Speciale Chi ha paura del boogeyman?-Parte 1

Speciale sui boogeyman cinematografici

Speciale Chi ha paura del boogeyman?-Parte 1
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Chiamatelo Uomo nero, Babau o come altro vi pare, ma il leggendario essere abituato a nascondersi nell'oscurità per spaventare soprattutto i più piccoli ha in realtà origine negli Stati Uniti, dove, inventato dalle mamme per impedire ai propri figli di compiere brutte azioni e di alzarsi la notte, ha assunto il nomignolo "Boogeyman" (probabilmente da bogie, spiriti messicani che vivono nell'ombra).
Un nomignolo che, nell'ambito del cinema horror, non ha impiegato molto ad essere sfruttato per definire tutti quei sanguinari cattivoni più o meno soprannaturali atti a popolare pellicole e serie storiche del genere, da Halloween a Scream, passando per Venerdì 13 e Nightmare.
Ed è proprio l'uscita del reboot kruegeriano per mano di Samuel Bayer ad offrirci l'occasione di dare uno sguardo all'orda di stermina-comuni mortali che, protagonisti soprattutto di titoli rientranti nel prolifico filone slasher, non solo discendono da mitici Universal monsters quali Dracula, Frankenstein, l'uomo lupo e la mummia, ma risentono fortemente dell'influenza di Hans Beckert, assassino pedofilo magnificamente incarnato da Peter Lorre in M, il mostro di Dusseldorf, capolavoro dell'Espressionismo tedesco diretto nel 1931 dal grande Fritz Lang.

Norman Bates

Proprietario del Bates Motel e legato in maniera profonda alla madre, della quale custodisce gelosamente il cadavere mummificato in quanto assassinata dopo averla scovata insieme all'amante, è sicuramente il personaggio cui dobbiamo la moderna figura di psicopatico cinematografico.
Protagonista di Psycho, capolavoro di Alfred Hitchcock tratto nel 1960 dall'omonimo romanzo di Robert Bloch, s'ispira a Ed Gein, vero cannibale necrofilo del Winsconsin attivo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, ed uccide soprattutto le donne (tra cui Janet Leigh sotto la doccia), verso le quali si sente attratto perché ossessionato dalla gelosia materna. Non a caso, prima di armarsi di coltello da cucina, è solito travestirsi come la defunta genitrice.
Con le fattezze di Vince Vaughn, è stato riportato anche sullo schermo, nel 1998, tramite l'inutile remake targato Gus Van Sant della pellicola di Hitchcock, ma fu il compianto Anthony Perkins (nella foto) a concedergli splendidamente anima e corpo, sia nel capostipite che nei tre tardi sequel: i mediocri Psycho II e Psycho III, rispettivamente firmati da Richard Franklin e dallo stesso Perkins nel 1983 e nel 1986, e il televisivo Psycho IV di Mick Garris che, nel 1990, fornì molti dettagli relativi agli esordi di serial killer del giovane Norman, con le fattezze dell'Henry Thomas di E.T.-L'extraterrestre.

Leatherface alias Faccia di cuoio

Ispirato come Norman Bates alla figura di Ed Gein, Leatherface - o Faccia di cuoio, se vogliamo utilizzare il nome attribuitogli in Italia - è solito fare ricorso a martelli, ganci da macellaio e, soprattutto, motoseghe, per trucidare e trasformare in prelibate pietanze da servire in tavola chiunque passi vicino al suo isolato casolare immerso nella campagna texana, dove vive insieme alla famiglia di squilibrati cannibali.
Fisico imponente e volto coperto da una maschera fatta di pelle umana, è apparso per la prima volta sullo schermo, ai danni di un gruppetto di sventurati giovincelli, nello splendido Non aprite quella porta, diretto nel 1974 da Tobe Hooper; come pure il sequel Non aprite quella porta parte 2, di dodici anni dopo, in cui, accanto a una disc-jockey, c'era perfino Dennis Hopper a fronteggiarlo. Ma il miglior sequel della vecchia serie, conclusasi nel 1994 con il pessimo Non aprite quella porta 4 di Kim Henkel, fu sicuramente Leatherface: Non aprite quella porta 3, il quale, firmato nel 1989 da Jeff Burr, annoverò nel cast addirittura il Ken Foree di Zombi e un giovane Viggo Mortensen pre-successo. Oltre a risultare il capitolo più vicino al bel Non aprite quella porta versione remake curato nel 2003 da Marcus Nispel e succeduto tre anni dopo dall'ottimo prequel Non aprite quella porta-L'inizio di Jonathan Liebesman. In entrambi i film è stato l'enorme Andrew Bryniarski a concedere anima e corpo al gigantesco ritardato, interpretato nei quattro tasselli precedenti da Gunnar Hansen, Bill Johnson (nella foto), R.A. Mihailoff e il compianto Robert Jacks.

Michael Myers

Con il volto coperto da una bianca maschera derivata da quella del capitano Kirk alias William Shatner di Star trek, Michael Myers, praticamente invulnerabile, uccide come Norman Bates a causa di una sorta di attrazione-repulsione nei confronti del sesso vissuto come atto osceno.
Responsabile a soli sei anni dell'omicidio della sorella e tornato adulto alla ricerca di nuove vittime per le strade di Haddonfield nell'eccellente Halloween-La notte delle streghe che, diretto nel 1978 dal grandissimo John Carpenter, s'ispirava proprio a Psycho, ha finito per diventare il protagonista di una delle saghe più prolifiche del cinema horror.
Infatti, interpretato sia da Tony Moran che da Nick Castle nel capostipite, ha proseguito il suo massacro - con Dick Warlock sotto la maschera - nel violentissimo Il signore della morte (Halloween 2) che, firmato nel 1981 da Rick Rosenthal, non solo spostò l'ambientazione nei desolati e claustrofobici corridoi notturni di un ospedale, ma ci mise al corrente del fatto che il vero obiettivo di Michael, per il quale la notte del 31 ottobre è la migliore in cui agire, è quello di eliminare la sorella Laurie Strode, con le fattezze di Jamie Lee Curtis e adottata da un'altra famiglia quando ancora era piccolissima.
Poi, dopo la pausa rappresentata da Halloween 3-Il signore della notte, diretto un anno dopo da Tommy Lee Wallace ma del tutto estraneo alle imprese del serial killer immortale, solo nel 1988 c'è stato modo di rivederlo in azione, incarnato da George P. Wilbur e sotto la regia di Dwight H. Little, nel riuscito Halloween 4-Il ritorno di Michael Myers, che tirò per la prima volta in ballo il personaggio della nipotina Jamie alias Danielle Harris. Personaggio presente anche nell'ottimo Halloween 5-The revenge of Michael Myers, diretto l'anno successivo da Dominique Othenin-Girard e con Don Shanks (nella foto) nei panni dell'omicida, e nel corso dei primi minuti del satanico Halloween 6: La maledizione di Michael Myers, curato nel 1995 da Joe Chapelle e con George P. Wilbur nuovamente impegnato a fare il mostro.
Per concludere con Halloween-20 anni dopo di Steve Miner e Halloween-La resurrezione del già citato Rosenthal, i quali, rispettivamente datati 1998 e 2002, hanno segnato il ritorno di Jamie Lee Curtis nella serie, impegnata a fronteggiare prima Chris Durand, poi Brad Looree. Prima che il caro vecchio Myers venisse purtroppo "umanizzato" da Rob Zombie, il quale lo ha fatto incarnare dal gigantesco Tyler Mane in Halloween: The beginning, del 2007, e nel suo mediocre sequel Halloween 2, di due anni dopo.

Tall man

Lento, inesorabile, seguito da folletti incappucciati e armato di letali sfere luminescenti che volteggiano nell'aria per poi conficcarsi nella testa delle vittime prescelte, Tall man - conosciuto dalle nostre parti anche come "becchino" o "Uomo alto" - ha il volto di Angus Scrimm e sfrutta le anime dei morti per coinvolgerle in un malvagio piano di conquista del mondo.
Il suo creatore è Don Coscarelli, che lo ha portato per la prima volta sullo schermo, nel 1979, tramite il suo low budget Phantasm, circolato in Italia come Fantasmi e nel quale venne fronteggiato da un giovane e dal suo amico Reggie, interpretato dal Reggie Bannister poi tornato anche nei sequel. Sequel diretti tutti dallo stesso Coscarelli, a partire dal movimentato Phantasm 2 che, datato 1988 e caratterizzato da un ampio sfoggio tipicamente anni Ottanta di sensazionali effetti speciali di trucco, vide coinvolta insieme ai due protagonisti anche una ragazza. Mentre Phantasm 3: Lord of the dead, nel 1994, fornì un'ambientazione quasi apocalittica tirando in ballo un ragazzino pericolosamente armato e occasionali zombi, presenti in minima parte anche quattro anni dopo in Phantasm 4: Oblivion, volto finalmente a far luce sulla natura del villain.

Jason Voorhees

Con le fattezze di Ari Lehman, annegato da bambino nel lago del Camp Crystal Lake mentre i giovani sorveglianti erano distratti e inutilmente vendicato dalla madre Pamela alias Betsy Palmer in Venerdì 13, diretto nel 1980 da Sean S. Cunningham, Jason Voorhees è risorto dalle acque per entrare in scena, con il mostruoso volto nascosto sotto un sacco di juta alla The elephant man, nell'ottimo sequel L'assassino ti siede accanto, curato l'anno successivo da Steve Miner. Furono Steve Dash (non accreditato) e Warrington Gillette a concedergli anima e corpo in quel secondo film, anticipando il Richard Brooker che, sempre sotto la regia di Miner, entrò in possesso nel violentissimo Week-end di terrore, datato 1982, della mitica maschera da hockey divenuta il marchio di riconoscimento jasoniano. Mentre a Ted White, due anni dopo, spettò perire sotto i colpi del machete del giovane appassionato di horror Tommy Jarvis alias Corey Feldman nel riuscito Venerdì 13-Capitolo finale di Joseph Joe Zito, il quale, nonostante il titolo, venne seguito nel 1985 dal sottovalutato Venerdì 13: Il terrore continua di Danny Steinmann, ambientato in un istituto di cure mentali nei pressi di Crystal Lake e con Richard Wieand nascosto sotto la maschera.
Ma fu in Venerdì 13 parte 6: Jason vive, firmato nel 1986 da Tom McLoughlin, che l'immortale stermina-ragazzi dal nome biblico, incarnato da C.J. Graham e riportato in vita dalla scossa di un fulmine, non solo assunse una volta per tutte i connotati zombeschi accennati nei capitoli precedenti, ma divenne in un certo senso il Frankenstein del moderno cinema horror. Per poi scontrarsi due anni dopo con una ragazza dotata di poteri ESP nell'ottimo Venerdì 13 parte 7: Il sangue scorre di nuovo di John Carl Buechler, nel quale fu Kane Hodder, con tanto di costole in bellavista, a concedergli splendidamente anima e corpo. Come lo fece anche nel 1989 nello stanco Venerdì 13 parte 8: Incubo a Manhattan (nella foto) di Robert Hedden, nel 1993 nell'assurdo Jason va' all'inferno di Adam Marcus, in cui il mostro ottenne la capacità di trasferirsi da un corpo all'altro, e nella fanta-escursione futuristica di JX-Morte violenta, datato 2001 e firmato da Jim Isaac.
E, non avendo ormai la lunga serie più nulla da dire, anche l'angelo sterminatore con la passione dell'arma bianca volta a cancellare dalla faccia della Terra i giovani rei di commettere atti impuri come fumare l'erba o fare sesso ha finito per essere stritolato nella morsa dei remake hollywoodiani d'inizio XXI secolo, interpretato nel 2009 da Derek Mears in Venerdì 13 di Marcus Nispel. Non prima, però, di scontrarsi con l'artigliato Freddy Krueger nel cross-over Freddy vs Jason, diretto nel 2003 da Ronny Yu e che vide l'imponente Ken Kirzinger nei panni del serial killer di Crystal Lake.

Freddy Krueger

Se, come abbiamo detto nel paragrafo precedente, Jason Voorhees può essere considerato il Frankenstein del moderno cinema horror, non possiamo fare a meno di ammettere che Freddy Krueger ne sia il Dracula.
Infatti, come il succhiasangue portato per la prima volta sullo schermo da Bela Lugosi finì per diventare il più popolare dei mostri Universal, il serial killer interpretato da Robert Englund e introdotto da Wes Craven nel 1984 attraverso Nightmare, dal profondo della notte non faticò a trasformarsi nel boogeyman anni Ottanta di maggiore successo.
Armato di guanto terminante con quattro affilatissime lame e capace di uccidere le proprie vittime manifestandosi nei loro sogni, il bidello di Springwood, bruciato vivo dagli abitanti del posto in quanto colpevole dell'uccisione di alcuni bambini, dopo il capolavoro craveniano tornò in azione l'anno successivo nel poco riuscito Nightmare 2: La rivincita di Jack Sholder, intento a tormentare il giovane Jesse alias Mark Patton, nuovo abitante della famigerata casa in Elm Street, in aria di più o meno evidente metafora omosessuale.
La vera svolta, però, arrivò nel 1987 con l'ottimo Nightmare 3: I guerrieri del sogno che, diretto da Chuck Russell e ambientato tra le pareti di un ospedale psichiatrico, non solo riportò in scena Heather Langenkamp e John Saxon, protagonisti del capostipite, ma cominciò a rendere le future vittime kruegeriane capaci di gestire la dimensione onirica, tanto da attribuirsi poteri e qualità che solo i sogni possono conferire (per esempio, uno dei protagonisti si trasforma in una sorta di mago fiabesco).
Discorso proseguito l'anno dopo da Renny Harlin in Nightmare 4: Il non risveglio, che non aggiunse praticamente nulla di nuovo dal punto di vista della storia ma spinse in maniera efficace sulla spettacolarità (tra gli altri, una ragazza finisce trasformata in scarafaggio e successivamente schiacciata), tanto da fare centro al box office e da generare la serie televisiva Freddy's nightmare, con l'uomo degli incubi in realtà limitato al ruolo di presentatore.
Nel 1989 fu poi il turno di Nightmare 5: Il mito di Stephen Hopkins, tentativo riuscito a metà di fondere le cupe atmosfere del primo film con l'ironia e la spettacolarità che, attraverso i vari sequel, erano ormai divenute il marchio di riconoscimento di Krueger, qui preso a tormentare la gravidanza di Alice Johnson alias Lisa Wilcox, già protagonista del tassello precedente.
E, dopo l'eccessivamente ironica conclusione in tre dimensioni (solo per pochi minuti, però) fornita nel 1991 da Nightmare 6: La fine di Rachel Talalay, ma prima del già trattato cross-over Freddy vs Jason, il mostro dalle unghie lunghe tornò nelle mani del suo creatore Wes Craven per Nightmare-Nuovo incubo, che, in salsa metacinematografica, lo vide nel 1994 in grado di manifestarsi nella vita reale dell'attrice Heather Langenkamp, intento a portarle via il figlioletto.
Mentre il nostro Claudio Fragasso, sotto pseudonimo Clyde Anderson, ebbe ancor prima modo di sfruttare un assassino dalle fattezze kruegeriane nel pessimo Night killer, fugacemente passato nelle nostre sale cinematografiche nell'estate del 1991 con il truffaldino titolo Non aprite quella porta 3.

Sammi Curr

Interpretato dal compianto Tony Fields, scomparso nel 1995 a soli trentasette anni, Sammi Curr non rientra certo tra i boogeyman più famosi della storia dell'horror, ma merita comunque la citazione perché protagonista nel 1986 di quel Morte a 33 giri che, oltre a segnare l'esordio dietro la macchina da presa per l'attore Charles Martin Smith (lo ricordate in American graffiti e The untouchables-Gli intoccabili?), ha finito per trasformarsi in un piccolo cult, soprattutto tra i seguaci dell'heavy metal anni Ottanta, con ogni probabilità grazie anche alla bella colonna sonora dei Fastway.
Stiamo parlando infatti di un cantante rock a metà strada tra Alice Cooper e Ozzy Osbourne (che compare nel film nel ruolo di un sacerdote contrario al metal) che, deceduto in un incendio e rievocato da uno sfigato fan accanito suonando al contrario la matrice inedita del suo ultimo disco, regalatagli da un dj con le fattezze del Gene Simmons dei Kiss, ottiene la capacità di trasferirsi tramite l'energia elettrica, intento a carbonizzare tutti i presenti al concerto scolastico di Halloween tramite le pericolose scosse lanciate dalla sua chitarra.
Sarebbe stato curioso vedere questo spettro con il volto sfigurato alla Krueger in azione in qualche sequel, anche perché l'idea del boogeyman in grado di spostarsi per mezzo dell'alta tensione anticipò di qualche anno quella poi alla base del craveniano Sotto shock.Magari a qualcuno, prima o poi, verrà in mente di farne un remake.

Il patrigno

Jerry Blake, Harry Morrison, Bill Hopkins, Gene Clifford e Keith Grant sono i tanti diversi modi per chiamare un'unica persona: il killer delle famiglie.
Magnificamente interpretato per la prima volta nel 1987 da Terry"Lost"O'Quinn (nella foto) nello splendido The stepfather-Il patrigno, diretto da Joseph Ruben e sceneggiato dal grande giallista Donald E. Westlake, è specializzato nell'accoppiarsi con vedove o divorziate insieme alle quali tenta di tirare su la famiglia perfetta, che puntualmente provvede a distruggere quando non si rivela tale.
Con il suo stratagemma del continuo cambio d'identità per non farsi scovare dalla polizia, riuscì a sopravvivere alle coltellate inflittegli dalla figliastra Jill Schoelen alla fine del primo film, per poi fuggire dall'ospedale psichiatrico nel riuscito sequel Il patrigno 2, firmato nel 1989 da Jeff Burr e nel quale, spacciandosi per strizzacervelli, entrò nella vita della separata Meg Foster e del figlio Jonathan Brandis, sbarazzandosi prima del padre di quest'ultimo, poi di una delle migliori amiche della prima.
E, complice una plastica facciale che gli cambiò i connotati trasformandolo da Terry O'Quinn a Robert Wightman, tornò in azione tre anni dopo nel violento tv-movie Stepfather 3 (trasmesso dalle nostre parti con il titolo In casa con il nemico) di Guy Magar, in cui il figliastro paraplegico David Tom pose una volta per tutte fine alle sue sanguinarie gesta.
Anche se nel 2009 Nelson McCormick lo ha riportato sullo schermo ne Il segreto di David, remake del film di Ruben, con Dylan Walsh nei panni dello psicopatico massacra-famiglie.

Pinhead

Capo calvo e ricoperto di chiodi, nasconde le fattezze dell'attore Doug Bradley e, un tempo esploratore e veterano della Prima Guerra Mondiale, è il leader dei Supplizianti, o Cenobiti, esseri appartenenti a una dimensione parallela e particolarmente amanti della tortura, che vengono richiamati tramite una misteriosa scatola cubica le cui diverse combinazioni dovrebbero permettere all'essere umano di provare gli infiniti piaceri dell'inferno e del paradiso.
Venne introdotto nel 1987 dallo scrittore inglese Clive Barker nel suo primo lungometraggio da regista: Hellraiser, capolavoro horror principalmente incentrato sui legami tra il sesso e la morte e nel quale fu intento a riprendersi l'anima di Frank Cotton, smembrato tempo addietro ma tornato a rigenerarsi tra i vivi.
Tornò poi nel 1988 tra le pareti della clinica psichiatrica del fiacco Hellbound-Hellraiser 2: Prigionieri dell'inferno di Tony Randel, all'inseguimento di Kirsty Cotton alias Ashley Laurence, protagonista del primo film, e quattro anni dopo nello spettacolare Hellraiser 3-Inferno sulla Terra di Anthony Hickox, con i Cenobiti a spasso per la città al fine di decimare la popolazione locale.
In seguito all'escursione tra passato, presente e futuro datata 1996 dell'ultra-splatter Hellraiser-La stirpe maledetta, firmato dall'effettista Kevin Yagher e da un non accreditato Joe Chapelle ricorrendo allo pseudonimo unico Alan Smithee, fu la volta del riuscito Hellraiser 5: Inferno di Scott Derrickson che, con Craig Shaffer nei panni di un poliziotto decisamente marcio, segnò nel 2000 l'ingresso della saga nell'universo delle produzioni straight to video.
Furono infatti titoli destinati direttamente al mercato dei dvd anche i tre successivi tasselli diretti da Rick Bota: Hellraiser: Hellseeker, del 2002, con l'inaspettato ritorno di Ashley Laurence nei panni di Kirsty Cotton, Hellraiser: Deader e Hellraiser 8, entrambi del 2005. Il primo venne incentrato su una setta di resuscitati post-suicidio alle prese con Pinhead, mentre il secondo, con Lance"Aliens scontro finale"Henriksen nel cast, tirò in ballo un gruppo di ragazzi appassionati di un gioco online ispirato a Hellraiser.

Matt Cordell

Ucciso in prigione dopo essere stato sfigurato a rasoiate sotto la doccia da alcuni detenuti, il corpulento poliziotto Matt Cordell, incastrato da giudici corrotti di cui aveva scoperto le attività illecite, ha l'anima e il corpo di Robert Z'Dar.
Creato dalla mente di Larry Cohen, lo abbiamo visto per la prima volta seminare il terrore per le strade di New York, tornato dall'oltretomba, in Maniac cop, diretto nel 1987 da William Lustig (ma nei nostri cinema arrivò solo nell'estate del 1992 con il titolo Poliziotto sadico) e con il Bruce Campbell de La casa nei panni dell'eroe.
Sorta di Jason Voorhees in uniforme, se la vide invece con il Robert Davi de I Goonies, tre anni dopo, nell'ottimo Maniac cop 2 (nella foto, circolato in Italia semplicemente come Maniac cop, addirittura un anno prima che venisse distribuito il capostipite), affiancato da uno strangolatore di spogliarelliste interpretato da Leo Rossi e impegnato a compiere anche una strage proto-Terminator presso una stazione di polizia.
Pellicola diretta ancora una volta da Lustig, il quale pare invece che, dopo poche settimane di riprese, lasciò nel 1991 il set di Maniac cop 3-Il distintivo del silenzio, terminato dal produttore Joel Soisson e fiaccamente ambientato nei corridoi di un ospedale, con Cordell riportato in vita da un sacerdote Voodoo e intento a riscattare l'onore di una agente in coma.
E, come ogni boogeyman di successo che si rispetti, anche il poliziotto zombi di Cohen e Lustig ha finito per generare imitazioni: il grottesco protagonista di Zombie cop, firmato nel 1991 dallo specialista in produzioni video J.R. Bookwalter, e l'agente satanista Joe Vickers alias Bobby Ray Shafer, impegnato a massacrare prima un gruppo di giovinastri in vacanza in Psycho cop di Wallace Potts, del 1987, poi un gruppetto d'impiegati in vena di festa di addio al celibato in Psycho cop 2, diretto sei anni dopo da Rif Coogan (pseudonimo di Adam Rifkin).

Pumpkinhead

Letteralmente "testa di zucca", il vendicativo demone chiamato Pumpkinhead venne introdotto nel 1988 dal compianto effettista Stan Winston, al suo esordio registico, nell'omonimo lungometraggio altresì noto come Vengeance: The demon, nato da un poema di Ed Justin e mai distribuito in Italia.
Evocato da una sorta di strega per soddisfare il desiderio di vendetta di un addolorato Lance Henriksen, rabbioso nei confronti di un gruppo di giovinastri rei di avergli travolto e ucciso il figlioletto durante una gara motociclistica, tornò sei anni dopo, ai danni di alcuni studenti, in Pumpkinhead 2: Blood wings di Jeff Burr, anch'esso inedito dalle nostre parti.
Hanno invece avuto una distribuzione tricolore - almeno nel mercato dell'home video - il terzo e il quarto capitolo della serie, rispettivamente realizzati nel 2006 e nel 2007 per il circuito televisivo: Ceneri alle ceneri di Jake West, con il mostro scagliato contro un medico interpretato dal Doug Bradley di Hellraiser e colpevole di procurarsi organi per i suoi studi dai corpi di poveri innocenti uccisi di persona, e Faida di sangue di Michael Hurst, incentrato sulla violenta lotta tra le due diverse famiglie di altrettanti giovani innamorati.

Chucky

In origine fu lo strangolatore Charles Lee Ray alias Brad Dourif, il quale, ferito a morte in un negozio di giocattoli all'inizio di Bambola assassina, diretto nel 1988 dal grande Tom Holland, tramite un rito Voodoo trasferì la sua anima in quella di un bambolotto della serie "Tipo Bello".
Bambolotto che, piuttosto pericoloso, abbiamo imparato a conoscere come Chucky, intento a reincarnarsi nel piccolo Andy Barclay cui diede la caccia anche nel riuscito La bambola assassina 2, diretto due anni dopo da John Lafia, e nel guardabile La bambola assassina 3 di Jack Bender, del 1991, con il ragazzino cresciuto e frequentante l'accademia militare.
Il miglior sequel, però, venne realizzato nel 1998 dall'hongkonghese Ronny Yu con il quarto La sposa di Chucky-Il ritorno della bambola assassina, nel quale Jennifer Tilly interpretò Tiffany, ex fidanzata di Charles Lee Ray che, riportato in vita Chucky, definitivamente ucciso al termine del capitolo precedente, finì poi per ritrovarsi a fargli da compagna di massacri trasferita in una bambola dalle fattezze femminili.
E, mentre si parla da tempo di un remake del capolavoro di Holland, la coppia di mini-killer ha già avuto modo di tornare in azione nel 2004, con tanto di prole, ne Il figlio di Chucky, firmato proprio dal Don Mancini che creò il personaggio ma talmente ironico da assumere le poco digeribili fattezze di una parodia.

Horace Pinker

Protagonista di Sotto shock, diretto nel 1989 dal papà di Freddy Krueger Wes Craven, Horace Pinker, apparentemente semplice riparatore di televisori, è stato di sicuro uno dei più feroci e prolifici serial killer della storia del cinema.
Calvo, corpulento e con le fattezze di Mitch Pileggi, ha commesso il suo errore più grande nell'uccidere la fidanzata del giovane Jonathan, interpretato dal Peter Berg poi divenuto regista (gli dobbiamo, tra gli altri, Cose molto cattive e Hancock), figlio di un poliziotto riuscito in seguito a farlo condannare alla sedia elettrica; ma solo permettendogli di acquisire la capacità di trasformarsi in energia e di cominciare a trasferirsi da un corpo all'altro, oltre che di video in video.
Idea sicuramente avvincente al fine di creare un innovativo boogeyman immerso nel moderno (allora) concetto di tecnologia e in salsa di critica rivolta ai media (una delle sequenze finali della pellicola vide protagonista e cattivone entrare nella tv e attraversare diverse trasmissioni nel corso di un inseguimento), al servizio, però di uno sconclusionato prodotto che, infarcito d'indispensabile d'ironia, non ha permesso a Craven di dare vita a una nuova serie horror e di attuare quindi un altro miracolo cinematografico alla Nightmare (la cui influenza, tra l'altro, è testimoniata da alcuni momenti onirici).

Pennywise

Soprannominato It da Bill, Mike, Ben, Beverly, Eddie, Richie e Stan, sette amici che lo sconfissero da ragazzini in una cittadina del New England, il diabolico Pennywise nasconde la sua natura di mostruosa creatura dietro le sembianze di clown assassino.
Introdotto da Stephen King nel 1986 tramite il suo best-seller IT, è stato protagonista - con le fattezze del Tim Curry di The rocky horror picture show - di una trasposizione televisiva in due parti diretta quattro anni dopo da Tommy Lee Wallace, la quale fece storcere il naso a molti, kinghiani incalliti e non, in quanto priva di alcuni passaggi presenti nell'opera letteraria.
Eppure, pur soffrendo dell' evidente differenza che corre tra l'ottima prima parte proto-I Goonies e la poco esaltante seconda, con i protagonisti riunitisi da adulti per affrontare di nuovo Pennywise, l'operazione va tranquillamente ad inserirsi nell'elenco dei riusciti titoli del "cinema della memoria" tratti dagli scritti del maestro del Maine (si pensi a Stand by me-Ricordo di un'estate, con il quale IT sembra avere più di un punto in comune).
Per tentare di condurre il gruppetto di amici alla morte, Pennywise li avvicina sfruttandone difetti, memorie e tormenti interiori che ognuno di loro ha nel passaggio che li porta lentamente dalla fanciullezza all' adolescenza. Per esempio, si manifesta a Ben attraverso il ricordo del padre morto, mentre, per avvicinarsi a Richie, impaurito dal film I was a teenage werewolf, ricorre proprio all'immagine del lupo mannaro.
Quindi, un personaggio volto ad incarnare i tanti mali irrisolti della vita e incorniciato nell'adolescenza dei sette protagonisti, i quali, giustamente, gli attribuiscono la responsabilità delle diverse disgrazie che ogni trent'anni (ovvero quando esso si manifesta) colpiscono la loro cittadina.

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