Speciale Berlinale 65: la parola ai premiati

I premiati principali raccontano i loro premi ed i loro festival, chiudendo ufficialmente la 65esima Berlinale

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A cerimonia finita un solo coro sembra riecheggiare all’interno dei corridoi del Berlinale Palast: “festival politico”. Ne hanno parlato perfino durante la cerimonia d’apertura, e la giuria sembra aver confermato questa tendenza assegnando l’Orso d’Oro ad un film che di politica è straripante: Taxi, il lavoro di Jafar Panahi, cinematografia in movimento fatta di microcamere e macchine gialle in giro per Teheran, respira politica fin dalla sua genesi. Il regista iraniano è costretto da anni ad adattare la sua idea di cinema alle catene ideologiche che il suo paese ha chiuso sui suoi polsi e sulla sua mente, costringendolo ad esprimersi per vie traverse, inusuali eppure incredibilmente efficaci - come quelle che si dipingono intorno al suo Taxi. Una scelta giuridica coraggiosa, che ha penalizzato il cileno Pablo Larraìn, grandissimo favorito con il suo The Club che invece ha portato a casa “solo” un Orso d’Argento. Senza sorprese i premi agli attori, entrambi portati a casa da 45 Years nelle persone di CharlotteRampling e Tom Courtenay.

Charlotte Rampling: “finalmente un premio come attrice”

I primi ad arrivare sono proprio i due attori, che stringono i loro orsi tra le mani e scherzano con i giornalisti spostandoli in modo che possano baciarsi. Spiritosi, adorabili e scherzosi tra loro, Charlotte Rampling e Tom Courtenay sono nemesi della coppia cinematografica che gli ha guadagnato quei due Orsi: genuinamente affiatati e sempre pronti a regalare alla stampa piccoli siparietti che li fanno sembrare sposati da decenni. « Non credevo di vincere, soprattutto non dopo aver sentito chiamare Tom come miglior attore » racconta la Rampling. « di solito è molto raro che vincano due attori per lo stesso film, credo che questa a Berlino sia una prima volta, o se non lo è allora è sicuramente passato molto tempo dall’ultima ». L’attrice si dice felice di aver vinto un premio: « Non ne ho molti, questo è il secondo che vinco come attrice. Capita quando scegli un percorso, una carriera che non punta a film di grande pubblico ». A Courtenay il compito di ricordare anche il lavoro del regista: « Io e Charlotte oggi abbiamo vinto un orso, ma anche Andrew (Haigh, ndr) ha un orso di riflesso perché questo non sarebbe stato possibile senza di lui, è il suo film. »

Pablo Larraìn: “Panahi non è un violento”

L’incontro con i premiati si conclude con l’Orso d’Argento di Pablo Larraìn, che con il suo The Club ha avuto per quasi tutta la durata del festival i favori della stampa. Acclamato come quasi certo Orso d’Oro, porta a casa un premio minore ma comunque di grande importanza, come lui stesso afferma: « Il premio è importante non solo a livello di prestigio, ma soprattutto a livello pratico: regala una voce al film, punta gli occhi su di lui. Questo per me è importante ». Larraìn ha anche ribadito l’importanza del suo messaggio e di ciò che il film racconta, senza tuttavia alimentare le polemiche riguardanti la posizione della chiesa cattolica. « È vero, la chiesa cattolica nasconde i suoi crimini e protegge i colpevoli, ma il mio premio dimostra che l’arte può avere un peso. Lo dimostra anche l’Orso d’Oro di Jafar Panahi, che nel suo paese è considerato un violento. in realtà la sua unica arma sono le idee, ed i suoi film evidentemente sono potenti ». Le idee di Jafar Panahi sono su pellicola, e la loro potenza è tutta all’interno di un Orso d’Oro che, purtroppo, arriva da solo. Il vincitore è costretto dal suo regime a non lasciare l’Iran, è lontano da Berlino e da quel premio, in sala solo il silenzio ed i click delle macchine fotografiche.