avanzato questa ipotesi!

Si alza il vento Non nego di aver provato un pochino di amarezza una volta appresa la notizia, direttamente qui al Lido, del pensionamento registico di Hayao Miyazaki. E non nego di essermi profondamente commosso durante la visione di Kaze Tachinu: merito sopratutto della protagonista femminile Naoki Satomo, ammalata di tubercolosi proprio come la mamma di Satsuki e Mei in Totoro, altro capolavoro di caratterizzazione femminile da parte del regista nipponico. I miei occhi faticavano a trattenere le lacrime, perchè il film ha saputo sfiorare le giuste corde del mio cuore, portando alla luce ricordi ancora freschi e altri che credevo sopiti. E alla comparsa della parola Fine il magone affiora nuovamente, mentre l'infinito applauso tributato dalla sala ha un sapore liberatorio, catartico. Al 73esimo anno di età Miyazaki posa la penna e promette di non tornare più in cabina di regia: che sia davvero la fine della sua carriera? Non importa, dobbiamo vivere!

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