Speciale Django unlimited

Franco Nero e i suoi emuli in cofanetto dvd

Speciale Django unlimited
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Con un cast all star comprendente Leonardo DiCaprio, Jamie Foxx, Samuel L. Jackson, Christoph Waltz e Kerry Washington, Django unchained di Quentin Tarantino - distribuito nelle nostre sale cinematografiche a partire dal 17 Gennaio 2013 - ha finito inevitabilmente per trasformarsi in uno dei maggiori successi della stagione, contribuendo non poco a far rinascere un forte interesse nei confronti dello Spaghetti western e, soprattutto, del pistolero del titolo; il quale, in questo caso di colore, altro non vuole essere che un omaggio al personaggio cui concesse anima e corpo Franco Nero in Django, diretto nel lontano 1966 da Sergio Corbucci. Un forte interesse che ha portato l'attivissima CineKult non solo a riscoprire su supporto digitale la tarda continuazione Django 2 - Il grande ritorno, firmata ben ventuno anni dopo da Nello Rossati, ma anche a racchiudere il capostipite corbucciano e tre dei suoi sequel apocrifi in un imperdibile cofanetto dvd cartonato comprendente Django il bastardo di Sergio Garrone, Django sfida Sartana di Pasquale Squitieri e W Django! di Edoardo Mulargia.
Tutti privi della presenza di Nero, ma con altri attori impegnati a prendere il suo posto.

Django

La voce del compianto Rocky Roberts scandisce la bellissima Django sull'affascinante immagine di un cupo individuo che, per mezzo di una corda, trascina una bara su aride e desolate distese.
E' un'immagine che, sicuramente, è di quelle che difficilmente si dimenticano ad aprire il film che lanciò come star internazionale Franco Nero, il quale, nei panni del personaggio del titolo, altro non è che un reduce della Guerra Civile che, giunto in un villaggio ai confini del Messico, si mette contro le due fazioni rivali che spadroneggiano: una banda di messicani capitanata dal sadico generale Hugo Rodriguez, interpretato da José Bódalo, e un'altra composta da uomini incappucciati, sudisti del Ku Klux Klan guidati dal maggiore Jackson, razzista con le fattezze di Eduardo Fajardo.
Tra l'impressionante sequenza dell'orecchio mozzato che avrebbe poi ispirato uno dei celebri momenti de Le iene (1992) del succitato Tarantino e un memorabile scontro finale nel cimitero di Tombstone, una sinfonia di sangue, crudeltà, fango e morte che, attraversata da un'atmosfera funerea quasi horror, ha provveduto a trasformare la concezione del western all'italiana.
Con una sezione extra costituita da una coppia di trailer, una galleria fotografica e, soprattutto, L'uomo con la bara, ovvero quasi mezz'ora di interviste; dal protagonista a Nori Corbucci, moglie del regista, passando per il musicista Luis Enriquez Bacalov, lo sceneggiatore Piero Vivarelli e il maestro d'armi Gilberto Galimberti. Senza contare interessanti interventi vocali di Tarantino.

Django il bastardo

Durante la Guerra di secessione, il tradimento di tre ufficiali sudisti consente alle truppe nordiste di massacrare un intero reparto nemico.
Diretto nel 1969 da Sergio Garrone (fratello del noto attore Riccardo), che era solito realizzare due lungometraggi allo stesso tempo (in questo caso, il contemporaneo dovrebbe essere stato Una lunga fila di croci), parte da questo evento la quasi ora e quaranta di visione che, una volta finito il conflitto, vede Django, unico superstite della strage, mettersi alla ricerca dei tre traditori per vendicare la morte dei compagni.
Ed è Anthony Steffen - anche autore della sceneggiatura, insieme allo stesso regista, con il suo vero nome Antonio De Teffé - a concedergli anima e corpo, incarnando un protagonista che, forse ancora più cupo di quello interpretato da Nero, presenta quasi i connotati di un fantasma vendicatore, accentuando ulteriormente i toni horror della vicenda raccontata.
Fino a un duello finale che, probabilmente, guarda al cinema di Sergio Leone, ma al servizio di un'operazione che pare abbia ispirato il Clint Eastwood de Lo straniero senza nome e Il cavaliere pallido, rispettivamente datati 1973 e 1985.

Django sfida Sartana

Giunto a Tombstone per scoprire che suo fratello Steve è stato ucciso, la banca rapinata e la figlia del banchiere rapita, il pistolero Django, stavolta con le fattezze del compianto Tony Kendall (al secolo Luciano Stella) de La frusta e il corpo, decide di sfidare all'ultimo sangue Sartana alias George Ardisson, da tutti indicato come colpevole... anche se la verità potrebbe essere un'altra.
Datato 1970, dietro lo pseudonimo William Redford vede un Pasquale Squitieri qui alla sua seconda regia - dopo Io e Dio, dell'anno precedente - e impegnato a unire all'interno di un unico lungometraggio due personaggi mitici del western tricolore, un po' come era già avvenuto e come sarebbe riavvenuto in seguito all'interno dell'horror, prima con film come Frankenstein contro l'uomo lupo, poi con Freddy vs Jason.
E diciamo che, se da un lato, in realtà, l'interesse dell'operazione si riduce soltanto a questo aspetto volto a soddisfare la fantasia della cultura popolare sempre più desiderosa di assurde commistioni, dall'altro è impossibile non individuare nella tipologia di storia raccontata - a firma dello stesso Squitieri - quel certo retrogusto politico che ha finito per caratterizzare un po' tutte le opere successive del cineasta napoletano.
Con biografie, filmografie e intervista a Kendall a rappresentare i contenuti speciali del disco.

W Django!

E' ancora una volta Anthony Steffen alias Antonio De Teffé a concedere anima e corpo al pistolero che, in questo caso, intende inseguire i tre malviventi che hanno aggredito e barbaramente ucciso una donna che viveva in solitudine nella sua fattoria.
Sotto pseudonimo Edward G, Muller, è l'Edoardo Mulargia che aveva firmato quattro anni prima Non aspettare Django, spara a curare quello che, datato 1971, rientra, senza dubbio, nel periodo in cui lo Spaghetti western aveva già cominciato ad attraversare la sua fase calante.
Del resto, già a partire dall'esile plot, scritto dal Nino Stresa che si occupò, tra l'altro, anche di quelli di Arriva Sabata! e Un uomo e una colt di Tullio Demicheli, è facile intuire che l'unico scopo dell'operazione sia quello di sfruttare per l'ennesima volta uno degli elementi cardine del genere: il desiderio di feroce vendetta che, da sempre, provvede a fornire al più o meno frustrato spettatore quel tanto appagante effetto liberatorio apportato dalla giustizia messa in atto.
Quindi, accompagnati dalla colonna sonora di Piero Umiliani e con stuolo di caratteristi - da Glauco Onorato a Stelio Candelli - a fare da contorno, l'unica cosa da fare è stare al gioco... consapevoli del fatto che le cupe atmosfere del capostipite corbucciano, ormai, sono state del tutto accantonate.

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